San Diego de Alcalá (1610), obra de Gregorio Fernández. Museo Nacional Colegio de San Gregorio, Valladolid (España).
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Nato nel 1400 a San Nicolas del Puerto (Siviglia), dopo una periodo di romitaggio, Diego si arruolò fra i Francescani dell’Osservanza. Viaggiò per tutta Europa, predicò nelle Canarie e durante il Giubileo del 1450 diede in una Roma afflitta dalla peste mirabile spettacolo di carità ed abnegazione nell’assistenza agli infermi. Morì il 12 Novembre 1463. Sisto V lo canonizzò il 2 Luglio 1588.
Di seguito il racconto della preziosa morte dei Santo tratta da “La vita, i miracoli et la canonizatione di San Diego d’Alcalà d’Henares divisa in tre parti, ritradotta nella lingua Italiana dal Sig. Francesco Avanzi Venetiano dalla Latina di Monsig. Pietro Gallesini, Protonotario Apostolico” (Brescia, 1593)


Finalmente quando vide approssimarsi l’ora di lasciare questo secolo, per imitare il Serafico padre san Francesco anche nel punto della morte, chiese una tunica più vile e un cordone, e messosi intorno l’uno e l’altro con soavi e pietose parole, damando con molte lagrime perdono a tutti dell’offese ch’egli avesse lor fatte.
Dapoi alzate ambe le braccia, ancorché un d’essi fosse quasi fracido per le piaghe, abbracciando la croce che aveva appresso al capo e baciandola molte volte con molta devozione e affetto di cuore dette queste parole dell’inno della croce: “Dulce lignum, dulces claros, dulcia ferens pondera, quæ sola fuisti digna portare regem cælorum et Dominum“, rese l’anima a Dio in Alcalà nel convento del suo Ordine l’anno di Cristo 1463 ai 12 di Novembre, un Sabato di notte.
Essendosi pubblicata la morte del sant’uomo concorse una grandissima moltitudine dei popoli vicini e specialmente dei cittadini di quel luogo d’ogni sorte, d’ogni età e d’ogni ordine, per vedere il suo corpo. E quivi si vide una meravigliosa devozione in quelli che desideravano di toccarlo e baciarlo. Tutti s’affaticavano a gara quanto potevano per aver qualche pezzo della sua cappa o del suo suo cordone, e alcuni gli pelavano il capo per aver qualche reliquia di lui. Né fu qualcuno che non volesse toccar quel corpo o col cappello o con qualche libretto d’orazioni o con la corona per ardente devozione.
La mattina del dì seguente che fu la Domenica, il corpo fu portato nella chiesa con grandissima frequenza di popolo, e sepolto. Dicono che la notte antecedente si videro alquanti miracoli dai quali si conobbe chiaramente che la sua santità risplendeva per tutto, ma è ormai tempo ch’io passi a raccontare i miracoli che il Signore ha fatto nella vita e nella morte del suo servo.
[…] Fu meraviglioso Dio nel santo suo Diego per la moltitudine e grandezza di più di cento trenta miracoli ch’egli fece, i quali non mi pare che mi sia necessario di raccontare tutti ad uno ad uno, dovendo bastarmi quelli solamente che, essendo per qualche causa illustri e maturamente approvati dall’autorità della sacrosanta Sede Apostolica, smovono l’animo mio a spiegargli quanto più chiaramente posso.
Principalmente adunque quello che scrive san Girolamo di sant’Ilarione Abate è quanto più si possa provato e chiaro di san Diego, cioè che il suo corpo morto spirasse un odore di meravigliosa soavità. Di maniera che avendo ripiena la sua camera, fu sentito con piacere da quelli che v’erano dentro, non sapendo alcuno conoscere donde nascesse tanta abbondanza d’odore.
Ma questo è degno di memoria e degnissimo di molta meraviglia: che quelli che si trovarono nella immondizia dei peccati, non poterono partecipare di quella soavità, se non dopo che se ne furono confessati.
Il suo corpo che s’era fatto nero per il digiuno, per l’astinenza e per il mancamento del cibo, dopo la morte divenne bianco; la faccia non pareva d’un morto, ma d’un uomo vivo; le commissure delle membra, delle dita e delle mani erano così flessibili che si movevano dovunque fossero voltate; né parte alcuna di quel corpo restò indurita di freddo come suol fare il corpo umano poiché privo del suo calore.
Il cadavere, quattro giorni dapoi ch’era stato sepolto, fu tratto di sepoltura e non solo non puzzava ma mandava fuori odore mirabile ancorché quando fu messo nella sepoltura non fosse unto di liquori odoriferi né imbalsamato; e stando sopra terra insepolto molti giorni appresso conservò sempre quella soavità.