[©FSSPX Italia – foto di Arbër P. Ndoj da fsspx.it]
Da fsspx.news riprendiamo l’ultima intervista resa da don Davide Pagliarani, superiore generale della Fraternità Sacerdotale. Un testo che spazia dal cinquantesimo anniversario della fondazione dell’opera di monsignor Marcel Lefebvre alla enciclica “Fratelli tutti” e al caso Becciu, passando per la conservazione del Sacerdozio e della Messa cattolica, il Concilio e la sua interpretazione e i rapporti con Roma. Un testo che invitiamo a leggere.
«Gli eventi evidenziano l’eccezionale perspicacia soprannaturale del nostro fondatore.»
CINQUANT’ANNI DELLA FSSPX
Per ravvivare il nostro ideale di fedeltà a ciò che abbiamo ricevuto.
1. DICI: Che cosa rappresenta per la Tradizione il cinquantesimo anniversario della FSSPX?
Prima di tutto, questo giubileo è l’occasione per ringraziare la Provvidenza per tutto ciò che ci ha concesso in questi cinquant’anni, perché se quest’opera non venisse da Dio non avrebbe resistito all’usura del tempo. È a Lui in primo luogo che dobbiamo attribuire tutto questo.
Ma per noi questo giubileo è anche e soprattutto un’opportunità per ravvivare il nostro ideale di fedeltà a quanto abbiamo ricevuto. In effetti, dopo tanti anni, può esserci una comprensibile stanchezza. Si tratta quindi di riaccendere il nostro fervore nella lotta per l’instaurazione del regno di Cristo Re: che regni innanzitutto nelle nostre anime, e poi intorno a noi. È su questo punto particolare che dobbiamo lavorare, sulla scia di Mons. Lefebvre.
2. DICI: Perché, secondo lei, l’eredità di Mons. Lefebvre può essere riassunta in questo desiderio di stabilire il regno di Cristo Re?
La risposta mi sembra molto semplice: è l’amore di Nostro Signore Re che ha reso Mons. Lefebvre un santo prelato e un grande missionario, costantemente determinato ad estendere intorno a sé il regno di Colui che regnava innanzitutto nella sua anima; è questo stesso amore che lo ha portato logicamente a denunciare con forza tutto ciò che si oppone al regno di Cristo. Ora, per estendere questo regno e combattere i suoi nemici, il mezzo per eccellenza è il Santo Sacrificio della Messa. La voce di Mons. Lefebvre tremava di emozione quando pronunciava queste belle parole della liturgia, che riassumono il suo amore sia per la Messa sia per Cristo Re: «Regnavit a ligno Deus» (inno Vexilla Regis), Dio regna dal legno della Croce. In una lettera che ha scritto poco prima di morire a un ex confratello della sua congregazione originaria, Mons. Lefebvre sottolineava che, per tutta la sua vita, non aveva mai lavorato che per il regno di Nostro Signore. Questo riassume tutto ciò che era e tutto ciò che ci ha lasciato in eredità.
3. DICI: Il 24 settembre, su sua richiesta, il corpo di Mons. Lefebvre è stato trasferito nella cripta della chiesa del seminario di Ecône. Nonostante la crisi del Coronavirus, molti sacerdoti, seminaristi, religiosi e fedeli hanno partecipato alla cerimonia. Come ha vissuto quella giornata?
Questo trasferimento è stato richiesto dall’ultimo Capitolo generale, nel 2018, e sono molto contento che si sia concretizzato nel giro di due anni. Anche se spetta alla sola Chiesa canonizzare un giorno Mons. Lefebvre, penso che già meriti tutta la nostra venerazione e un luogo di sepoltura degno di un santo vescovo. In questo anno giubilare, questo gesto vuole essere l’espressione del ringraziamento di tutti i membri della FSSPX verso colui che la Provvidenza ha suscitato come strumento per salvaguardare la Tradizione della Chiesa, la Fede, la Santa Messa, e per lasciarci in eredità tutti questi tesori. Il fatto di rivedere la bara del nostro fondatore dopo trent’anni, e di vedere i nostri sacerdoti portarla sulle spalle come il giorno del suo funerale, è stato particolarmente commovente. Ho visto dei confratelli anziani commossi fino alle lacrime.
