François Duquesnoy, Sant’Andrea, 1629-1633, Basilica di San Pietro in Vaticano
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Nella notte che precede il 30 Novembre.
MESSA VIGILIARE DI SANT’ ANDREA APOSTOLO
Stazione alla basilica di sant’Andrea “kata Barbara Patricia”
sull’Esquilino.
Questa notte, con ogni probabilità la stazione era sull’Esquilino, nell’antica aula di Giunio Basso, dedicata a sant’Andrea da papa Simplicio.
Una tradizione liturgica medievale fa cominciare l’annuo ciclo ecclesiastico, invece che alla vigilia di Natale, come nei più antichi Sacramentari Romani, colla prima domenica d’Avvento. Anche Roma finì per adottare questo tardo computo; onde la prima festa che oggi si trova descritta nel Messale, è quella appunto di sant’Andrea, siccome la più vicina all’inizio del sacro Avvento.
Questa data del 30 novembre è quella della morte dell’Apostolo, quale risulta dalla sua Passio; laddove quella del 2 febbraio segnata dal Geronimiano, si riferisce invece al suo ministero evangelico a Patras: «Ordinatio episcopatus sancii Andrene in Patras». Sant’Andrea riscuoteva nell’Urbe un culto intenso, introdotto in Roma per la prima volta da papa Simplicio, ma che san Gregorio Magno contribuì in seguito a popolarizzare assai, quando cioè, alla morte del padre, egli converti la propria casa ad clivum Scauri, a cavaliere della via Appia, in un cenobio di monaci intitolato appunto a sant’Andrea. E’ assai probabile che, di ritorno dalla sua legazione a Costantinopoli in qualità d’apocrisario papale, san Gregorio, secondo la tradizione, abbia arricchito la sua basilica monasteriale di una insigne Reliquia delle ossa del suo Titolare. Il certo si è, che nel secolo vii l’Apostolo, a preferenza del suo santuario sull’Esquilino, era venerato nel monastero del clivo di Scauro, dove operava dei frequenti prodigi. San Gregorio nelle sue lettere si compiaceva di riferire ai suoi lontani corrispondenti e benefattori della sua monastica fondazione questi miracoli, e li incitava a sempre maggior devozione verso l’abbazia dedicata al più antico dei membri dell’Apostolico senato.
La circostanza che sant’Andrea era fratello di Pietro, fece sì che papa Simmaco edificasse appunto presso la basilica vaticana un oratorio intitolato a sant’Andrea. Avveniva così che nell’alto medio evo i pii romei che dalle più lontane parti del mondo si conducevano a Roma, dopo d’essersi prostrati innanzi al sepolcro di san Pietro, solevano condursi ad offrire i loro omaggi anche a colui che la liturgia romana esaltava siccome: Germanus Petri et in passione socius.
Altre basiliche in onoro del Santo sorgevano in varie parti della città, tanto che nel medio evo si avevano in Roma almeno quaranta tempi a lui dedicati. Queste circostanze locali contribuirono soprattutto a rendere assai celebre la festa di sant’Andrea nella capitale del mondo cristiano.
Sin dal secolo IV vi si premetteva il digiuno con una solenne vigilia notturna; anzi, il Sacramentario Leoniano, oltre la messa vigiliare, già contiene altre tre messe in suo onore, in cui ripetutamente si fa risaltare il concetto che il Santo, oltre ad essere fratello di Pietro, era stato suo emulo anche nella gloria del martirio sofferto su d’una croce. Verosimilmente, queste messe leoniane, o rappresentavano elementi di ricambio, o erano destinate alle diverse sinassi che si celebravano allora nei vari santuari romani dedicati a sant’Andrea.
