
Sintesi della 618° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di coronavirus. preparata nella festa di Santa Teresa del Bambin Gesù vergine (3 ottobre) e postata nella festa di San Francesco d’Assisi . Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).
La zona del Caucaso è attualmente teatro di un nuovo riacutizzato conflitto tra la Repubblica di Armenia e quella dell’Azerbaijan, tutt’altro che imprevisto, se si tiene conto del fatto che la “tregua” del 1994 era stata molto labile e che le tensioni fra i due belligeranti mai si erano sopite.
Non è più ormai una notizia la scarsa sensibilità del nostro mainstream politico-culturale al nuovo conflitto in corso, considerato il fatto che l’emergenza Coronavirus ha ormai catalizzato grandissima parte dell’informazione e che, del resto, neanche al primo conflitto caucasico scoppiato nei primi anni Novanta era stata dedicata granché attenzione.
È un’ amara constatazione, dal momento che la zona del Caucaso è gravida di interessi economici non solo per potenze limitrofe come la Russia e l’Iran ma anche per molti paesi europei, segnatamente nel settore energetico e delle materie prime; è un conflitto che potrebbe internazionalizzarsi, anche in ragione appunto dei concorrenziali interessi economici delle potenze
L’ internazionalizzazione del conflitto è ipotesi tutt’altro che remota e, nel corso della trattazione, evidenzierò i due assi di forze che attualmente si sono delineati a supporto dei due belligeranti (1), tenendo conto che non si tratta di alleanze durature, ma contingenti.
Al netto del fatto che la responsabilità dell’escalation va attribuita certamente a entrambi i contendenti ( il popolo azero è nemico giurato del popolo armeno e viceversa, il disegno è quello della ” pulizia etnica” parziale o totale reciproca, fin dal conflitto precedente), è d’ uopo una riflessione.
Ora che la politica guerrafondaia e aggressiva oltremodo del premier turco Tayyp Erdogan è saldamente schierata a fianco del presidente azero Alyiev, potrebbe il popolo armeno andare incontro a un nuovo genocidio ed olocausto, nella sostanziale indifferenza dell’Occidente?
Non è stato forse a sufficienza martoriato il popolo armeno dalla carneficina perpetrata dal turco Ittihad nel 1916, cui si è aggiunta l’ umiliazione del fatto che il suo olocausto è stato in qualche modo considerato di serie b dalla pubblicistica, almeno fino ai primi anni 80′?
La nazione armena fino allora aveva dovuto lottare per far venire alla luce il genocidio del proprio popolo, che è stato ufficialmente riconosciuto dalla Sottocommissione delle Nazioni unite per i diritti umani solo nel 1985 ; inoltre, soltanto due anni dopo , nel giugno 1987, il Parlamento europeo ha riconosciuto crimine di genocidio i massacri commessi dai Turchi durante la Prima Guerra Mondiale ( minacciando peraltro la Turchia di non consentire la candidatura alla CEE, qualora non avesse fatto ammenda dei propri crimini a danno del popolo armeno).
L’annientamento di almeno un milione di armeni durante la prima guerra mondiale meriterebbe insomma un maggior impatto consapevole sulla coscienza collettiva occidentale (2)
Si è dunque riacutizzato il conflitto del Nagorno Karabach ( ovvero “Karabach montagnoso”) “stato cuscinetto” situato a sud ovest dell’Azerbaijan, come propaggine e prolungamento di quello relativamente breve, ma sanguinario che aveva contrapposto Repubblica armena e neocostituita Repubblica azera dal gennaio 1992 al maggio 1994.
La componente della contrapposizione religiosa non va trascurata (l’ etnia armena è prevalentemente ortodossa, quella azera è musulmana sciita), ma i fattori prevalenti che hanno allora determinato e determinano tuttora le ostilità sono istanze di natura identitaria, secessionista ed etnico-localista.
Allora la regione del Nagorno Karabach non accettò l’ annessione e l’ integrazione alla Repubblica di Azerbaijan per motivi etnici, essendo la popolazione residente a maggioranza armena. Sfruttando una deliberazione del Congresso del popolo dell’URSS del 3 aprile 1990, secondo cui nel caso in cui all’interno di una Repubblica che avesse deciso l’ indipendenza dall’URSS vi fosse una regione che non ne accettava l’ annessione, essa avrebbe avuto diritto all’autonomia.