LA VITA DELLA FSSPX
La Fraternità San Pio X deve radicarsi più profondamente dove è già presente.
4. DICI: Quando fu fondata la Fraternità Sacerdotale San Pio X, per i media si trattava di un «fenomeno francese», destinato quindi a restare locale. Oggi, la FSSPX è una comunità mondiale. Che cosa implica questo per la sua amministrazione?
Significa che la Casa generalizia deve riuscire a coordinare situazioni molto diverse. La stessa Tradizione è stata riscoperta nei vari paesi attraverso mezzi diversi e secondo sensibilità talvolta anche diverse. Questo spiega perché la FSSPX non si è sviluppata allo stesso modo ovunque e allo stesso tempo. Inutile dire che un’opera di tale portata, quale è quella della FSSPX, con tutte le sue sfaccettature, non è amministrata dal solo Superiore Generale: questi è aiutato nel compito dai Superiori maggiori, che operano nei diversi paesi.
Ma la grande diversità delle situazioni non deve farci sottovalutare il fatto che l’unità della FSSPX si basa su un ideale e dei principi comuni a tutti i membri e a tutti i fedeli indistintamente. Questa unità rappresenta la nostra forza, nonostante le legittime e inevitabili differenze. Inoltre, la FSSPX è un’opera della Chiesa che deve, in un certo modo, riprodurre la capacità della Chiesa di offrire ai fedeli di tutto il mondo gli stessi principi e la stessa fede, nonostante le loro differenze.
5. DICI: Dopo due anni a capo della FSSPX, come ne giudica lo sviluppo?
Da diverso tempo la FSSPX è presente un po’ ovunque nel mondo. Non credo che in questo momento la Provvidenza ci chieda di aprire nuove case e di ampliarci ulteriormente: potrebbe essere una mancanza di prudenza da parte nostra. Piuttosto, penso che la FSSPX debba radicarsi più profondamente laddove è già presente, al fine di avere comunità più forti; soprattutto perché i giovani sacerdoti abbiano il tempo di maturare, di completare la loro formazione, permettendoci di prepararli alle varie responsabilità, in particolare al compito di priore, affinché un giorno siano veri padri per i loro confratelli e per le anime affidate alle loro cure.
6. DICI: Conosce tutti i paesi in cui si è stabilita la FSSPX? Nel contesto attuale, come viene comunicato dalla FSSPX il «tesoro» di cui Lei parlava dopo la sua elezione?
A causa del Covid-19, ci sono dei distretti che non ho ancora potuto visitare e me ne rammarico molto. Questo «tesoro» viene comunicato dai sacerdoti della FSSPX in situazioni che necessariamente differiscono tra loro, ma che consentono sempre l’espressione di un vero zelo da parte dei sacerdoti. A questo proposito, sono stato molto edificato dall’inventiva dei nostri confratelli, che sono riusciti a trovare soluzioni davvero ingegnose per amministrare, per quanto possibile, i sacramenti in una situazione di quarantena. Specialmente nei casi in cui alcuni dei nostri sacerdoti sono rimasti isolati per diversi mesi in luoghi dove la comunicazione con altri sacerdoti era diventata impossibile. Hanno avuto un grande merito e ci tengo a congratularmi con loro.
Allo stesso tempo, sono stato anche toccato dalle reazioni dei nostri fedeli, che avevano un tale desiderio di ricevere i sacramenti da non badare alle difficoltà e hanno fatto notevoli sacrifici per mostrare il loro attaccamento a Nostro Signore. Questa crisi ci ha sicuramente aiutato a uscire dalla routine e ad apprezzare di più tutti i tesori di cui solitamente godiamo.
