José de Páez, La gloria del Cielo, 1771-72, Mission Carmel, Diocese of Monterey, Monterey
[foto da scuolaecclesiamater.org]
Per la solennità di Tutti i Santi riprendiamo l’introduzione scritta dal padre Pedro de Ribadeneyra (1527-1611) della Compagnia di Gesù, biografo di sant’Ignazio, alla sua monumentale opera agiografica Flos Sanctorum (1609).

Ragionevolmente disse il Real Profeta che Dio è meraviglioso nei Santi suoi; perché veramente, sebbene il Signore è ammirabile in tutta la terra e in tutte le cose che sono opere delle sue mani, come canta il medesimo Real Profeta, nondimeno molto maggiormente risplende l’onnipotenza, la sapienza, la provvidenza, la bontà sua nelle anime, nelle virtù dei santi.
In un moscione, in un’ape, nel verme o baco da seta e in altre creature disprezzabili e vili, è ammirabile Iddio; e nelle minime cose si fa conoscere per artefice grande e sovrano.
Ma molto più manifesta i suoi infiniti tesori in tutta questa machina del mondo composta con meravigliosa e singolare armonia e disposizione di tante e sì varie cose tanto belle, tanto rare, tanto squisite, che ciascuna per sé sola considerata tien sospeso e astratto qualunque più alto intelletto, e tutte insieme lo traggono fuori di sé acciocché con una debita meraviglia assorto raccolga le ali e si renda, e si umilii nel cospetto di quel Signore che poté, seppe e volle fare opera tale per svegliare i nostri cuori con queste cose visibili alla contemplatine delle invisibili con delle loro perfezioni infinite.
Ma senza dubbio che in niuna cosa di queste visibili, né in tutte insieme, tanto si vede la grandezza della grazia e bontà di Dio, quanto in una sola anima d’un Santo. Non solamente perché nessuna opera della natura può agguagliar le opere della grazia e soprannaturali, ma ancora perché tutte le altre opere sono come un vestigio di Dio e il Santo è immagine, sembianza sua, e tempio, amico e figliuol suo, col quale egli sa diletta e trastulla di più, perché la santità che egli ha, non l’ha da se, né per sé, ma per il sangue di Cristo che nella Croce si sparse per farlo Santo.
Onde né la terra con tutta la sua fertilità e abbondanza di tanta varietà di fiori, di frutti e di animali; né l’immensità dell’Oceano con tanta copia di pesci e di mostri; né l’aria con la diversità degli uccelli; né il fuoco con i suoi tuoni, lampi e saette; né il medesimo Cielo che con la chiarezza e col corso del Sole, della Luna e delle stelle in queste cose inferiori così meravigliosi effetti cagiona, ci predican tanto la grandezza e la gloria di Dio quanto l’anima d’un Santo, nella quale egli abita come in sua casa e riposa come in suo talamo, con ella come con sua dolce sposa si abbraccia.
Non vi è lingua d’uomo che possa esplicare, né intelletto d’Angelo che possa comprendere l’amore che porta il Signore a un’anima casta e pura che, trasformata in lui, vive col corpo in terra e col cuore in Cielo. Questa tale anima lo onora e lo glorifica più che tutte le creature corporali non fanno. Questa riceve i tesori della sua grazia. Questa è ritratto di Dio, specchio della sua bontà, mostra delle sue perfezioni e consorte e partecipe della sua divina natura.
Che se in ciaschedun Santo è così meraviglioso il Signore, quanto meraviglioso sarà in tutti i santi insieme? Qual gloria resulterà al suo santo nome d’un numero innumerabile di Santi che dal principio del mondo infino a quest’ora sono fioriti nella sua Chiesa? Qual lode avrà dal Santo dei Santi Gesù Cristo, Dio e uomo Redentor nostro? Dalla Regina degli Angeli, sua benedetta Madre? Da San Giovanni Battista, suo Precursore? Da quel collegio dei dodici pescatori e predicatori del suo Vangelo che conquistarono il mondo? Da quell’esercito copiosissimo e fortissimo di Martiri? Da quella scuola di tanti tanto illustri e sapientissimi Dottori? Da una moltitudine di Confessori, umili e solitari penitenti che parevano Angeli in carne mortale? Da un coro di Vergini purissime che per non macchiare la lor purità offersero le for vite al coltello? Dalla compagnia delle maritate di ogni condizione, di persone che presero per regola la legge di Dio, aggiustarono le vite e costumi loro alla sua volontà?
