di Lorenzo Roselli

Avevamo trattato della drammatica vicenda di Rose Kalemba in un articolo di appena tre mesi fa e mai avremmo pensato di dover tornare così presto a parlare di quel tremendo (e purtroppo poco ripreso dai media italiani) fatto di cronaca.
Ne riassumiamo rapidamente i punti salienti: Stati Uniti d’America, 2009, l’allora quattordicenne Rose Kalemba viene rapita nei pressi della sua casa in Ohio, stuprata e seviziata, scopre nel 2010 che i suoi aguzzini hanno caricato anonimamente il video della sua violenza nella categoria amatoriali del noto sito pornografico PornHub.
Al rifiuto del sito di cancellare il video dopo ripetute mail della vittima, inizia diatriba legale tra la famiglia Kalemba e il sito internet che si conclude soltanto nella primavera del 2010 grazie alle perizie fornite dal legale di Rose.
Il video, che presentava urli, strepiti, percosse e richieste di pietà da parte della giovane vittima, aveva nel frattempo ottenuto milioni di visualizzazioni e di tanto in tanto viene ricaricato su siti più piccoli (a causa della lunga esposizione avuta su PornHub che ne ha favorito una diffusione capillare).
Il caso Kalemba ha portato molti attivisti nella lotta alla prostituzione e al traffico di esseri umani, ad accusare PornHub e i principali siti del settore di avere innumerevoli video amatoriali anonimi riconducibili ad atti di violenza reali che rimangono in bella vista sui portali pornografici perché tecnicamente indistinguibili dai generi di cinema hard più violenti e di cui abbiamo già ampiamente trattato in questo scritto.
Probabilmente è per questa ragione che Valentina Nappi, tra le più note pornografe del Belpaese (sopratutto attraverso comparsate in talk show, siparietti televisivi e grotteschi ludi cartacei) di cui fino ad ora mai avevamo trattato nelle nostre pagine virtuali, ha pensato bene di intervenire a difesa di PornHub e, per converso, della laida industria di cui fa parte integrante.

Dopo aver dichiarato che lo stupro è preferibile al femminismo old style che si permette di criticare il meretricio e varie ed eventuali che riportano inevitabilmente a certe sequenze di Addio zio Tom (in un parossistico tentativo di denunciare la discriminazione etnica attraverso stereotipi razziali), pochi giorni fa la Nappi ha usato nuovamente il suo prezioso profilo Twitter per affermare che il caso Kalemba sia un’invenzione del movimento anti-pornografia.
Inoltre, ha sostenuto che la stessa Rose non esista affatto, adducendo a prova della sua insinuazione alcuni tratti facciali anomali che dimostrerebbero come Rose Kalemba sia in realtà un fake “evidentemente creato al computer”.
Vedere per credere:

“Chi ha così tanto spazio tra occhi e sopracciglia? Questo è un profilo finto per la campagna traffickinghub(termine giornalistico con cui è nota la polemica contro i video di stupri contenuti su PornHub, ndr)

Come se non bastasse, la Nappi ha rincarato la dose (sostanzialmente ignorando le risposte fin troppo ragionevoli di Rose, che le fa notare di essere mulatta di origini native americane e quindi con caratteri molto peculiari) attaccando i media di estrema destra e cattolici che in Italia spargerebbero odio contro di lei (in un inglese, ci perdonerete la nota di colore semantica, abbastanza incerto):

“In Italia la destra estrema, le femministe e i cattolici mi odiano per gli stessi motivi. Io parlo, faccio domande, dico la verità. Puoi assillarmi quanto vuoi con questi account fake ma non puoi cancellarmi. Siete dalla parte sbagliata della storia. Tu hai avuto l’ardire di creare finte storie di vittime per spargere odio contro il porno. Assolutamente disgustoso.”

Un narcisistico delirio come buona parte delle esternazioni del personaggio in questione, direte (a ragione) tutti voi.
Eppure non finisce qui, perché svariate colleghe della Nappi sono intervenute per esprimerle solidarietà (sic!) in questa (fino ad ora) solitaria battaglia contro la realtà.
Come Lacy Lennon, modella per adulti (il nome con cui si qualificano le pornografe) statunitense di prima fascia che ha scritto «è assurdo vederti farti in quattro tutti i giorni per far capire alle persone la verità. Sono con te Valentina

Non ci è dato sapere che tipo di solidarietà dovrebbe ricevere una persona che sta deliberatamente oltraggiando e bullizzando online (forte della sua deprecabile presa mediatica e le sue decina di migliaia di follower) una ragazza stuprata con dietrologie imbarazzanti, né se Rose e la sua famiglia adiranno a vie legali per porre fine a questa diffamazione.
Tuttavia, troviamo interessante ravvisare come l’industria pornografica statunitense e i suoi volti più noti si compattino per stigmatizzare tutti coloro che denunciano i crimini che in questa vengono commessi, ripetendo il copione già visto nel 2018 in seguito alle dichiarazioni di Amanda Woods ( in “arte” Leigh Raven) e Riley Cruise (conosciuta come Riley Nixon) di essere state violentate sul set dal collega Kvaun Lee Sanchulo (noto come Rico Strong).

Sarebbe ora che anche in Italia si guardasse con maggior attenzione alle miserie dell’industria pornografica (molto florida anche in Europa, sopratutto in paesi insospettabili come l’Ungheria di Viktor Orban) ricorrendo a provvedimenti ben più sostanziali del pur meritevole emendamento Pillon.
Anche perché non abbiamo certamente bisogno di altri italiani che collezionino pessime figure all’estero in tema di omertà davanti a violenze e, in questo caso, veri e propri crimini.