Inoltre, molti cattolici, che fino ad ora ci osservavano da lontano, sono stati attratti dalle nostre cappelle, perché erano per loro l’unica possibilità di accesso ai sacramenti. Si tratta di un fenomeno abbastanza diffuso e tutte queste anime si mostrano ora molto riconoscenti alla FSSPX.
7. DICI: Quali sono i progetti attuali o futuri?
Per il momento, i progetti sono principalmente di natura morale, e quindi non sono necessariamente progetti di cui si possa percepire la realizzazione esterna. Concretamente si tratta di continuare a lavorare il più possibile per rendere la FSSPX forte, unita, veramente ancorata in Dio, fedele alla grazia che la sostiene e, oserei dire, solida come un esercito schierato in battaglia, capace di difendere, con tutti i mezzi a sua disposizione, i tesori che Dio le ha affidato; capace anche di attaccare ciò che si oppone ad essi; capace, infine, come un esercito degno di questo nome, di occuparsi dei più deboli tra i suoi membri, dei feriti, degli scoraggiati, di coloro che sono particolarmente provati.
8. DICI: Lei è il quarto Superiore Generale della FSSPX dopo Mons. Marcel Lefebvre, don Franz Schmidberger e Mons. Bernard Fellay. Il suo stile di governo è diverso dal loro?
Penso che ogni personalità sia inevitabilmente diversa e quindi porti un’esperienza differente. Inoltre, ogni epoca nella storia della FSSPX è diversa, perché dopo cinquant’anni le circostanze e le persone non sono le stesse.
Detto questo, la FSSPX è sempre stata fedele a ciò che Mons. Lefebvre ha insegnato e lasciato in eredità: salvaguardare questa eredità del fondatore, la fedeltà al suo spirito, è la prima preoccupazione di ogni Superiore Generale, chiunque egli sia e qualunque sia la sua personalità. Allo stesso tempo, la continuità è garantita dal fatto che ogni Superiore generale ha lo stesso obiettivo: la salvaguardia del sacerdozio cattolico e della Tradizione della Chiesa, per il servizio delle anime e della Chiesa stessa. Questa è una realtà che trascende le differenze di stili e che consente al necessario rinnovamento dei superiori di non essere una minaccia alla stabilità dell’opera.
Per quanto mi riguarda, sono agevolato nel mantenere questa continuità poiché ho l’inestimabile privilegio di beneficiare del sostegno dei miei due predecessori, Mons. Fellay e don Schmidberger, essendo stati eletti consiglieri del Superiore generale all’ultimo capitolo. Per me non si tratta di un’elezione puramente formale per adempiere a delle funzioni amministrative, ma della felice possibilità di appoggiarmi su due ex superiori generali, che hanno conosciuto bene il fondatore e la vita della Fraternità per decenni, e che si sono dedicati al meglio nel servirla, meritando oggi la massima stima. Ho avuto in particolare il piacere di beneficiare dei preziosi consigli di Mons. Fellay, che ha continuato a risiedere presso la Casa Generalizia per due anni. Ho potuto ammirare in questa occasione una grande disponibilità ad aiutare, unita ad una notevole discrezione. Questa presenza dei miei due predecessori compensa un po’ quello che sicuramente mi mancherebbe se non li avessi vicino.
9. DICI: Gli statuti della FSSPX danno al Superiore Generale due obiettivi spirituali:
1) fare ogni sforzo per mantenere, nutrire e accrescere «nel cuore dei membri» una «grande generosità, un profondo spirito di fede e un fervente zelo nel servizio della Chiesa e delle anime»;
2) aiutare i membri «a non cadere nella tiepidezza e fare concessioni allo spirito dei tempi».
Come può raggiungere questi obiettivi?
Un Superiore generale deve prima di tutto ricordare a sé stesso che non può raggiungere questi obiettivi senza l’opera della grazia. Sbaglierebbe se pensasse di poter raggiungere questi fini solo attraverso testi, richiami o altre misure puramente esortative.
