Canonizzazione di don Bosco, 1° aprile 1934 (da infoans.org)
da La Tradizione Cattolica Anno XXVI – n°2 (95) – 2015
di don Gabriele D’Avino FSSPX
QUI la prima parte
QUI la seconda parte
La santità dei membri nella Chiesa di Roma
Quanto alla pratica di tali santi principi, in primo luogo, a mo’ di segno, possiamo invocare il fatto che la Chiesa di Roma è la sola a fare costantemente appello alla testimonianza della storia quando vuole dimostrare la santità di uno o l’altro dei suoi membri; d’altra parte, le altre sette non cattoliche non forniscono (se non di rado e in misura più che discutibile) esempi tra i loro membri di perfezione vissuta, cosa che resta appannaggio unico della Chiesa di Roma.
Inoltre, notiamo anche che quest’ultima è la sola a possedere una struttura giuridica fatta di tribunali centrali e locali che si occupano di stabilire le cause dei santi, con dovizia di udienze, processi, testimonianze, procedure di ogni tipo, come l’attestazione di miracoli operati per intercessione della persona da «canonizzare». La stessa canonizzazione di un santo, del resto, costituisce il mezzo con il quale la Chiesa constata l’eroicità della virtù di alcuni suoi membri e li propone come modelli al mondo intero, nel corso di cerimonie solennissime e pubbliche, senza che nessuno mai abbia potuto contestare tale fatto come un’impostura o un’esagerazione.
In secondo luogo, come argomento principale, c’è la testimonianza indiscussa di duemila anni di storia nel corso dei quali migliaia di cristiani hanno mostrato indiscutibili segni di una santità consumata, di pratica eroica delle virtù fino al sacrificio della propria vita, fino alla consumazione di tutte le proprie energie, soltanto per un fine soprannaturale, senza interessi mondani, ben sapendo che «la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio» [7].
E i modelli di santità non sono né monotoni né ripetitivi, ma abbracciano un enorme campo di possibilità che dimostra la varietà con cui un unico modello di Santità (Nostro Signore Gesù Cristo) può incarnarsi nelle infinite sfaccettature della natura umana che si concretizza in miliardi di individui tutti diversi tra loro. La Chiesa annovera fra i suoi santi dei Confessori della Fede che dalla solitudine del loro chiostro hanno irradiato la luce della dottrina, come san Tommaso d’Aquino; dei Confessori che hanno attraversato gli oceani per conquistare le anime a Cristo, come san Francesco Saverio; dei Martiri che hanno sofferto ogni sorta di patimento pur di non rinnegare la Fede ricevuta, come san Lorenzo; o pur di non macchiare la loro angelica virtù, come sant’Agnese; santi la cui eroica virtù brillava fin dalla culla, come san Luigi Gonzaga; santi celebri per le loro sublimi ed umanamente inspiegabili conversioni, come san Paolo; sacerdoti, santificatisi nell’umile ministero di una parrocchia, come il santo Curato d’Ars; vescovi, nel governo di una diocesi, come san Carlo Borromeo; Papi, nel governo della Chiesa universale, come san Pio X; religiose rinchiuse nei loro monasteri, come santa Teresa d’Avila; poveri mendicanti, come sant’Alessio; re e sovrani, come san Luigi IX; e la lista sarebbe lunga…
L’assenza di santità nelle sette non cattoliche
La storia, oltre a mostrare fulgidi esempi di virtù nella Chiesa di Roma, ci insegna anche che all’infuori di essa non si respira la vera santità, né quanto ai principi, né quanto ai membri.
Basterebbe analizzare l’origine delle divisioni nel Corpo Mistico per rendersene conto. Lo scisma d’Oriente ebbe inizio con l’usurpazione da parte di Fozio della sede episcopale di Costantinopoli, e le cronache lo descrivono come un uomo ambizioso, calunniatore, arrivista. La dottrina da lui professata era del tutto personale e frutto di un’arrogante presa di posizione contro Roma; la pratica del «pane fermentato” un semplice pretesto per la divisione.
Discorso simile va fatto per le confessioni protestanti: la condotta morale di Lutero, il suo abbandono del sacerdozio e della castità, il suo odio viscerale contro la Chiesa di Roma, le espressioni volgari ed oscene che abbondano nei suoi scritti, non creano una base di principi atti a produrre una vera santità; l’origine della confessione anglicana, la brama di potere e l’istinto di ribellione del re Enrico VIII ne sono un esempio parallelo; e del resto, lo si vede nelle migliaia di sette che si ispirano alla Riforma, non esistono attualmente né nel passato modelli di vita perfetta, di esercizio eroico delle virtù.
Appendice: santità nella Chiesa oggi?
Due problemi di natura diversa sorgono relativamente alla situazione odierna; di natura diversa, ma che hanno alla base la stessa pecca, vale a dire un errato concetto di santità.
Il primo è la concezione di una chiesa peccatrice per la quale bisognerebbe chiedere perdono.
Già nel Vaticano II [8] si inculca la perniciosa idea di una chiesa sfigurata dal peccato a causa dei peccati dei suoi figli. I papi Paolo VI [9], Giovanni Paolo II [10] e oggi anche Papa Francesco [11] contribuiscono alla confusione su questo punto con i loro discorsi ambigui: non si nega esplicitamente la santità della Chiesa, ma non la si distingue a dovere dalla santità dei suoi membri. Ora, è fuor di dubbio che nella storia della Chiesa ci sia stata grande abbondanza di peccati e di peccatori, spesso perfino nelle file dei suoi ministri; ma, alla luce di ciò che abbiamo detto, questo dato non fa che confermare la tesi: la santità dei membri è la perfetta corrispondenza a dei princìpi santi, e allora i peccatori sono tali in quanto si distaccano da questa regola di santità.
