Sintesi della 627° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di Coronavirus, preparata nella festa di Sant’Andrea apostolo e postata nel giorno di Santa Bibiana. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

“Contestazioni contestabili” è un breve saggio di padre Danielou, uscito per la Rusconi con una prima edizione che risale al 1970; è un saggio che si pone come approfondimento delle riflessioni contenute in un’ altra opera del nostro teologo, ” La fede cristiana e l’ uomo di oggi”, per cui non è possibile leggerlo a prescindere da un orizzonte di continuità rispetto a quest’ ultima opera, una delle più celebri (1).

E’ possibile considerare compiuta la critica di padre Danielou a quella dissoluzione morale, quel ” disordine costituito”(come egli la definisce) che ha preso piede nella temperie postconciliare e ha proseguito poi in caduta libera sino a manifestare oggigiorno i suoi sintomi apicali?

Contestazione sessantottina e “Concilio Vaticano II” vanno considerati due capitoli a parte, come padre Danielou è propenso a ravvisare? Non sono forse riconducibili in ultima analisi a una comune direttrice, il cui esito ultimo è la dissoluzione contemporanea? Sono aporie cui cercherò di fornire risposta nella presente conferenza nella maniera più esaustiva possibile

Di seguito, la disamina di alcuni di questi ingredienti del ” disordine costituito”, denunciato da padre Danielou. Per quanto concerne le sorti del ” cristianesimo”, il nostro teologo, con pathos non dissimile da quello di Charles Peguy, ravvisa la piaga peggiore della società non tanto nel fatto che essa sia costituita da ” cattivi cristiani”, quanto piuttosto che essa è ormai avviata a mettere tranquillamente da parte la Trascendenza, cifra costitutiva del cristianesimo. In altri termini, la sentenza pronunciata dalla storia sarebbe nel post-moderno quella di una completa secolarizzazione del cristianesimo.

L ‘insipiente Teologia della Morte di Dio pretende di poter recepire l’Avvenimento cristiano solo nella misura in cui parli un linguaggio comprensibile all’ umanità matura(2); solo nella misura in cui si pieghi alle istanze mondane e a quelli dei potenti della terra; solo nella misura in cui accetti di piegarsi alla legge dell’ evoluzionismo, che di fatto appiattisce il cristianesimo in una forma di umanesimo più evoluto di quelle precedenti (3).

A tal guisa la morale cattolica è ridotta a filantropia a buon mercato.

OSCURAMENTO DELL’INTELLIGENZA

La maggior parte dei ” cristiani di oggi”, lamenta Padre Danielou, riducono il Fatto Cristiano ad erlebnis, a mero emotivismo, ritenendo che sia bastevole “presentare un volto più simpatico per dimostrare l’ esistenza di Dio”.

Come per Michele Federico Sciacca, anche per Padre Danielou, l’intelligenza sembra destinata all’ oscuramento; nell’ orizzonte pantecnicistico posy-moderno, trionfa indiscusso il primato della prassi sulla contemplazione, sul momento della preghiera e dell’ adorazione.

L’ assunto aprioristicamente e acriticamente accettato dal pantecnicismo, per nulla dimostrato apoditticamente, è che ciò che viene dopo sia necessariamente migliore rispetto al passato e alla tradizione; nell’ orizzonte del primato della prassi, non è più possibile concepire un Logos permanente, dal momento che tutto è transeunte, a tal guisa il reale inevitabilmente perde ogni cifra di intellegibilità.

SECOLARIZZAZIONE E IDOLATRIA

Il post-moderno è segnato, secondo Padre Danielou, dall’onnipervasivita’ della concezione materialista del reale sia nella sua declinazione individualista, che in quella marxista secondo cui “l’umanità si autocrea trasformando le condizioni esterne della sua esistenza, e sostiene che la norma del bene e del male non risiede nella volontà di Dio, ma nel movimento della storia”(4).

A tal guisa, l’uomo diventa ” demiurgo dell’uomo”, e una volta accantonata la dimensione della Trascendenza le ideologie terrene divengono oggetto di idolatria. È peculiare di questo contesto di secolarizzazione il fatto che, da parte dei cristiani stessi, il ruolo della Chiesa venga circoscritto alla ” giurisdizione sullo spirituale” e venga rifiutata in politica ogni legge che prescinda dal perimetro del movimento della storia o dall’ “interesse della classe in ascesa”.

Padre Danielou consente con Augusto del Noce (5) sul fatto che nell’orizzonte del pragmatismo radicale i valori morali perdono quel carattere di assolutezza e metatemporalità che possiedono in una civiltà dominata dal primato della contemplazione; la visione pan-pragmatista non affida al pensiero e ai valori che una funzione puramente ” espressiva” ed soprastrutturale rispetto all’ ” infrastruttura sociologica” in cui risiede la realtà.