Quanto a me, sono profondamente convinto che la chiave della nostra fedeltà a questi obiettivi risieda nella virtù di povertà. Infatti, è inevitabile che, con il passare del tempo, i membri della FSSPX corrano il rischio di “adagiarsi” in una certa comodità e che, in questo modo, lo spirito del mondo si infiltri impercettibilmente nelle nostre comunità. Se ciò accadesse, finirebbe per avere ripercussioni sulla generosità dei membri, e quindi sulla fecondità del loro zelo apostolico.
RAPPORTI CON ROMA
Lo stesso Vaticano ha preferito per il momento non riprendere le discussioni dottrinali.
10. DICI: Il IV paragrafo degli statuti prevede: «Non appena la Fraternità avrà case in diverse diocesi, prenderà i provvedimenti necessari per ottenere lo status di istituto di diritto pontificio». Questo ci porta alla seguente domanda: come possiamo esaudire questo desiderio del nostro venerato fondatore nell’attuale crisi della Chiesa?
Gli statuti della FSSPX furono approvati nel 1970 a livello diocesano. Era logico che il nostro fondatore avesse già in mente l’approvazione a un livello superiore, poiché la Fraternità era destinata a espandersi in tutto il mondo.
Ma tutti sanno che, nonostante i suoi sforzi in questa direzione, Mons. Lefebvre, invece di ricevere l’approvazione di diritto pontificio, subì nel 1975 una pura e semplice soppressione della FSSPX. Da quella data, i Superiori della Fraternità, a partire dallo stesso Mons. Lefebvre, hanno a loro volta preso in considerazione diverse soluzioni, ma queste si sono sistematicamente scontrate con pretese dottrinali, da parte della Santa Sede, semplicemente inaccettabili. Queste avrebbero certamente permesso il riconoscimento canonico della FSSPX, ma allo stesso tempo ne avrebbero distrutto il valore morale. Così, per prendere l’esempio più recente, nel 2017 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha preteso dalla FSSPX l’accettazione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II e il riconoscimento della legittimità della nuova Messa: se la FSSPX avesse accettato le condizioni imposte in quel momento, avrebbe semplicemente negato ciò che è, rinnegando ciò a cui è attaccata con tutte le fibre del suo essere.
Mi sembra quindi che, secondo quella che è sempre stata la condotta del nostro fondatore, sia opportuno seguire la Provvidenza e non precederla.
11. DICI: I contatti con il Vaticano continueranno a stagnare?
Non dipende dalla FSSPX, né dal suo Superiore Generale. Lo stesso Vaticano ha preferito per il momento non riprendere le discussioni dottrinali che la FSSPX aveva proposto per esporre meglio la sua posizione, e per mostrare il suo attaccamento alla fede cattolica e alla Sede di Pietro.
Ciò che stupisce è che allo stesso tempo il Vaticano ci chiede di regolarizzare innanzitutto la nostra situazione canonica: questo crea una situazione inestricabile e intrinsecamente contraddittoria, poiché la possibilità di un riconoscimento canonico della FSSPX è essa stessa costantemente soggetta a esigenze di natura dottrinale, le quali, ancora una volta, rimangono assolutamente inaccettabili per noi.
Aggiungo che, qualunque possano essere le opinioni di ciascuno in merito, è importante fare attenzione a non preoccuparsi in modo ossessivo di questi temi estremamente delicati, come a volte è successo. Dobbiamo tenere presente che, come la Provvidenza ci ha guidato e assistito fin dalla nostra fondazione, così, a suo tempo, non mancherà di darci segni sufficienti e proporzionati che ci consentiranno di prendere le decisioni che le circostanze richiederanno. Questi segni saranno tali che la loro evidenza sarà facilmente percettibile dalla Fraternità e la volontà della Provvidenza si manifesterà chiaramente.