I quali Santi sono stati tanti in numero che non si posson contare più che le stelle del Cielo o le gocciole della pioggia o la rena del mare. Questi Santi sono la famiglia di questo gran Padre, il gregge di questo sommo Pastore, il Regno di questo Re e Prencipe supremo; e sono squadrone invincibile contra le porte infernali, scuola di vera divina sapienza, ornamento del Cielo, gloria della terra, conforto dei giusti, esempio e riprensione dei peccatori. Di maniera che sì come il Sole oscura con la sua luce la chiarezza delle stelle, uscendo lui quelle si ascondono, cosi tutta la bellezza e disposizione di tutte le creature corporali si dilegua e sparisce se si paragona con la bellezza, con lo splendore, con la grazia dei Santi nei quali, più che in tutte quelle, è ammirabile, onorato, glorificato il Signore.
Per questa cagione principalmente si devono scriver le vite dei Santi, e per la gloria che da essi ridonda in quello che Santi li fece, e li arricchì di tanti doni e di grazie sì singolari; e di più per i molti beni che quindi seguono a tutta la Chiesa, cosi Trionfante come Militante. Perché primieramente è cosa molto dovuta che noi onoriamo, serviamo quelli che seppero così bene onorare e servire il Signore; e che accresciamo la gloria accidentale di quelli che sempre ebbero l’occhio e il pensier raccolto a propagar la gloria di Dio. E poscia che il medesimo Iddio onora quelli che onorano lui, come disse il Salvatore, è ben giusto che gli uomini onorino quelli che fono onorati da Dio.
Riguardando a questo obbligo tanto dovuto disse il Real Profeta: Mihi autem nimis honorificati sunt amici tui, Deus. Signore, l’anima mia e il mio cuore onora sopra moda gli amici vostri. E in un altro salmo ci esorta a lodare il Signore nei suoi Santi. E parimenti cosa giusta, molto utile, che noi domandiamo favore e aiuto ai nostri fratelli e ai vittoriosi e sicuri, acciocché per le preghiere e intercessioni loro, arriviamo al tranquillo porto al quale essi arrivarono, e siamo partecipi delle corone e de trionfi loro. E medesimamente è di grandissima gloria di tutta la Chiesa Cattolica il sapersi gl’innumerabili e illustri figliuoli che ella ha avuto. Perché se un solo figliuolo onorato è bastante ad onorare tutta una famiglia, che cosa faranno tanti e si segnalati figliuoli con la Madre loro?
Oltre a ciò, è un forte scudo, una sicura difesa contra gl’infedeli che la combattono e un martello e una spada contra gli eretici, gli errori dei quali non si convincono meglio con cosa alcuna che con gli esempi dei santi. Perché è più eccellente modo d’insegnare, l’insegnar con opere che con parole; e le opere dei Santi sono sante o contrarie in tutto e per tutto alle impertinenze e alle assurdità degli eretici. Onde per convincerli e interpretar le cose dubbiose e i luoghi difficili della sacra scrittura è gran luce la vita e l’esempio dei Santi: ché per questo san Girolamo disse: Vita Sanctorum interpretatio est scripturarum. E Sant’Agostino dice che le sacre lettere non solamente trattano dei comandamenti di Dio, ma ancora delle vite e dei costumi dei Santi, acciocché dubitando noi come si debba intendere quello che comandato ci viene, l’intendiamo per quello che fecero i Santi. Adunque che altro sono per noi le vite dei Santi fuorché un ritratto e uno specchio, il quale sempre dobbiamo aver dinanzi ai nostri occhi per mirare in essi i vizi e difetti nostri, e correggerli? e le eroiche virtù loro per svegliar la nostra tepidezza e per imitarle?
Per tutti questi rispetti celebra la Santa Chiesa le memorie dei Santi con tanta sollecitudine e con tanta pietà, e procurò sempre che si scrivessero le vite con le morti dei Martiri.
Ed è ciò manifesto per i sette Notari istituiti da San Clemente Papa e Martire, discepolo dell’Apostolo San Pietro per raccogliere i fatti dei Martiri; o per i sette Diaconi &e sette Suddiaconi aggiunti ai sette Notari da San Fabiano, Papa Martire, acciocché il tutto si facesse con maggior certezza e autorità; e di quanto scrivevano si faceva parte al Sommo Pontefice acciocché egli l’esaminasse, l’approvasse e custodisse negli Archivi della Chiesa Romana, come eleggiamo aver fatto Sant’Antero, Papa Martire. Né solamente la Chiesa Romana, la quale è capo e maestra delle altre usò questa diligenza, ma le altre ancora la imitarono in ciò.
Testo raccolto da Giuliano Zoroddu
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