Su questo tema già avevamo pubblicato: Sul prossimo referendum e sullo stato della politica in questo Paese. Ora volentieri offriamo ai lettori questo contributo inviatoci dall’amico Marco Manfredini.
di Marco Manfredini
Inutile tirare in ballo l’emerito costituzionalista di turno, il dottorone in scienze istituzionali, il parascienziato di democrazia applicata o il guru di referendologia progressiva con master in estremismo riformista. Per ogni esperto che dice SI’, c’è almeno un altrettanto sapiente che dice NO.
Per uno Cassese che dice NO, c’è un Onida che dice SI’, e c’è pure uno Zagrebelsky indeciso che si paragona all’asino di Buridano, il quale tra i due mucchi di fieno rimane a bocca asciutta. L’erudizione, come spesso accade, non ci aiuta. Stavolta non ci aiuta nemmeno l’eventuale militanza politica.La vecchia casta (PD) unita alla sedicente nuova casta (M5S) per tagliare la casta di un terzo.
È evidente che la fregatura è dietro l’angolo. Partendo dal fatto che il referendum per il taglio dei parlamentari è stato voluto dal M5S e sostenuto seppur con mal di pancia lancinanti dal PD, l’indicazione di voto verrebbe da sé: un NO a caratteri di scatola. Quand’è che i due suddetti partiti, fosse pure per sbaglio, hanno mai pensato, proposto o peggio ancora attuato qualcosa di utile per la comunità? Un aiuto: mai. Né è ragionevolmente sensato pensare che proprio questa occasione rappresenti l’eccezione confermante la regola. Questa della matematica nocività delle forze unite nel governo pandemico in carica è una di quelle regole che non ammettono eccezione alcuna, tanto è l’impegno profuso dalle parti in causa.
Quindi NO, punto. Non c’è nemmeno da pensarci. Volete tagliarvi per non andare nemmeno in parlamento? Volete che un terzo di voi torni a lavorare? Avete voglia di scherzare. “Torni” poi è una forma di cortesia. Col NO vi condanniamo ad andare in parlamento, anche se a ben vedere è una condanna reciproca.
Però un attimo, vedo che l’Espresso pubblica una lista di sostenitori del NO, tra i quali figurano diversi nomi di indubbio spicco: Chiara Saraceno, Cecilia Strada, Sabina Guzzanti, Don Ciotti, Furio Colombo, Marco Cappato, Michela Murgia, Gianni Vattimo, Corrado Augias, Roberto Vecchioni, Carlo Cottarelli, Oliviero Toscani, Michela Marzano, Mattia Santori, sì, quello del pesce in scatola. A questo punto iniziano nelle viscere dolori simili a quelli sopracitati, quelli che pervadono il PD ogni volta che occorre prendere una decisione. Come si fa a votare sapendo di essere in compagnia di costoro? Come si fa a votare insieme alle Sardine, che sono addirittura scese in piazza per manifestare il loro convinto NO?
Ci fosse anche solo una vaga speranza di mandare a casa il governo opponendosi al taglio si potrebbe stringere i denti, turarsi il naso, tapparsi le orecchie e occludersi gli occhi tirando su un poco la mascherina, per recarsi alle urne insieme a Toscani e compagnia. Cerco di non pensarci, di non farmi condizionare. La Lega è per il SI’, forse, ma anche NO, un po’ in ordine sparso. Per un Salvini positivo ci sono un Borghi, un Giorgetti e un Fontana negativi. Fratelli d’Italia idem, ufficialmente per il SI’, ma con libertà di coscienza, perché si sa che molti voteranno NO. Gli schieramenti stavolta sono quantomai trasversali. Resisto, voto NO.
Come De Magistris e anche la Boldrini? Impossibile. Come +Europa e Azione di Calenda? Non ce la farò mai. Come PRC e Sinistra Italiana? Suvvia. Come Rosy Bindi e Ivan Scalfarotto? Aiuto. Come Prodi? Questo è troppo, sfido chiunque dotato di due neuroni a votare come dice Prodi e sentirsi tranquillo.