LA SITUAZIONE DELLA CHIESA
Ogni sforzo ermeneutico, che tende a interpretare “l’errore” per renderlo una “verità mal compresa”, non può che fallire irreparabilmente.
12. DICI: Durante quest’anno 2020 la crisi legata al Covid-19 ha colpito anche la Chiesa e condizionato le sue attività. Cosa ne pensa?
È interessante notare che con la crisi dovuta al Covid, la gerarchia ecclesiastica ha perso un’occasione d’oro per spingere le anime verso la vera conversione e la penitenza, ciò che è notevolmente più facile quando gli uomini riscoprono, in qualche modo, la propria natura mortale. Inoltre, sarebbe stata l’occasione per ricordare all’umanità, in preda al panico e alla disperazione, che Nostro Signore è «la Risurrezione e la Vita».
La gerarchia ha preferito invece interpretare l’epidemia in chiave ecologica, in perfetta coerenza con i principi cari a Papa Francesco. In pratica, il Covid non sarebbe altro che il segno della ribellione della Terra contro un’umanità che ne avrebbe abusato con lo sfruttamento sproporzionato delle sue risorse, l’inquinamento delle acque, la distruzione delle foreste, ecc. Questo è deplorevole e incompatibile con un’analisi in cui rimanesse un minimo di fede e consapevolezza di cosa sia il peccato, la cui gravità si misura in quanto offesa alla maestà divina, e non in base all’inquinamento della Terra.
Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato (Giubileo della Terra), 1° settembre 2020, il Papa stesso ci insegna a quale conclusione morale deve condurci la pandemia: «L’attuale pandemia ci ha portati in qualche modo a riscoprire stili di vita più semplici e sostenibili. […] È stato possibile constatare come la Terra riesca a recuperare se le permettiamo di riposare: l’aria è diventata più pulita, le acque più trasparenti, le specie animali sono ritornate in molti luoghi dai quali erano scomparse. La pandemia ci ha condotti a un bivio. Dobbiamo sfruttare questo momento decisivo per porre termine ad attività e finalità superflue e distruttive, e coltivare valori, legami e progetti generativi». Insomma, la crisi Covid ci spinge nuovamente alla «conversione ecologica», pietra angolare dell’enciclica Laudato si’. Come se la santità coincidesse con il rispetto del pianeta.
13. DICI: Gli ultimi due anni sono stati marcati dal Sinodo sull’Amazzonia, dalla Dichiarazione di Abu Dhabi, a cui Lei ha risposto con una dichiarazione il 24 febbraio 2019, etc. Come vede la situazione attuale, dopo questi eventi?
Gli ultimi insegnamenti di Papa Francesco sembrano purtroppo confermare definitivamente la direzione sbagliata intrapresa all’inizio del suo pontificato. Il 3 ottobre, infatti, il Papa ha firmato l’enciclica Fratelli tutti, che deve essere il faro della seconda parte del suo pontificato, dopo che Laudato si’ è stato il punto di riferimento per la prima. Questa enciclica è un vero e proprio sviluppo della Dichiarazione di Abu Dhabi, a cui si ispira. Quest’ultima, ricordiamolo, riconosce come espressione della volontà di Dio la diversità delle religioni, tutte chiamate a costruire la pace: ecco l’esito catastrofico dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso, della libertà religiosa e, soprattutto, della negazione della regalità universale di Cristo e dei suoi diritti intangibili.
Si tratta di un lungo testo che tratta tanti argomenti diversi, ma con un’unità di base abbastanza chiara: infatti, questo lungo discorso del Papa si sviluppa in modo ben ordinato e coerente intorno a un’idea fondamentale, cioè l’illusione che ci possa essere una vera fratellanza universale anche senza riferimento, diretto o indiretto, a Cristo e alla sua Chiesa. In altre parole, attorno a una “carità” puramente naturale, una sorta di filantropia vagamente cristiana, alla luce della quale si rilegge il Vangelo. Infatti, leggendo questa enciclica, si ha l’impressione che sia la filantropia a fornirci la chiave per interpretare il Vangelo, e non il Vangelo che ci fornisce la luce per illuminare gli uomini. Questa fratellanza universale è purtroppo un’idea di origine liberale, naturalista e massonica, ed è su questa utopia apostata che è stata costruita la società contemporanea.
