Julius Kronberg, Ipazia, 1889, collezione privata, Roma
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Uno degli argomenti più favoriti della divulgazione (rectius divagazione) scientifica (rectius presunta tale) è l’uccisione di Ipazia d’Alessandria, la quale, al netto del suo essere una neoplatonica legata all’orfismo e ai misteri, assurge al grado di scienziata, quasi una Galileo del secolo V.
Evidentemente attorno a questa donna si è creato un mito: già ne parlò su Radio Spada Luca Fumagalli nella sua conferenza “Kingsley e Ipazia: all’origine di un mito anticattolico” della quale consigliamo caldamente l’ascolto.
Tuttavia ci piace tornare oggi sul tema e riprende una breve citazione che estraiamo da “La croce e il potere. I cristiani da martiri a persecutori” (Roma-Bari, Laterza, 2011) di Giovanni Filoramo, già Professore di Storia del Cristianesimo presso l’Università di Torino; un libro che già dal titolo evidenzia come la pensi l’autore sul processo storico che ha portato la Chiesa a cristianizzare l’impero, estirpando il paganesimo.

«L’uccisione di Ipazia costituisce un caso eccezionale nel contesto della lotta al paganesimo portata avanti da vescovi e monaci con l’appoggio delle autorità imperiali, che di conseguenza non va indebitamente generalizzato. Che nella millenaria storia delle innumerevoli reinterpretazioni che questo tragico evento ha conosciuto Ipazia sia a un certo punto assorta ad eroina del libero pensiero, a protomartire di una “chiesa” laica assalita da una Chiesa cattolica che perseguita eretici e liberi pensatori come Giordano Bruno, ci rivela piuttosto il retroterra ideologico di queste interpretazioni, ma falsa la realtà storica».

(Giovanni Filoramo, La croce e il potere. I cristiani da martiri a persecutori, Laterza, Roma-Bari, 2011, p. 392)