Se la Chiesa in quanto tale non deve chiedere perdono, allora, non è perché non esista il peccato fra i suoi figli: ma al contrario è proprio perché essa, quale veicolo della misericordia infinita di Cristo, è dispensatrice del perdono per i suoi figli, anche per i suoi ministri. Mantenere volutamente l’ambiguità su questo punto significa gettare un velo sulla credibilità dei suoi insegnamenti, quasi che essa, potendo peccare (in quanto tale) non sia in grado di assicurare da sola ed esclusivamente la santità dei figli di Dio e sia soltanto una società umana come le altre.
Inoltre, andrebbero fatte accurate distinzioni sui presunti «errori» della Chiesa: i famosi mea culpa di papa Wojtyla comprendevano episodi ed istituzioni (come le Crociate o la Santa Inquisizione) effettivamente voluti dalla Chiesa e di per sé strumenti buoni per ottenere fini onesti: la riconquista del Sepolcro di Gerusalemme, per le prime, l’estirpazione dell’eresia, per la seconda.
Ma nell’ottica del nuovo principio della dignità della persona umana, che trascende la verità e l’errore, tali pagine della storia della Chiesa ispirano vergogna alle gerarchie postconciliari.
Questo era l’errore per difetto. Ma, sul concetto di santità, la nuova ecclesiologia del Vaticano II commette anche un altro errore, stavolta per eccesso: quello cioè di considerare santi personaggi che oggettivamente, alla luce dei bimillenari principi rivelati di Fede e Morale, santi non sono.
Il problema delle «nuove canonizzazioni» è lungo e complesso, ed altrove è stato già trattato in maniera brillante ed esauriente [12].
Il problema è infatti che la santità, quale esercizio eroico della virtù cristiana, non è più il criterio che serve a riconoscere in una persona un «modello» per la Chiesa intera. Dunque, la Chiesa oggi non sarebbe più «santa» perché ha in sé i principi di una santità «tradizionale», ma perché inculcherebbe e favorirebbe una santità «umana», ecumenica, liberale; la canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII è l’esempio più eclatante di questa nuova concezione. Ma già lo stesso Papa Wojtyla indicava il concetto di santità come un qualcosa che trascendeva l’ambito cattolico: «Sebbene in modo invisibile, la comunione non ancora piena delle nostre comunità è in verità cementata saldamente nella piena comunione dei santi, cioè di coloro che, alla conclusione di una esistenza fedele alla grazia, sono nella comunione di Cristo glorioso. Questi santi vengono da tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, che hanno aperto loro l’ingresso nella comunione della salvezza».
Così il pontefice polacco nell’enciclica Ut unum sint del 1995, § 84.
Oltretutto, l’inflazione delle canonizzazioni dal Vaticano II ad oggi [13] mostra tutta la debolezza di questo nuovo concetto di santità che ormai non è più «straordinario” in senso stretto, ma si avvia a diventare un fatto ordinario nella vita della Chiesa, manifestazione della continua presenza ed azione dello Spirito.
Una Chiesa non più «santa», dunque, ma al contrario canonizzazioni di «non santi»: è il paradosso del ribaltamento, una volta di più, dei tradizionali principi della Fede cristiana.
Quanto a noi, ci atteniamo alla verità rivelata una volta per tutte ed immutata, oltre che immutabile: la Chiesa Cattolica Romana è santa, poiché santo fu il suo Fondatore; è santa, perché conserva e propaga essa sola i princìpi di una vera santità soprannaturale; è santa, infine, perché non ha mai cessato nel corso dei secoli di generare schiere di uomini straordinari, pochi certo rispetto all’immenso numero dei suoi figli, ma sufficienti per dimostrare che Essa è l’unico, vero porto di salvezza ed il solo canale per giungere all’unione perfetta con Dio.
NOTE
- I Cor. 3, 19.
- Lumen Gentium, 1, §8: «[…] ed è perciò santa ed insieme sempre bisognosa di purificazione».
- «La Chiesa dovrebbe essere santa, buona, […] e talora vediamo che non è degna di questo titolo», Paolo VI in Osservatore Romano, 28 febbraio 1972.
- Tertio millennio § 33: «È giusto pertanto che […] la Chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli
[…]»; poco dopo: «La Chiesa, pur essendo santa per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza». - Si veda la delicatissima e – a nostro avviso – inopportuna omelia a Santa Marta del 7 luglio 2014 in occasione della Messa celebrata per le vittime di abusi sessuali da parte del clero.
- Si veda il numero di questo bollettino dedicato alle canonizzazioni, n° 1 (90) – 2014.
- Si contano circa 1300 nuovi santi, da Paolo VI ad oggi.
Neanche uyna frase di tutti gli eroi e i guerrieri che hanno combattuto per la Fede e difesa quest ultima come per esempio i Nobili Crociati?
La Fede si dimostra anche con la forza e con la spada soprattutto con la forza e con la spada.
Perché viviamo tempi così bui?
Perché nessuno taglia la testa ai demoni e ai perversi,da sempre perseguitati dalla Chiesa stessa.
<< re e sovrani, come san Luigi IX; e la lista sarebbe lunga… >>
San Luigi IX era un crociato
Pardon,mi era sfuggito quel pezzo.
senza dire di una Santa Caterina da Siena, e della sua instancabile predicazione di una nuova crociata -purtroppo senza successo…Alla luce della ‘predicazione’ di un Bergoglio ( e pari suoi), una fondamentalista furiosa, antiecumenica antidialogante anti ‘fratelli tutti ‘ ( per lei, quelli ora fratelli, erano “cani infedeli”….)
Due chiese, quella di Santa Caterina e quella di Bergoglio ( e pari suoi), agli antipodi… In faccia ad ogni ermeneutica…