14. DICI: Vescovi come Mons. Schneider e Mons. Viganò, hanno sottolineato il rapporto di causa-effetto tra il Concilio Vaticano II e l’attuale crisi. Cosa pensa di queste posizioni? Si dovrebbe «correggere» il Concilio (Mons. Schneider) o «dimenticarlo» (Mons. Viganò)?
Inutile dire che siamo felicissimi di queste reazioni, perché dei vescovi al di fuori della FSSPX, e senza alcun legame diretto con essa, arrivano finalmente, con altri mezzi e per altre vie, a conclusioni simili a quelle della FSSPX, e soprattutto a conclusioni capaci di far riflettere e illuminare tante anime confuse. Questo è molto incoraggiante.
Penso che purtroppo non si potrà “dimenticare” il Concilio sic et simpliciter, perché si tratta di un evento storico di massima rilevanza, così come la caduta dell’Impero Romano o la Prima Guerra mondiale. Piuttosto, dovrà essere seriamente discusso e certamente corretto in tutto ciò che contiene di incompatibile con la Fede e la Tradizione della Chiesa.
La Chiesa stessa risolverà la delicata questione dell’autorità di questo concilio atipico e bizzarro e stabilirà il modo migliore per correggerlo. Ma ciò che è certo è che un errore in quanto tale – e il Concilio ne contiene diversi – non può in alcun modo essere considerato come la voce della Chiesa ed esserle attribuito: questo già ora lo si può e lo si deve dire. Inoltre, gli eventi degli ultimi anni, a partire dal pontificato di Benedetto XVI, hanno dimostrato agli uomini di buona volontà che qualsiasi sforzo ermeneutico, tendente a interpretare «l’errore» per renderlo «una verità mal compresa» non può che fallire irreparabilmente. È un vicolo cieco in cui è inutile inoltrarsi.
15. DICI: Il giudizio di Mons. Lefebvre sul Concilio e sulle riforme postconciliari nel suo libro Accuso il Concilio (1976) e nella sua lettera al cardinale Ottaviani (1966) è ancora attuale?
Questo giudizio corrisponde alla posizione che è sempre stata e sempre sarà quella della FSSPX; non può e non potrà cambiare. Constatiamo che più gli eventi si susseguono, più confermano questo giudizio ed evidenziano l’eccezionale perspicacia soprannaturale del nostro fondatore.
16. DICI: Mons. Schneider, nel suo libro Christus vincit (pp. 152-155 ed. francese), riconosce che la sua posizione nei confronti degli argomenti della FSSPX è cambiata in modo positivo. Come reputa questo cambiamento e crede che possa aver luogo tra altri prelati?
Mons. Schneider ha sempre mostrato una buona volontà, frutto di uno spirito umile e intellettualmente onesto. Ciò che colpisce di più di questo prelato è la sua mitezza, unita al coraggio di parlare pubblicamente a favore della Tradizione. Penso che siano tutte queste qualità riunite – purtroppo molto rare – che gli hanno permesso di percorrere la via che lo ha portato alle conclusioni che ben conosciamo.
Quanto ad altri prelati, sono convinto che anch’essi potrebbero intraprendere lo stesso cammino, ma solo nella misura in cui abbiano la stessa libertà morale e lo stesso amore per la verità. È certamente un’intenzione di preghiera per tutti noi.
17. DICI: Oggi la Messa Tridentina viene celebrata anche fuori dalla FSSPX, da altre comunità, cosa che non esisteva quando fu fondata la FSSPX. Al contempo, ci sono anche sacerdoti che scoprono questo rito. Come vede questo sviluppo della situazione?