Il più antico liber comes romano contenuto nel codice di Wurtzburg più volte menzionato, tanto per la vigilia come per la festa di sant’Andrea assegna alla messa una doppia lezione, appunto come nei giorni più solenni dell’anno; ed il Sacramentario Gregoriano già contiene le collette vespertine e mattutinali per l’Ufficio del santo Apostolo, tanto da autorizzarci a concludere che questa festa in Roma era annoverata tra le più solenni del ciclo liturgico.
Giusta l’Ordo romano di Benedetto canonico, nel secolo XII il Papa nel pomeriggio della vigilia di sant’Andrea si recava in Vaticano con tutta la sua corte, ed ivi nell’ oratorio del Santo celebrava i vesperi e l’ufficio notturno: il tutto come nella vigilia di san Pietro.
L’ufficio dell’aurora si compiva bensì: ad fratrem eius, cioè presso la tomba di san Pietro, come di consueto; però la messa stazionale era nuovamente celebrata sull’altare di sant’Andrea. La basilica era sfarzosamente illuminata, ed il prefetto della città dopo il divin Sacrificio doveva imbandire al Pontefice e a tutta la curia un solenne banchetto.
La messa vigiliare di sant’Andrea, quale c’è stata tràdita nei Sacramentari del secolo VIII, rappresenta tuttavia una mitigazione dell’antico rito romano della pannuchis. Invece delle originarie dodici lezioni seguite poi subito dall’anafora consacratoria che si recitava allo spuntar dell’alba, noi qui abbiamo semplicemente il solito tipo di messa romana, con le consuete tre lezioni dell’Antico e del Nuovo Testamento. Questa messa vigiliare però, quando veniva celebrata? Nella mattina stessa di sant’Andrea, dopo il consueto canto dell’ufficio mattutinale? E’ probabile che cosi sia stato prima del VII secolo, giacché in seguito, nei Sacramentari cioè della tradizione di Adriano I, questa messa vigiliare procede, come anche adesso, gli uffici vespertini che iniziano la solennità dell’Apostolo.
Carlo Dolci, S. Andrea apostolo dinanzi alla croce, 1631 circa, Palazzo Pitti, Firenze
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L’antifona per l’entrata del corteo papale nel sacro tempio, è tolta dal testo evangelico di san Matteo che si leggerà domani alla messa solenne. La liturgia Romana ci tiene a far rilevare questa notte il nesso indissolubile che unisce i due pescatori del lago di Genesaret. Pietro ed Andrea, legati fra loro coi più stretti vincoli del sangue; come Gesù li associò alla gloria dell’apostolato, così li volle partecipi d’una identica trionfale confessione della fede Evangelica, che essi suggellarono col supplizio della croce. Neppur la morte può separare i due fratelli. La basilica vaticana che conserva gelosa l’avello del primo Vicario di Cristo, custodisce altresì il capo venerando dell’Apostolo Andrea. Questa sacra Reliquia si venerava altra volta a Bisanzio; ma quando la capitale d’Oriente cadde in potere di Maometto II, il prezioso tesoro per mezzo del cardinale Bessarione venne portato in salvo a Roma. Pio II, con un corteo magnifico di cardinali e di prelati, mosse incontro all’antico vescovo greco di Nicea che portava la sacra Reliquia sino al ponte Milvio; di là la trionfale processione, attraverso i prati Neroniani, mosse al maggior tempio della Cristianità, dove il capo di sant’Andrea adesso è custodito in una speciale cappella eretta al sommo d’uno dei quattro giganteschi pilastri della cupola. Però, ancor oggi un’edicola in onore di sant’Andrea sulla via Flaminia, ricorda il luogo preciso dove Pio II ricevé dalle mani di Bessarione il capo dell’Apostolo. Era l’oriente cattolico che veniva a riparare a Roma, per non cader vittima dello scisma e della mezzaluna [vedi l’articolo “Il Capo di Sant’Andrea a Roma“].
