>>> Pio XII e la Palestina <<<

Una nuova recensione a cura di Piergiorgio Seveso

Credo di non rivelare un segreto particolarmente inedito quando dico che il tradizionalismo cattolico (ma potrei anche scrivere il cattolicesimo integrale) di lingua italiana, in materia politica, vive spesso degli amori ancillari, in qualche caso persino dei matrimoni morganatici. Si tratti di leghismo di antico conio, vecchio cesarismo berlusconiano, missinismo almirantiano, rautiano o meloniano, estremismo destro neotribale o sovranismo recentissimo, il risultato non cambia: il cattolico integrale o va incontro a severe disillusioni e torna nel suo hortus clausus oppure di concessione in consessione, di scivolamento inavvertito in contagio inconsapevole, si trasforma in altro da sé.

Tra le infatuazioni più torbide e deprecabili, ben oltre il limite dell’incestuoso (anche se va detto molto limitate nel numero), dobbiamo segnalare quella per il piccolo partito neoconservatore fondato parecchi anni fa dall’allora fervente ratzingheriano Magdi Allam e autore tra l’altro dell’ineffabile pamphlet “Viva Israele”.

Come tutte le passioncelle passeggere, anche quella rapidamente tramontò ma non è mai venuto invece il sinistro fascinum che questo piccolo stato teocratico-etnico-militare, incuneato in Terra Santa, esercita su taluni benpensanti, conservatori, tradizionalisti fascisteggianti e financo estremisti tra mimetiche, rune e solstizi.

Non sono mancati moti di reazione nel nostro mondo che, anche per un legittimo moto di rifiuto per diametrum, hanno portato nel campo nettamente opposto alla almeno sedicente Stella davidica.

Non va dimenticato però che anche quel contenzioso internazionale cui il sigillo del 1948 ha dato una almeno temporanea cristallizzazione, è frutto di una Questione (scritta con la Q maiuscola) che ben prima di essere geopolitica, è teologica.

Si tratta di riverberi tellurici di magma omicida che dal Castro Pretorio con Anna, Caifa e Pilato e poi dal Golgota, di secolo in secolo, sono giunti sino a noi, con conseguenze ampiamente disastrose per i singoli e per i popoli (compreso quello un tempo prediletto e poi rigettato).

Per ritrovare almeno un poco la giusta dimensione cattolico-romana, le edizioni Radio Spada hanno ripubblicato alcuni preziosi gioielli del magistero petrino di Pio XII, scritti negli anni dei conflitti e delle gravissime violenze che portarono alla nascita della nuova entità statuale israeliana nel 1948.

Si tratta di “Pio XII e la Palestina: Il Magistero sulla Terra Santa (1948 – 1949). Le Encicliche Auspicia Quædam, In Multiplicibus Curis, Redemptoris Nostri e l’Esortazione Apostolica Sollemnibus Documentis”.

Sono parole piene di trepidazione e carità, equanimità e giustizia per quelle terre che videro svolgersi i misteri dell’Incarnazione, della Passione e della Redenzione e che sono naturaliter cattoliche, qualunque sia il potere civile che vi si eserciti temporaneamente.

Sono parole papali e regali, ben lontane dai balbettii, dalla contiguità, dalle connivenze, dalle condiscendenze domestiche e religiose che portarono a due date nigro lapillo signandae , l’11 aprile 1986 (visita alla Sinagoga di Roma) e poi il 29 dicembre 1993 (Riconoscimento vaticano dello stato israeliano) e poi a tutto quelle che ne è seguito.

A suo modo, in tempi di epidemia, anche questo piccolo libro può essere qualcosa che somigli ad un vaccino. Buona lettura!

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