Josefa de Óbidos, La trasverberazione di Santa Teresa, 1672, Igreja Matriz de Cascais


da Istoria della propria vita di Santa Teresa per la prima volta fatta interamente italiana mercé il riscontro dell’autografo ed illustrata dal padre Camillo Mella della Compagnia di Gesù (Modena, 1871)


Scrive la Santa Madre Teresa:
«Eravamo tre sorelle e nove fratelli … Portavo io ad essi tutti tenerissima affezione ed essi di egualmente viva mi ricambiavano; uno tuttavia ve n’era quasi della mia età ch’io amavo più degli altri. Solevam riunirci questi ed io per leggere insieme le vite dei Santi. Al veder in esse i diversi supplizi che i martiri avevan sofferto pel Signore parevami che a buon mercato assai comprassero essi la sorte d’andar a goder Dio e con tutta l’ardenza de’ miei desiderii aspiravo io pure a morte sì bella … Stringevomi con lui a consiglio per vedere se via vi fosse da venire a capo di soddisfare tal brama. Il partito che più ci arridesse era quello d andarcene limosinando per Dio in terra di Mori sperando di venir da loro decapitati».


Vita S Virginis Teresiae a Iesu 02.jpg

[foto da wikimedia.org]


Commenta il padre Mella:
«Il buon fratellino Rodrigo. La grazia, come appare dalla narrazione della Santa sorella, unì queste due anime con legami incomparabilmente più forti e più intimi che quelli della natura. Rodrigo segui il mestier dell’armi. Ma prima di partire pel nuovo mondo bramando dare a questa sorella si teneramente diletta un pegno dell’amor suo la lasciò erede d’ogni suo avere. Militò sotto le bandiere di Spagna nell’America meridionale e sempre si diè a vedere valente capitano al par che cristiano magnanimo. Colla spada in pugno trovò egli in sul Rio della Plata la morte de’ prodi, o direm meglio dei martiri. Ché come martire riguardollo sempre Teresa, essendo caduto nel combattere per la causa della religione …
La fuga verso il paese de Mori. Sembra che la Santa voglia stendere accortamente un velo sul tentativo da essa fatto col buon fratellino d’andarsene in terra di Mori per ottener la palma del martirio. Ed ecco come seguì un tal fatto. Non avea la fanciulletta che pur sett’anni quando un giorno si fuggì col buon Rodrigo che ne aveva undici per eseguire il magnanimo proposto. Un po’ di pane messo in una piccola bisaccia e una borraccetta di vino procuratasi erano stati tutti i lor preparativi. Ma verso dove si volgevan essi? Dei Mori cacciati di Spagna il 1492 alcuni vi restarono fino al 1610 e di questi doveva essere la schiava onde udiamo parlare la Santa. Volevan gl’ingenui fanciulli recarsi in qualcuno de’ luoghi ancor da essi occupati? Disegnavan forse passare in Africa verso la quale veramente si diressero? O non anzi nella lor semplicità s’incamminarono senza neanche sapere per dove? Checchè ne fosse già i due eroici fanciulletti avevan passato il ponte dell’Adaja che scorre presso Avila e di buon passo marciavano sulla via che da essa città conduce a Salamanca, intrattenendosi frattanto della felicità del martirio. Erano appena a due miglia dalla città natale allorché s imbatterono in un loro zio che li ricondusse alla madre sommamente appenata per la loro scomparsa e che già ne aveva fatto cercare in parecchi pozzi. Nel luogo appunto in cui i due candidi martiri si videro costretti a riprender la via della casa paterna i pii concittadini elevarono un modesto monumento. È questo un edicola composta da quattro colonne reggenti una cupoletta di sasso con entro una croce. Un provvidenzial riscontro colpisce chiunque contempla quel luogo: di fronte appunto sorge quel monastero dell’Incarnazione in cui Iddio riserbava a Teresa un martirio d un ordine più elevato. Quivi il dardo infocato dell’Angelo tenendo luogo del ferro degli infedeli doveva trapassare passare il suo cuore e prolungare per circa trent’anni la sublime agonia del suo amore. E al pio pellegrino sembra vedere in cielo la serafica vergine, martire d’amore, e presso lei il valente cavalier di Cristo, martire di sangue, riguardar sorridenti quel luogo testimone felice delle elette grazie onde fu prevenuto la lor infanzia».