Notiamo che, soprattutto negli ultimi anni, un certo numero di sacerdoti, scoprendo la Messa di sempre, ha intrapreso un cammino che li ha portati via via alla scoperta della grandezza del loro sacerdozio e, più in generale, del tesoro della Tradizione. Si tratta di uno sviluppo molto interessante perché la Santa Messa realmente veicola tutto questo. Ricordo bene la testimonianza che ho ricevuto un giorno da un sacerdote che aveva scelto, non senza incontrare forti opposizioni, di celebrare solo la Messa tridentina. Mi fece notare e sottolineò come, celebrando questa Messa, fosse stato portato a riconsiderare tutto il suo sacerdozio e, di conseguenza, tutto ciò che era chiamato a fare come sacerdote: predicazione, consigli alle anime, catechismo, ecc. Questo è molto bello e possiamo solo rallegrarci per una tale rigenerazione, che ha luogo nell’anima stessa del sacerdote.
Detto questo, è imperativo mantenere la Messa tridentina per il profondo motivo che è l’espressione della nostra fede, in particolare nella divinità di Nostro Signore, nel suo Sacrificio redentore, e di conseguenza nella sua regalità universale. Si tratta di vivere la Santa Messa entrando completamente in tutti questi misteri, e più particolarmente nel mistero di carità che essa racchiude. Questo è incompatibile con una fede tiepida, incentrata sull’uomo, sdolcinata, ecumenica; oppure con un apprezzamento puramente estetico delle ricchezze del rito tridentino, come a volte purtroppo accade tra coloro che sarebbero tentati di dissociare l’uso del rito tridentino dalla necessità di viverlo realmente, di penetrarlo, e soprattutto di lasciarsi assimilare da Nostro Signore e dalla sua carità.
In definitiva, diciamolo: la Messa stessa è quasi resa sterile se non ci porta a vivere in Cristo: per Ipsum, et cum Ipso, et in Ipso. Serve a poco se non produce in noi il desiderio di imitare Nostro Signore attraverso il dono di noi stessi. Generosità che si rivela impossibile in un contesto intriso dello spirito del mondo, o sempre incline al compromesso con esso. La fecondità della Messa è tanto più grande quanto più un ardente spirito di sacrificio dispone le anime a donarsi generosamente al Cristo.
18. DICI: Di recente i media hanno dato notevole risonanza allo scandalo legato al cardinale Becciu. Che cosa ne pensa?
Inutile dire che non spetta alla FSSPX definire come si ripartiscano le responsabilità in questa vicenda, o indagare su di essa. Detto questo, come figli della Chiesa, non possiamo che deplorare questo scandalo che, ahimè, la colpisce e la umilia. Questo inevitabilmente ci rattrista, perché la santità della Chiesa viene offuscata. Tuttavia, dobbiamo ricordare che, purtroppo, nella Chiesa esisteranno sempre scandali di questo tipo, e che Dio li permette misteriosamente nella sua Sapienza, per la santificazione dei giusti. Sarebbe quindi fuori luogo scandalizzarsi in modo farisaico, alla maniera dei protestanti.
Inoltre, penso che sia importante notare l’attenzione insolita che i media secolari prestano alla Chiesa su questo argomento. Questa attenzione supera quella che prestano ad altri eventi della vita della Chiesa, o quella che gli imperatori del Medioevo potevano dedicare ai Papi del loro tempo. Se si legge tra le righe dei tanti articoli di giornale dedicati a questo tema, si riconosce un certo compiacimento, una malsana soddisfazione. Sembra che il mondo laico non possa sprecare un’occasione così ghiotta per sputare sul volto della Sposa di Cristo, verso la quale aveva tuttavia giurato indifferenza. Questo dovrebbe farci riflettere, e soprattutto dovrebbe far riflettere tutti coloro che vivono nell’illusione che oggi la Chiesa possa vivere in pace di fronte a un mondo divenuto effettivamente laico e teoricamente rispettoso di tutti. Non è così. Dietro la retorica liberale c’è sempre il desiderio di vedere la Chiesa non purificata, ma screditata e annientata. Non c’è accordo possibile con questo mondo.
