Santa Madre Chiesa, nella Domenica XV post Pentecosten, fa leggere il Vangelo della resurrezione del figlio della vedova di Naim (San Luca VII, 11-16). Nel Breviario poi, specificatamente nelle letture del Mattutino, ce ne dà una lettura spirituale attraverso un alcuni passi di un discorso di sant’Agostino (Disc. 98). Li offriamo alla meditazione dei Lettori.
Della risurrezione di quel giovanetto si rallegrò la madre vedova; della risurrezione spirituale d’ogni giorno di tante persone si rallegra la madre Chiesa. Quello era morto fisicamente, quelle invece erano morte spiritualmente. La morte visibile del giovanetto era pianta in modo visibile; quanto alla morte di quelle persone invece né ci si pensava, né si vedeva. Ci pensava però Colui che conosceva i morti; conosceva i morti solo Colui che poteva dar loro la vita. Se infatti il Signore non fosse venuto per risuscitare i morti, l’Apostolo non direbbe: Svégliati, tu che dormi; sorgi dai morti e t’illuminerà Cristo. Senti la parola “dormiente” quando dice: Svégliati, tu che dormi, ma intendila nel senso di “morto ” quando senti: e sorgi dai morti. Si chiamano spesso “dormienti” anche quelli morti visibilmente. Orbene, tutti senza eccezione dormono per Colui che può svegliarli. Per te invece è morto uno che, per quanto lo scuoti, per quanto lo pizzichi, per quanto lo strazi, non si sveglia. Per Cristo invece dormiva quel giovinetto al quale disse: Alzati! e quello immediatamente si alzò. Nessuno sveglia un altro nel letto tanto facilmente quanto Cristo sveglia i morti nel sepolcro.
Troviamo che dal Signore furono risuscitati tre morti in modo visibile, ma un gran numero in modo invisibile. Ma chi può sapere quanti morti risuscitò in modo visibile? Poiché non tutte le opere compiute dal Signore sono state scritte. Lo dice Giovanni: Gesù fece molte altre opere; se fossero scritte tutte, penso che tutto il mondo non potrebbe contenere i libri in cui registrarle. Molti altri dunque sono stati senza dubbio risuscitati, ma solo tre sono stati non senza motivo ricordati. Gesù Cristo nostro Signore ciò che faceva in modo sensibile voleva che fosse inteso anche in senso spirituale. Se faceva i miracoli, non era solo in vista dei miracoli, ma allo scopo che ciò ch’era meraviglioso per chi vedeva fosse vero anche per chi lo comprendeva. Allo stesso modo uno che vede delle lettere in un libro scritto in modo perfetto, ma non sa leggere, loda, sì, la mano del copista, meravigliandosi di fronte alla bellezza delle lettere, ma non sa che cosa significano o indicano quelle lettere; così è uno che loda con gli occhi, ma non comprende con la mente; un altro invece loda l’abilità artistica e capisce anche il significato; questo è colui che naturalmente non solo può vedere ciò che possono vedere tutti ma sa anche leggere, cosa che non è in grado di fare chi non ha imparato a leggere. Allo stesso modo coloro che videro i miracoli di Cristo ma non capirono che cosa significavano e che cosa in certo qual modo insegnavano a quanti li capivano, si meravigliarono solo ch’erano stati compiuti; altri al contrario non solo rimasero meravigliati ch’erano stati fatti ma arrivarono anche a capirne il significato. Simili a costoro dobbiamo essere noi alla scuola di Cristo.