Bartolomé Esteban Murillo, Martirio di sant’Andrea, 1675-1682, Madrid, Museo del Prado
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Intr. Matt. IV, 18: «II Signore presso il mare di Galilea vide due fratelli, Pietro e Andrea, e li chiamò: venite alla mia sequela e vi farò divenire pescatori d’uomini». Segue il salmo 18: «I cieli narrano la gloria di lahvè, e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani», ℣. «Gloria».
Nella Preghiera imploriamo la mediazione dell’Apostolo, perché tolto di mezzo il peccato, possiamo riuscir superiori a tutte le insidie del nemico:
«Ti preghiamo, o Dio onnipotente, perchè il beato apostolo Andrea, del quale preveniamo la festa, c’implori il tuo aiuto; onde, ottenuto il perdono di tutti i peccati, possiamo altresì scampare a tutti i pericoli. Per il Signore».
Nelle antiche listo lezionari, la vigilia di sant’Andrea ha sempre una doppia lettura; quella dell’Antico Testamento è tratta dal Libro dell’Ecclesiastico c. XXXI, oggi assegnata alle messe dei semplici Confessori; l’altra del Testamento Nuovo, è il protocollo dell’Epistola di san Paolo agli Efesini. In seguito, questo antico rito della doppia lettura disparve, e nell’odierno Messale la lezione vigiliare è quella comune a tutte le vigilie degli Apostoli. Il passo è derivato dall’Ecclesiastico, là dove si tesse l’elogio di Isaac, di Mosè e di Aaron.
Questo triplice encomio s’adatta mirabilmente a sant’Andrea. Come Isaac simboleggiò l’erede delle promesse messianiche fatte ad Abramo, così i santi Apostoli rappresentano le primizie dello Spirito, che dal mistico capo. Gesù Cristo, si trasfondono in tutto il corpo della Chiesa. Mosè ed Aaron raffigurano tipicamente la doppia potestà legislativa e pontificale, di cui vennero insigniti i Dodici.
Eccli. XLIV, 25-27; XLV, 2-4 e 6-9: « La benedizione del Signore sul capo del giusto. Perciò Iddio gli concesse l’eredità, donandogli la sua parte tra le dodici tribù. Egli trovò grazia innanzi a tutta l’umanità. Iddio lo fece grande e temuto dai nemici; colla parola sua ammansì le fiere selvagge. Lo glorificò alla presenza dei re, gl’impartì i suoi ordini al cospetto del suo popolo, e gli svelò la sua maestà. Lo santificò per mezzo della fede e della sua docilità, e lo prescelse fra tutti. Gli impartì svelatamente i suoi precetti, gli diè la legge della vita e del bel fare, e lo sublimò. Strinse con lui un eterno patto, e lo cinse ai fianchi d’un cingolo di santità, coronandolo d’un serto di gloria».
Nelle messe vigiliari non si canta né il tratto, né il verso alleluiatico, melodie che in origine erano esclusivamente riservate allo messe festive o domenicali. Invece, si dice il responsorio graduale tratto dal salmo 138. Veramente, il versetto nel suo testo originale tratta degli intimi consigli di Dio, e non ha molto a vedere cogli Apostoli; siccome però nella versione latina questi intimi sono divenuti gli amici, cosi sin da antico il salmo è stato riservato a celebrare le glorie dei primi discepoli del Salvatore.
Resp. Grad. «I tuoi intimi consigli, o Dio, quanto sono degni di rispetto, quanto grande è la loro efficacia».
℣. «Enumerandoli, sono assai più delle arene del mare».