Il pan-pragmatismo mena dritto al relativismo e all’ indifferentismo morale.

CRiTICA DELLA CONTESTAZIONE DEL 68′

A partire da una condivisibile critica dell’ atteggiamento eccessivamente paternalistico e autoritario di non pochi docenti universitari, la contestazione del 68′ è culminata nella pura dissacrazione di ogni valore metafisico, nella dissociazione del concetto di libertà da quello di autorità, nel rifiuto “tout court” del concetto stesso di autorità.

A un orizzonte di civiltà tradizionale e puritana che poneva al centro la Persona, soggetto di doveri innanzitutto e non già di diritti, orientata alla produzione, si è sostituito un orizzonte dominato nel post-sessantotto dal primato dell’ “homo ludens”. Egli non è più orientato alla produzione, ma al consumo illimitato, si concepisce non à come subordinato a doveri, ma esclusivamente come fruitore di diritti indirizzati nella temperie dominata dall” onnipervasivita’ dell’ effimero non tanto alla soddisfazione di bisogni materiali finiti, quanto di desideri illimitati, inesauribili, aventi come oggetto non già beni necessari, ma capricci superflui.

A seguito di questa espunzione del concetto stesso di autorità, lo studente mira insipientemente all’ autodidattica e all’ autoeducazione….a detrimento di ogni possibile comunicazione (segnatamente nelle materie umanistiche e filosofiche) tra studente e docente, il quale altro non potrà fare che l’impotente spettatore dello psicodramma dello studente (6).

Poderosa è altresì la critica di Padre Danielou all’ Esoterismo e allo gnosticismo, la cui insipienza idolatrica, che pure si ammanta di saggezza, non è inferiore a quella di tutte le ideologie secolari.

Lo gnosticismo, tramite la tecnica del “solve et coagula”, appiattisce sullo stesso piano tutte le religioni dogmatiche e rivelate; ritiene infondata mente che la Salvezza sia questione di ascesi e non già di Fede, Adorazione, Invocazione della Grazia Santificante.

Infatti lo gnostico riconduce il male morale a cattiva ed erronea conoscenza e non già alla volontà umana deteriorizzata dalla ferita del Peccato Originale (7). La corretta illuminazione speculativa per sé stessa sarebbe sufficiente a discernere il bene dal male, atto speculativo e atto salvifico si identificherebbero nell’ ottica gnostico- esoterica.

È d’ uopo valorizzare il messaggio di enorme attualità della critica all’ esoterismo di Padre Danielou; dal momento che, come attestano anche le comunque approfondite ricerche del noto studioso liberale Massimo Introvigne, la contemporanea temperie di appiattimento edonistico e materialistico dell’ esistenza, al contempo è segnata dal pullulare di sette esoteriche di ogni sorta.

La condivisibilissima opera “destruens” del progressismo cattolico che Padre Danielou svolge nella prima sezione della sua opera ” Contestazioni contestabili” rischia di essere, almeno in buona parte, vanificata dalla sua valutazione ingenuamente positiva del “Concilio Vaticano II”, in cui peraltro egli è portato a ravvisare un’ “ermeneutica della continuità nella tradizione”. Riporto per esteso questo passo: “il Concilio Vaticano II , sviluppando gli insegnamenti dei papi, da Pio XI e Pio XII a Giovanni XIII e a Paolo VI, nella costituzione Lumen Gentium e in varie dichiarazioni ha sottolineato la partecipazione attiva di tutti i cristiani alla crescita del popolo di Dio. Siamo certamente di fronte a un cambiamento importante nelle abitudini sia del clero che del laicato”(8).

In buona sostanza, padre Danielou crede di ravvisare nella svolta conciliare la possibilità, a mezzo di una partecipazione attiva dei fedeli, di una maggior ” democratizzazione” del corpo ecclesiastico, per quanto trapeli nel corpo della sua opera la volontà di prendere le distanze dalla dicotomia monarchia-democrazia in relazione alla concezione dell’ istituzione ecclesiastica; e per quanto padre Danielou insista sulla necessità di rispettare la gerarchia e la conservazione di un corpo centrale forte in senso all’ istituzione ecclesiastica stessa (9).

Padre Danielou salutò inoltre come bollettino di progresso una serie di “innovazioni” apportate dal Vaticano II: una maggior semplicità nelle cerimonie, l’ adozione delle lingue nazionali nel “novus ordo”, la realizzazione di un dialogo tra celebrante e assemblea dei fedeli, l’ assegnazione ai laici di funzioni spettanti nel ” vetus ordo” esclusivamente ai sacerdoti, ovvero la lettura dell’ Epistola e la Celebrazione dell’ Eucarestia. Il guadagno importantissimo conseguito dalla riforma liturgica conciliare consisterebbe nell’ elevazione del ruolo del fedele, ora non più spettatore passivo ma attivo partecipante alla celebrazione liturgica. Ancora: il Concilio Vaticano II avrebbe stimolato un maggior interesse agli studi teologici da parte​ dei laici, nonché posto le basi per un futuro attivo coinvolgimento dei laici nella catechesi.

