Raffaello, Disputa del Sacramento (particolare), 1509, Stanza della Segnatura, Palazzo Apostolico Vaticano
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Nella notte dopo il 31 Ottobre.
LA MESSA VIGILIARE DI TUTTI I SANTI
La solennità di tutti i Santi in questa stagione dell’anno, sembra essere d’importazione Gallicana nella liturgia romana. Essa però, come festa collettiva di tutti i beati comprensori del Cielo, ha dei precedenti assai antichi nelle varie liturgie, sopratutto Orientali. Essendo stata accolta in Roma nel IX secolo, è evidente che la tradizione precedente dei Sacramentari sia muta a tal riguardo.
La messa vigiliare – che però al tempo quando fu istituita già non si celebrava più di notte, ma si anticipava nel pomeriggio, dopo nona, – accusa un’epoca in cui era ancora generalmente diffuso il buon gusto liturgico. Il pensiero predominante, si è il trionfo celeste di coloro che altra volta furono tribolati, giudicati e condannati da questo mondo.
Per l’introito, al primo versicolo del salmo 32: «Esultate, o giusti, nel Signore, ché l’inno di lode ben si conviene ai retti», si premette l’antifona della Sapienza (III, 8): «I santi giudicheranno le nazioni pagane, eserciteranno signoria sui popoli, ché il loro Signore regnerà in eterno».
Preghiera. – «Moltiplica, o Signore, la tua grazia sopra di noi; e fa sì che nella pratica della vita cristiana meritiamo di giungere anche noi al gaudio di coloro, di cui appunto preveniamo la festa solenne».
La prima lezione deriva dal libro dell’Apocalisse (V, 6-12). Si solleva un lembo di cielo, e Giovanni contempla e ci descrive a rapidi tratti ciò che ha osservato nella Chiesa trionfante. Anche lassù c’è una liturgia, un altare, degli aurei candelabri, degli incensieri ed una vittima. Il centro di questa liturgia è l’Agnello, immolato negli eterni disegni di Dio sin dal principio del mondo. Il corteggio degli Angeli, dei Seniori e dei Santi non è che per lui; la Chiesa trionfante propriamente detta, non è che il nimbo che gli irradia il capo. Come tutti sono giunti lassù in grazia sua, ed i Santi hanno lavate le loro stole appunto nel suo roseo sangue, così ora in cielo ne benedicono la misericordia e l’amore.
Il responsorio tratto dal salmo 149, è come per san Vito il 15 giugno. Dopo lo fatiche e le umiliazioni della vita presente, i Santi ora riposano in Cristo nel talamo celeste. Non bisogna perciò precorrere i tempi. Adesso la fatica e la tribolazione, sinché lo Spirito Santo non dirà: basta. In cielo poi, bando al pianto, alla tribolazione; ma invece gaudio, festa e trionfo.
Segue la lezione Evangelica (Luc. VI, 17-23) colla recita delle beatitudini, come il 19 giugno pei martiri Milanesi Gervasio e Protasio.
La beatitudine dei Santi è tutta interiore, dove cioè non può mai giungere né la malizia, né la crudeltà dei persecutori. Questi potranno bensì ridurci a povertà; potranno magari strapparci gli occhi, le braccia e le gambe, ma non giungeranno mai a penetrare sino a quel santuario che lo Spirito Santo ha consacrato nella parte più intima dell’anima nostra. Là è pace serena, gaudio santo, fiducia irremovibile.
L’antifona per l’offerta delle oblato, è come per san Basilide il 12 giugno.
Preghiera sulle oblate. – «Noi oggi accumuliamo sul tuo altare, o Signore, le nostre offerte. Deh! tu per le preghiere di tutti i Santi dei quali precorriamo la festa, fa sì che siano proficue alla nostra eterna salute».
La frase del Messale «altare muneribus cumulamus», si riferisce all’antico uso liturgico quando il popolo presentava egli stesso le offerte di pane e di vino, che dovevano poi venir consacrate.
L’antifona della Sapienza: lustorum animae (III, 1-3) che s’intercalava al salmo da cantarsi durante la distribuzione della sacra Comunione, è come il 15 giugno, per san Vito.
Preghiera dopo la Comunione. – «Ora che abbiamo compiuto il Sacrificio col cuore ricolmo di gioia a cagione della tanto desiderata solennità, ti preghiamo, o Signore, che ci assistano le preghiere di coloro, in onore dei quali appunto ti è stato offerto».
Che fanno i Santi in cielo allorché noi ci rivolgiamo alla loro intercessione? Quello che fece Giuseppe in Egitto, quando giunsero i suoi fratelli. Entrò dal Faraone e tutto lieto gli disse : Fratres mei et domus patris mei … venerunt ad me. Ed il Re, in riguardo di Giuseppe, concesse loro la terra di Gessen.
(Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster OSB, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. IX. I Santi nel Mistero della Redenzione (Le Feste dei Santi dalia Dedicazione di san Michele all’Avvento), Torino-Roma, 1932, pp. 70-72)