Era appunto il caso del Nagorno Karabach, prevalentemente costituito da popolazione armena e la controversia presenta una certa analogia rispetto a quella che nel 2014 ha interessato la regione del Donbass, situata ad est dell’Ucraina; il Donbass, abitato prevalentemente da popolazione russofona non accetta la subordinazione a Kiev e rivendica il proprio legame costitutivo con la Russia.
Ricorderete che l’Azerbaijan, non accettando più l’incorporamento all’Unione Sovietica, si era reso indipendente il 30 agosto 1991, costituendosi in Repubblica; ipso facto, il Nagorno Karabach votò la secessione dalla neonata Repubblica azera il 2 settembre 1991.
Sino al 6 gennaio 1992 la proclamazione della Repubblica del Nagorno Karabach rimase ” de iure”, in quella stessa data divenne ufficiale (“de facto”).
Alla fine di quello stesso mese cominciarono i bombardamenti del Nagorno Karabach da parte della Repubblica azera che aveva considerato un affronto l’aspirazione secessionista di questa regione interposta fra i due stati. Il conflitto divampò nella regione caucasica sino al maggio del 1994, allorché la regione del Nagorno Karabach ratificò de facto la proclamazione ufficiale della Repubblica, svincolata dalla giurisdizione del governo di Baku.
Nondimeno, la situazione rimase da allora incandescente, solo apparente la cessazione delle ostilità, costanti le scosse telluriche determinate da un antagonismo mai sopito, anzi recentemente culminato in una recrudescenza dello stato di belligeranza; una nuova fase del conflitto che, a differenza di quella degli anni 90′, è molto più passibile di internazionalizzarsi.
L’ Armenia si richiama segnatamente al principio dell’autodeterminazione dei popoli, ritenendo inaccettabile che il Nagorno Karabach, regione prevalentemente armena dal punto di vista etnico, appartenga all’Azerbaijan.
Invece la Repubblica di Azerbaijan si richiama al principio dell’integrità territoriale, considerando non indifferente la perdita del Nagorno Karabach
Vi è il concreto rischio di un’internazionalizzazione del conflitto del Nagorno Karabach?
Nello scorso mese si sono verificati tre eventi nell’Est Europeo che un’ analisi sbrigativa considererebbe assolutamente svincolati fra loro. Pure, a mio giudizio, non è lecito scartare a priori l’ipotesi che un filo più o meno sotterraneo li coordini nel progetto occidentale di una provocazione ulteriore, se non di un accerchiamento in una ” cintura di fuoco” della Russia. Questi tre eventi, apparentemente indipendenti , sono: il ” caso Navalny”, lo scoppio della “primavera liberal” in Bielorussia e infine il riacutizzato conflitto tra Armenia e Azerbaijan.
Concordo con l’ ottima analisi geopolitica di Gianluca Marletta, secondo cui il sostegno neppure molto latente dell’Ue alle sommosse anti-Lukashenko in Bielorussia e il ” silenzio” del mainstream liberale sulla crescente aggressività di Turchia e Repubblica di Azerbaijan (3) nei confronti dell’Armenia contribuiscano ad accerchiare a Nord e a sud la Russia con l’ obiettivo ultimo di metterla in ginocchio dal punto di vista economico, ostacolandone la fonte prima di reddito, l’ esportazione delle proprie materie prime.
In effetti, la Russia ha un legame privilegiato dal punto di vista geopolitico e strategico con la Bielorussia e dal punto di vista strategico e religioso con la Repubblica di Armenia (ricordiamo infatti che il Patriarcato ortodosso di Mosca estende la sua giurisdizione ben al di là della Russia e con la comunità ortodossa armena ha un rapporto privilegiato). Non mi pare difficile dunque arrivare alla conclusione che la destabilizzazione di Bielorussia e Armenia sia a lungo termine una spina nel fianco della Federazione Russa. Aggiungiamo le accuse, peraltro ancora non comprovate, mosse ad agenti del Cremlino di avvelenamento del leader politico dell’opposizione antiputiniana Alexander Navalny e vi sono tutti gli ingredienti per delegittimare Il presidente Vladimir Putin e per provocare la federazione Russa.
Non è qui luogo di percorrere cronologicamente e nel dettaglio le vicende della nuova fase del conflitto, per ovvie ragioni di sintesi.
Basterà, per rendere conto della crescente politica aggressiva della Turchia, riportare due fresche notizie che risalgono a fine settembre: l’abbattimento da parte dell’aviazione militare turca di un caccia armeno Sukhoi di fabbricazione sovietica e la strage di un bus di civili (4).