[…] Vediamo dunque che cosa voleva che noi imparassimo a proposito dei tre morti risuscitati da lui. Risuscitò la figlia morta del capo-sinagoga, il quale aveva chiesto al Signore di recarsi dalla ragazza inferma per liberarla dalla malattia. Mentre si avviava fu annunciato che la ragazza era morta, e sembrando loro che ormai si tormentasse invano, i servi annunciarono al padre: La ragazza è morta; perché stai ancora a disturbare il Maestro?. Il Signore però si avviò e disse al padre della ragazza: Non temere; soltanto continua ad aver fede. Arrivò alla casa e trovò ch’erano state già preparate le esequie dovute per il funerale e disse alla gente: Non piangete, poiché la ragazza non è morta, ma dorme. Disse la verità: dormiva, ma per Colui dal quale poteva essere svegliata. Svegliandola la rese ai genitori. Svegliò anche questo giovanetto, figlio d’una vedova, che ora viene richiamato alla nostra mente affinché a proposito di lui parlassimo con la Carità vostra di ciò ch’egli si degnerà di concederci. Avete sentito poco fa come fu svegliato. Il Signore era vicino a un villaggio, quando fuori della porta di esso veniva portato alla sepoltura il morto. Mosso a compassione dal pianto della madre, vedova e rimasta priva dell’unico figlio, fece quanto avete udito, dicendo: Ragazzo, te lo dico io: alzati. Il morto si alzò e cominciò a parlare e Gesù lo restituì alla madre. Svegliò anche Lazzaro dal sepolcro. Poiché i discepoli, con cui parlava, sapevano ch’era malato (il Maestro poi gli voleva bene) anche allora disse: L’amico nostro Lazzaro dorme. Essi, pensando che quel sonno del malato fosse salutare, gli dissero: Signore, se dorme, guarirà. Ma il Signore, parlando ormai più chiaramente: Vi dico che il nostro amico Lazzaro – disse – è morto. Tutte e due le affermazioni erano vere: “È morto per voi, per me invece dorme”.
Queste tre specie di morti rappresentano tre specie di peccatori che ancora oggi sono risuscitati da Cristo. La figliola morta del caposinagoga stava dentro in casa, ancora non era stata portata fuori dalle pareti segrete al pubblico sepolcro. Fu risuscitata lì dentro e restituita viva ai genitori. Questo giovinetto invece non era più dentro la sua casa – è vero – ma tuttavia non era ancora nel sepolcro, era stato portato fuori dalle pareti domestiche verso il sepolcro, ma non era stato ancora sepolto. Colui che risuscitò la morta ancora non portata al sepolcro, risuscitò il morto già portato verso il sepolcro ma non ancora sepolto. Restava il terzo caso, che risuscitasse cioè uno già sepolto e ciò lo fece a proposito di Lazzaro. Ci sono, dunque, coloro che hanno il peccato dentro al loro cuore ma non ancora nell’azione. Un tale è agitato da qualche passione morbosa. Il Signore in persona afferma: Chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio nel proprio cuore. Non le si è ancora avvicinato col corpo, ma ha acconsentito nel cuore; ha il morto al di dentro, ancora non lo ha portato al sepolcro. E come suole accadere, come sappiamo e come le persone lo sperimentano ogni giorno in se stesse, talora, dopo aver sentito la parola di Dio, come se il Signore dicesse: “Alzati!”, si condanna il consenso dato al male, si aspira di nuovo alla salvezza e alla santità. Il morto risorge nella sua casa, il cuore torna alla vita nel segreto del suo pensiero. Questa risurrezione dell’anima morta è avvenuta internamente tra le latebre della coscienza, come tra le pareti domestiche. Altri invece, dopo aver acconsentito al desiderio, arrivano fino all’azione, come se portassero il morto alla sepoltura; in tal modo quanto era nascosto nel segreto appare in pubblico. Costoro che sono arrivati all’atto concreto, sono forse ormai senza speranza? Non fu detto forse a quel giovinetto: Te lo dico io: alzati? Non fu restituito forse anch’egli a sua madre? Così dunque anche uno che già ha compiuto l’atto peccaminoso, se per caso viene ammonito e si sente spinto dalla parola della verità, alla voce di Cristo risorge e viene restituito vivo. Ha potuto spingersi fino all’atto, ma non ha potuto arrivare alla rovina eterna. Coloro invece che, facendo ciò ch’è male, cadono anche nell’abitudine cattiva in modo che la stessa assuefazione al male non permette loro di vedere ch’è male, diventano difensori delle loro male azioni e si arrabbiano quando sono ripresi; fino al punto che i sodomiti dissero a una persona retta che biasimava la loro pessima brama: Tu sei venuto qua per abitarci, non per dettar leggi. In quella città era diventata così abituale una sì nefanda turpitudine, che ormai la disonestà era onestà e veniva biasimato chi la biasimava anziché quello che la praticava. Individui siffatti, oppressi dalla cattiva abitudine, rassomigliano a dei sepolti. Che dire, dunque, fratelli? Sepolti in modo che, come fu detto a proposito di Lazzaro: già puzza. Il pesante masso posto sul sepolcro rappresenta la penosa potenza dell’abitudine poiché opprime l’anima e non le permette né d’alzarsi né di respirare.