Ma allora chi lo vuole questo taglio? Solo Di Maio e Zingaretti? Voto SI’, col rischio di far contenti questi due, così come il premier Conte e Vito Crimi? Naaa. Come Bersani e Franceschini? Non credo. Come Sandro Ruotolo e Stefano Ceccanti? Chi?
Allora NO come vorrebbe Alessandro Di Battista? Mah. Così come Walter Veltroni? No, come Veltroni col cavolo. Sempre NO, come Marco Tarquinio? Nemmeno sotto tortura.
Allora SI’ come Travaglio? NO come Cuperlo? Di nuovo SI’ come Beppe Grillo? NO come Brunetta? SI’, NO, SI’ NO…
Ok, sto a casa, e andate tutti a quel paese, anzi, in parlamento.
Peccato che se non vado potrei essere scambiato per un simpatizzante di Renzi, che avendo con l’istituto referendario un rapporto un po’ conflittuale, ha coperto questo suo disagio con una dichiarazione, per la prima volta a memora d’uomo, dal contenuto vagamente sensato: uno spot, un tributo alla demagogia. Che vinca il Sì o il No, per il procedimento legislativo non cambia niente. Se vuoi far le riforme istituzionali sul serio bisogna fare le cose per bene. (1)
Con l’ovvia differenza che noi non vorremmo fare nessuna riforma istituzionale, in particolare se ad occuparsene fosse Renzi stesso, sia chiaro.
Se non si può votare né SI’ né NO, e nemmeno stare a casa, può essere che il criterio di scelta non sia valido. Può essere. Quindi, pur non sapendo né leggere né scrivere, tentiamo uno straccio di ragionamento per quanto minimale sia.
Che i parlamentari siano mille, seicento, o trecento cambia poco. Il taglio dei parlamentari ci garantisce che deputati e senatori di PD e M5S facciano meno danni? No. Il non-taglio dei parlamentari ci garantisce che M5S e PD non votino leggi ingiuste o da manicomio? No.
Non è tanto il numero, quanto la consistenza delle persone che vengono mandate a rappresentarci in parlamento a fare la differenza, e questa è data sostanzialmente da due fattori: il sistema elettorale e la volontà del corpo votante. Una maggioranza formata, poniamo, dai soliti PD e M5S in un parlamento di mille rappresentanti avrà sulla società lo stesso potere distruttivo della stessa maggioranza (in percentuale) all’interno di un parlamento di seicento persone.
Non vogliamo fare un discorso partitico? Bene, più rappresentanti eletti sono più costosi da comprare da parte di lobbies o élites, ma sono anche più difficilmente controllabili dagli elettori; chi può sapere cosa fanno mille persone là dentro? Se, per assurdo, il parlamento fosse composto da trenta deputati e quindici senatori il lavoro dei poteri forti forse sarebbe semplificato, forse. Ma forse no, perché i cittadini quei quarantacinque rappresentanti li conoscerebbero uno ad uno e potrebbero facilmente sapere le responsabilità dell’uno e dell’altro su ciò che viene deciso a palazzo.
Col taglio avremmo solo un deputato ogni 151mila abitanti? Embè, è così orribile? Vorrei piuttosto sapere chi è quel deputato, cosa pensa e cosa legifera, se fa gli interessi del proprio paese o quello dei “mercati”, con chi fa accordi e che Presidente della Repubblica elegge, poi, solo poi vi dirò se è un bene o un male che ce ne sia solo uno. E potrebbe persino succedere che sarebbe stato meglio non ci fosse stato nemmeno quello. Se un parlamento fosse composto da duemila persone che a maggioranza non lavorano contro natura e non ricevono direttive da Soros o Black Rock o la BCE o il FMI andrebbe benissimo. Anche tremila.
Detto ciò, vista l’importanza e il peso democratico dell’assise elettiva rispetto agli indecenti esecutivi che abbiamo visto da un decennio a questa parte, probabilmente stiamo discutendo del nulla.
(1) https://www.corriere.it/elezioni/referendum-2020/notizie/referendum-taglio-parlamentari-quali-partiti-sono-il-si-quali-il-no-5662e20a-f81b-11ea-b07a-89de8d9d3d69.shtml