IL POSTO DELLA FSSPX IN QUESTA SITUAZIONE
Una Messa veramente vissuta, che ci permetta di penetrare nel mistero della Croce, è necessariamente apostolica.
19. DICI: Come può la FSSPX fornire un rimedio, nei limiti dei suoi mezzi, alla crisi attuale?
Per prima cosa sul piano dottrinale, la FSSPX è consapevole di non poter variare nelle sue posizioni. Che ci piaccia o no, queste sono un punto di riferimento per tutti coloro che nella Chiesa cercano la Tradizione. È quindi in uno spirito di servizio agli altri e alla Chiesa stessa, che dobbiamo tenere la lanterna fuori dal moggio, senza nasconderla.
Sul piano pratico, i membri della FSSPX devono dimostrare che il loro attaccamento al Santo Sacrificio della Messa è un attaccamento a un mistero di carità che deve riflettersi su tutta la Chiesa. Ciò significa che una Messa veramente vissuta, che ci permetta di penetrare nel mistero della Croce, è necessariamente apostolica e ci spingerà sempre a cercare il bene del nostro prossimo, anche del più lontano, senza distinzione. È un atteggiamento fondamentale, una disposizione morale di benevolenza che deve permeare tutte le nostre azioni.
20. DICI: L’obiettivo della Fraternità è il sacerdozio cattolico e tutto ciò che lo riguarda. Per questo lei si preoccupa principalmente delle vocazioni, della santificazione dei sacerdoti e della fedeltà alla Messa di sempre. Quali sono le sue attuali preoccupazioni?
Sono esattamente quelle elencate. Sono convinto che finché riusciremo a mantenere questi tre obiettivi con tutto il cuore, le grazie e la luce di cui abbiamo bisogno per il nostro futuro e per le decisioni che dovremo prendere, ci saranno date al momento opportuno.
Mantenendo il sacerdozio, manteniamo ciò che la FSSPX e la Chiesa hanno massimamente a cuore. Ogni vocazione, infatti, ha un valore infinito. Una vocazione è innegabilmente la grazia più preziosa che Dio possa dare a un’anima e alla sua Chiesa. Pertanto, un seminario è il luogo più sacro che si possa immaginare o trovare sulla terra. Lo Spirito Santo continua ad operare lì come nel Cenacolo, per trasformare le anime dei candidati al sacerdozio e renderli apostoli. Dobbiamo continuare a impiegare tutti i nostri sforzi e investire in quest’opera le nostre migliori energie morali e umane. Tutto ciò che costruiamo sul sacerdozio di Nostro Signore e per perpetuare il sacerdozio di Nostro Signore rimane per l’eternità.
21. DICI: Che incoraggiamento dà ai sacerdoti e ai fedeli legati alla Tradizione?
Vorrei far loro notare che la Provvidenza ha sempre guidato la FSSPX e l’ha sempre protetta in mezzo a mille difficoltà. Questa stessa Provvidenza, sempre fedele alle sue promesse, sempre vigile e generosa, non può abbandonarci all’avvenire, perché cesserebbe di essere quello che è – il che è impossibile, perché Dio rimane sempre lo stesso.
In altre parole, dopo cinquant’anni di esistenza della FSSPX, la nostra fiducia è ancor più radicata negli innumerevoli segni di questa benevolenza manifestatisi in tutti questi anni.
Ma preferisco lasciare l’ultima parola a Nostro Signore stesso: «Non temere, piccolo gregge, perché è piaciuto al Padre vostro di dare a voi il Regno» (Lc 12,32).
Menzingen, 11 ottobre 2020,
Festa della Divina Maternità della BVM
Don Davide Pagliarani, Superiore generale