Ma di Lazzaro è detto: È morto da quattro giorni. In realtà a quest’abitudine, di cui parlo, l’anima arriva nel quarto, diciamo così, stadio. Il primo stadio è – per così dire – il solletico del piacere nel cuore, il secondo è il consenso, il terzo è l’atto compiuto, il quarto è l’abitudine. Ora, ci sono alcuni che respingono assolutamente le cose illecite che si presentano al loro pensiero, in modo da non sentire neppure il piacere iniziale. Ci sono alcuni che ne provano piacere e non vi acconsentono; non è ancora una morte completa, ma in certo qual modo incominciata. Se alla compiacenza si aggiunge il consenso, già si commette una colpa. Dopo il consenso si arriva all’azione; le azioni ripetute si cambiano in abitudine e allora si ha una certa disperazione in modo che si dica: È morto da quattro giorni, ormai puzza. Arrivò dunque il Signore, al quale naturalmente tutto era facile, e fece vedere che la risurrezione presentava in quel caso una certa difficoltà. Ebbe un fremito di commozione e mostrò ch’era necessario rimproverare con voce forte coloro che, per abitudine, son diventati insensibili. Tuttavia quando il Signore fece sentire il suo alto grido, si ruppero i legami di quella abitudine tirannica. Si spaventarono le potenze degl’inferi e Lazzaro fu restituito alla vita. Il Signore infatti libera dalle cattive abitudini anche i morti da quattro giorni, giacché lo stesso morto da quattro giorni per il Cristo, che aveva stabilito di risuscitarlo, era solo uno che dormiva. Ma che cosa disse? Considerate in quale maniera fu risuscitato. Uscì fuori dal sepolcro, ma non poteva camminare. Il Signore disse allora ai discepoli: Scioglietelo e lasciatelo andare. Egli risuscitò il morto, essi lo sciolsero dalle bende con cui era fasciato. Dovete capire che un particolare potere è proprio della maestà di Dio che risuscita. È dalla parola della verità ch’è rimproverato uno che si trova in una cattiva abitudine. Quanti sono rimproverati, ma non sentono il rimprovero! Chi è dunque che parla all’interno di colui che sente la parola di Dio? Chi è che infonde la vita nell’interno dell’uomo? Chi è che scaccia la morte nascosta e dà la vita segreta? Dopo le rampogne e dopo i rimproveri gli uomini non sono lasciati forse alle proprie riflessioni e cominciano a rimuginare tra sé quanto è deplorevole la loro vita, da quale orrenda abitudine sono oppressi? In seguito, sentendo dispiacere di se stessi, decidono di cambiar vita. Questi tali, ai quali dispiace quello che sono stati, sono risorti, sono tornati alla vita, ma, pur essendo tornati alla vita, non sono in grado di camminare. Glielo impedisce il legame della stessa colpa. È necessario dunque che chi è tornato in vita sia sciolto da quei legami e così gli sia consentito di camminare. Andò questa incombenza ai suoi discepoli, ai quali disse: Ciò che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in cielo.
Ascoltiamo dunque, carissimi, queste verità in modo che quelli che vivono continuino a vivere e coloro che sono morti tornino a vivere. Se il peccato è ancora solo concepito nel cuore e non è giunto all’atto, l’uomo si penta, venga corretto il pensiero, il morto risorga nella casa della propria coscienza. Se invece uno ha già commesso il peccato concepito nel pensiero, nemmeno in questo caso si deve disperare. Se il morto non è risorto nell’interno della coscienza, risorga quando viene portato al sepolcro. Si penta del peccato commesso, torni a vivere al più presto; non vada a finire nel profondo della tomba; non riceva al di sopra di sé il macigno dell’abitudine. Forse però parlo a uno ch’è già oppresso dalla rigida pietra della propria abitudine, ch’è già oppresso dal peso dell’abitudine, ch’è già morto da quattro giorni e già emana cattivo odore. Ma non deve disperare nemmeno lui; egli è, sì, caduto molto in basso e morto, ma ben alto è il Cristo. Egli con il suo grido è capace di rompere i pesi terreni, è capace di ridare la vita all’anima da se stesso e consegnare il risuscitato ai discepoli perché lo sciolgano. Anche persone di tal genere facciano penitenza. Poiché non è che dopo la risurrezione di Lazzaro, da quattro giorni nel sepolcro, non fosse rimasto in lui tornato alla vita alcun cattivo odore. Coloro dunque che vivono, continuino a vivere; quelli che invece sono morti, in qualunque di queste tre specie di morte si trovino, facciano in modo da risorgere al più presto.
[Fonte : augustinus.it]