La lezione evangelica (Giov. t, 35-51) narra della vocazione di Andrea e dei primi seguaci di Gesù all’apostolato. Natanael di cui qui si parla, con ogni probabilità è Bartolomeo, che Gesù convertì all’Evangelo scoprendogli gli occulti desideri del cuore. La circostanza «cum esses sub ficu» cui si riferisce il Salvatore, è rimasta nascosta agli interpreti; voleva forse Gesù alludere a qualche ardente preghiera o voto messianico emesso da Natanael, mentre nella solitudine della campagna, all’ombra d’una ficaia, s’intratteneva con Dio nella preghiera? Ad ogni modo, quello che emerge chiaro dalla narrazione evangelica, si è la rettitudine di spirito dei primi chiamati dal Salvatore all’apostolato, la loro generosità nel corrispondere all’invito e la serietà del loro proposito. Essi non sono degli entusiasti, che si lascino attrarre dall’aura di popolarità che già circonda il giovane Rabbi di Nazaret. E’ gente che ragiona, che muove obbiezioni, che vuol rendersi conto della divinità della sua missione. Essi finalmente s’arrendono alla verità ed all’evidenza dei segni coi quali Gesù dimostrava la propria divinità; essi credono, e quel primo atto di fede orienta definitivamente tutta la loro vita ulteriore, senza esitazione, senza rimpianto. Essi credono, e la loro missione apostolica in altro non consiste, che nel rendere a tutto il mondo testimonianza della loro fede.
Il verso offertoriale deriva dal salmo 8: «Tu, o Signore, l’hai coronato di gloria e d’onore, e l’hai posto a capo di tutte le tue creature».
Questa veramente è la prerogativa del Cristo, primogenito della creazione, ma si applica pure bellamente agli Apostoli, siccome le colonne fondamentali della Chiesa.
Nella preghiera che fa da introduzione all’anafora, pei meriti di sant’Andrea dimandiamo d’essere affrancati dal peccato: «Ti presentiamo o Signore, quest’ostia perchè a te sia consacrata: fa, di grazia, che celebrando noi la solennità del beato apostolo Andrea, possiamo altresì implorare che lo anime nostre vengano purificate dal peccato».
A questa notte il Sacramentario Gregoriano assegna il seguente prefazio: « … aeterne Deus; et maiestatem tuam suppliciter adorare, ut qui beati Andreae apostoli festum solemnibus ieiuniis et devotis praevenimus officiis, illius apud maiestatem tuam et adiuvemur meritis et instruamur exemplis, per Christum…».
Il verso che s’intercala al salmo 18 per la Comunione, è tolto dalla lezione del Vangelo di san Giovanni: «Andrea dice a suo fratello Simone: Abbiamo ritrovato il Messia, quegli che dicesi il Cristo. E lo condusse a Gesù». Andrea inizia subito il suo apostolato e conduce al Salvatore suo fratello Simone. Cosi dobbiamo fare ancor noi. L’amore che ci lega al prossimo, vuole che noi gli procuriamo il bene divino, quello cioè che è l’unico vero bene desiderabile.
Nella colletta imploriamo gli effetti medicinali della divina Eucaristia, cosi che essa si trasformi in noi in antidoto contro il virus mortifero che, triste morbo ereditario, serpeggia nel sangue di tutti i disgraziati figli d’Adamo.
«Dopo d’aver partecipato al Sacramento, ti preghiamo umilmente, o Signore, affinché, intercedendo per noi il tuo beato apostolo Andrea, quanto ora compiamo nella ricorrenza del suo martirio, ci sia come una proficua medicina dell’anima. Per il Signore».
Andrea è l’entusiasta panegirista e l’apostolo della Croce. Alla scuola austera di Giovanni Battista, egli ha imparato troppo bene che tutti noi dobbiamo abbassarci ed annientarci innanzi allo Sposo Divino, e quanto meglio ci annienteremo, tanto più s’innalzerà Gesù e sarà glorificato in noi. Non c’ è guadagno migliore a fare in questo mondo, quanto il darci tutti, il sommergerci nel pelago infinito dell’amore di Gesù, affinché Egli sia tutto in tutti, e noi ricuperiamo tutto in Lui.
(Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster OSB, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. VI, La Chiesa Trionfante (Le Feste dei Santi durante il ciclo Natalizio) (terza tiratura), Torino-Roma, 1930, pp. 64-69)