Chi scrive trova largamente discutibile la valutazione di padre Danielou, secondo cui il ruolo dei fedeli durante la celebrazione liturgica fosse passivo nel Vetus ordo e trova altrettanto discutibile che il fine della celebrazione liturgica stessa sia quello di soddisfare le esigenze dei fedeli…il suo fine ultimo è infatti l’ adorazione di Nostro Signore Gesù.

Padre Danielou passa infine sotto silenzio gli oggettivi stravolgimenti dottrinali  apportati dalla riforma conciliare, che, a suo giudizio, non comporterebbero soluzione di continuità rispetto al Magistero ecclesiastico tradizionale

È d’ uopo conservare e fare tesoro dei momenti di verità contenuti nelle pagine di ” la Fede cristiana e l’ uomo di oggi” e di ” Contestazioni contestabili”; già intorno agli anni settanta la secolarizzazione del cristianesimo è un fatto compiuto, dando l’ impressione di confondersi tout court con uno stadio più evoluto dell’ umanesimo; il modernismo cattolico ubbidisce perfettamente alle leggi dell’ evoluzionismo, si piega al verdetto della storia, viene circoscritto in un’ etica puramente filantropica, da cui sono progressivamente espunti la Grazia Santificante, la dottrina del Paradiso e dell’ Inferno, il concetto di Peccato.

Padre Danielou ci offre della cultura sessantottina una valutazione diametralmente opposta rispetto al Concilio Vaticano II, quasi che necessariamente i due processi debbano essere considerati capitoli differenti e non correlati; il teologo fornisce una valutazione schiettamente negativa del Sessantotto, mentre ravvisa fermenti salutari e positivi nell’ opera riformatrice del Concilio.

Pur teologo acuto e di vastissima erudizione, padre Danielou non ha intuito l’ intima correlazione e l’ orizzonte comune di questi due eventi vicini nel tempo e in entrambi ha agito la longa manus della sovversione Satanica, dissolutrice della Tradizione; lo “spirito del Concilio” , in cui in nuce consistono i germi di quella dissoluzione e di quell’ ecumenismo sinarchico che attualmente ha conseguito il momento apicale, è la soprastruttura teologica del processo culturale del Sessantotto.

Tanto il primo ha inaugurato la dissoluzione teologica, quanto il secondo ha incentivato la disgregazione morale, l’ anarco_libertarismo nel costume allo stato puro. “Spirito del Concilio” e Sessantotto sono stati in ultima analisi processi funzionali all’ assetto di una neoborghesia antitradizionalista, amorale, cosmopolita, mondana, ebbra di consumismo, cultrice delle maschere, dell’ apparenza e indifferente alla Vita buona.

La critica in pagine di intramontabile bellezza che padre Danielou ha dedicato alla dissoluzione modernista rimane comunque incompiuta, dal momento che egli non è risalito al fondamento primo della temperie di dissolvimento.

Cari amici di Radio Spada e della Comunità Antagonista Padana, buona lettura!

Note:

(1) ricordiamo inoltre la fondazione della collana ” Sources Chretiennes” e l’ impegno, assieme ad altri teologi della “Nouvelle Teologie”,alla preparazione del Concilio Vaticano II. Per quanto Padre Danielou abbia rivendicato la libertà di ricerca in teologia, nonché l’ autonomia del campo delle scienze profane da quello della teologia, ha preso posizione contro tutte le tesi ardite, in contrasto con la Rivelazione. Non ha tuttavia messo in discussione la legittimità dell’ adozione del metodo storico- critico che la Nouvelle Teologie ha sostituito a quello scritturale

(2) cfr.Jean Danielou, Contestazioni contestabili, Rusconi, Milano,p.22.

È proprio del modernismo ” adattare il cristianesimo al linguaggio dell’ uomo d’ oggi”, adducendo il pretesto della “non comunicabilità” di dogmi quali Rivelazione, Transustanziazione,etc

(3) cfr. Jean Danielou, Contestazioni cit…p.13

(4) cfr.Jean Danielou, op.cit,p.12

(5) cfr. Augusto del Noce, i cattolici e il progressismo, Leonardo, Milano, 1994,p.122 per lo strumentalismo, posizione che si configura nel positivismo, nel marxismo, nell’ evoluzionismo in generale, la ragione e lo spirito non hanno alcuna origine metafisica ndipendente e i valori morali non sono che epifenomeni di un’ infrastruttura materiale

(6 )cfr. Jean Danielou, op.cit, p.37

(7) cfr. Jean Danielou, op.cit, p.12

(8) cfr. Jean Danielou,op.cit, p.59

(9) cfr. Jean Danielou,op.cit,p. 69-70