Di fronte alle recenti e crescenti provocazioni da parte azera e Turca ( non è qui luogo di approfondire se la politica aggressiva del premier turco Tayyp Erdogan corrisponda effettivamente ad un disegno neo_ottomano) culminate in alcune esercitazioni militari congiunte delle forze turche, georgiane e armene, la Repubblica di Armenia si è appellata al CSTO, trattato di sicurezza collettiva fondato a Mosca nei primi anni Novanta, diretto dalla Federazione Russa e comprendente quali membri anche alcune repubbliche caucasiche ex sovietiche (5).
Di fatto, non solo la Federazione Russa e la Repubblica armena (segnatamente accomunate dal vincolo dell’ortodossia), ma anche alcune repubbliche caucasiche, come Kazakistan e Tagikistan, vedono come una minaccia alla propria incolumità la politica militare aggressiva di Turchia e Azerbaijan.
La nuova fase del conflitto caucasico interessa inevitabilmente una notevole potenza regionale del Medio Oriente, la Repubblica islamica iraniana, sia per la presenza di una cospicua comunità di etnia armena e azera in Iran, sia per gli inevitabili interessi strategici e di natura economica degli ayatollah nei due paesi limitrofi.
La Repubblica islamica iraniana ha mutato sensibilmente strategia rispetto alla prima fase del conflitto degli anni novanta; allora l’ ayatollah Khameney si era apertamente schierato a supporto della Repubblica azera, in cui la maggioranza della popolazione è dal punto di vista confessionale musulmana sciita, auspicando un ” risveglio islamico” nella direzione di un’ “esportazione della rivoluzione khomeinista”( in teoria Repubblica islamica iraniana e Repubblica azera dovrebbero essere accomunate dal legame confessionale, ma di fatto la popolazione azera è in prevalenza laicizzata e non praticante, pur essendo l’ Islam sciita il credo ufficiale).
I rapporti tra l’ Iran e l’ Azerbaijan si sono con il passare del tempo crescente mente deteriorati (6), al punto che, con un’inversione di strategia, la Repubblica islamica iraniana si è vieppiù orientata verso un appoggio militare alla Repubblica armena; è notizia recente il passaggio di una partita di armamenti dall’Iran alla Repubblica armena tramite la mediazione della Federazione Russa
Cari amici della Comunità Antagonista Padana e indirettamente di
Radio Spada, buona lettura!
Note
(1) Consiglio vivamente l’ audizione dell’ottimo servizio tenuto su Sole 24 lo scorso 29 settembre dal dottor Gianluca Marletta, pregevole per l’ apporto preciso di documentazione. All’origine della nuova fase del conflitto del Nagorno Karabach vi è una complessità di fattori in cui il cosiddetto disegno neo- ottomano di Tayyp Erdogan e il motivo di conflitto tra Islam e cristianesimo hanno un ruolo relativo e non esclusivo
(2) Sul genocidio del popolo armeno si potrebbe consultare l’ edizione italiana dell’opera di Vahacn D. Dadrian “Storia del genocidio armeno”, edita per Guerini & Associati. Il martirio del popolo armeno perpetrato nel 1916 dall’Ittihad turco ha le sue radici nella più ampia ottocentesca “Questione d’ Oriente”
(3) L’ alleanza tra Turchia e Azerbaijan è un fatto pressoché naturale, dal momento che gli azeri appartengono all’etnia turcofona
(4) I fatti vengono riportati dal già menzionato servizio tenuto dal dott. Gianluca Marletta su Sole 24
(5) Il CSTO ( Trattato di Sicurezza Collettiva) fu fondato a Mosca il 15 maggio 1992, attualmente il suo segretario generale è Stanislav Zas e l’ alleanza comprende oltre alla Federazione Russa cinque ex repubbliche sovietiche ( Tagikistan, Kirghizistan, Kazakistan, Armenia e Bielorussia), Serbia e Afganistan ricoprono il ruolo di osservatori e l’ Iran vi è stato recentemente invitato
(6) La visita del premier armeno Pashinyan del febbraio 2019 fu duramente criticata dalla popolazione azera residente principalmente nel Nord dell’Iran che a sua volta non guarda benevolmente le relazioni di amicizia che intercorrono tra l’ Azerbaijan e Israele.
Inoltre, per quanto il popolo azero e quello iraniano abbiano profondi legami culturali e religiosi determinati dall’appartenenza all’Islam sciita, il governo azero del premier Alyiev è laico e filooccidentale
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