di Giuliano Zoroddu
Nato a Roma il 31 dicembre 1540, fu fin da piccolo un “miracolo di natura” per le notevoli capacità intellettuali. Improvvisava brillantemente versi e musiche, e divenne famoso presso le varie corti cardinalizie e patrizie dell’Urbe, meritandosi il soprannome di “Poetino”. Proprio durante una di questa sue esibizioni fu notato dal cardinale Ottone di Truchses, il quale volle personalmente provvedere alla educazione dell’enfant prodige. Nel 1555 Ercole II d’Este, duca di Ferrara, lo porta con sé a corte dove rimase fino al 1559. Durante la permanenza prese parte a vari incontri diplomatici e conseguì i gradi accademici in utroque iure, sempre seguitaando lo studio dei classici e diventando sempre più famoso fra i letterati italiani per le sue innate doti poetiche e musicali. Tornato in patria, Pio IV, al quale aveva profetizzato il papato improvvisando versi durante un banchetto del cardinale Francesco Pisano, lo nominò segretario di suo nipote, il cardinale Carlo Borromeo, allora segretario di stato; e, nel 1564, vicerettore della Sapienza. Nel 1565 seguì il Borromeo a Milano, ma fece presto ritorno a Roma. Qui, sotto la direzione spirituale di Filippo Neri, maturò una forte vocazione alla vita ecclesiastica. Così, il 12 giugno 1568 ricevette l’ordinazione sacerdotale. Nel gennaio dello stesso anno papa Pio V gli aveva conferito la carica di Segretario del Sacro Collegio che mantenne fino al 1592. Erede riconosciuto di Bembo e Sadoleto, alla sua fenomenale facondia fu affidato il discorso ufficiale in svariate occasioni, tra cui i festeggiamenti ufficiali della vittoria di Lepanto, la dieta di Ratisbona del 1576, e ancora la proclamazione dell’unione dei Ruteni alla Chiesa Romana nel 1595. Per lo stesso motivo, Gregorio XIII lo fece membro della commissione per la correzione del Martirologio Romano; Sisto V gli affidò la composizione delle epigrafi latine per i numerosi monumenti ed edifici interessati dal suo rinnovamento urbanistico; Gregorio XIV lo impiegò per la stesura delle sue lettere; e infine Clemente VIII lo nominò Segretario dei Brevi. Questo stesso Pontefice lo elevò alla porpora nel 1599. Carico di meriti, morì nella sua Roma il 16 agosto 1603. Il suo corpo fu sepolto nella cappella della Natività di Santa Maria in Vallicella. Gli oratoriani ricevettero in eredità gran parte della sua biblioteca, un vero tesoro di cultura classica ed ecclesiastica, che ben rende l’idea della vastità della dottrina dell’Antoniano, cui lo stesso Tasso sottopose la sua Gerusalemme liberata. Un’autorità riconosciuta anche nel campo della pedagogia. L’opera infatti che più ne eternò il nome è infatti il trattato Dell’educazione cristiana e politica dei figliuoli in tre libri del 1584: “Il fine di quest’opera non sarà già di scrivere semplicemente sull’educazione politica, in quanto essa riguarda la felicità umana, considerata dai filosofi; ma sarà piuttosto quello di scrivere sull’educazione cristiana, la quale è ordinata e diretta alla somma e perfetta felicità celeste. Laonde in questo trattato il fanciullo verrà più principalmente considerato come cristiano, che come uomo ed animale sociabile, è più come appartenente alla città di Dio, che come cittadino e parte di repubblica terrena; sebbene ancora a questo si avrà il dovuto riguardo” (I, 11). Pio XI, quasi quattrocento anni dopo, nella Divini illius Magistri (31 dicembre 1929), lo definirà “aureo” e lo indicherà ancora come un testo di riferimento per l’educatore cattolico.
Dall’enciclica Divini illius Magistri di Pio XI
L’educazione della gioventù è appunto una di tali cose, che appartengono alla Chiesa e allo Stato “benché in modo diverso”, come abbiamo sopra esposto. “Deve dunque – prosegue Leone XIII – fra le due potestà regnare una ordinata armonia, la quale coordinazione non a torto viene paragonata a quella per cui l’anima e il corpo nell’uomo sì associano. Quale e quanta essa sia, non si può altrimenti giudicare se non riflettendo, come dicemmo, alla natura di ciascuna d’esse con riguardo alla eccellenza e nobiltà del fine; essendo all’una prossimamente e propriamente demandato di curare l’utile delle cose mortali, all’altra invece di procurare i beni Celesti e sempiterni. Tutto ciò pertanto che v’ha nelle cose umane di, in qualche modo, sacro, tutto ciò che si riferisce alla salute delle anime e al culto di Dio, sia esso tale per sua natura o tale si consideri in ragione del fine cui tende, tutto ciò sottostà al potere e alle disposizioni della Chiesa; il resto, che rimane nell’ordine civile e politico, è giusto che dipenda dalla civile autorità, avendo Gesù Cristo comandato di dare a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio” (Enc. Immortale Dei). Chiunque ricusasse di ammettere questi principi e quindi di applicarli alla educazione, verrebbe necessariamente a negare che Cristo ha fondato la sua Chiesa per la salvezza eterna degli uomini, e a sostenere che la società civile e lo Stato non siano soggetti a Dio e alla sua legge naturale e divina. Il che è evidentemente empio, contrario alla sana ragione e segnatamente, in materia di educazione, estremamente pernicioso alla retta formazione della gioventù e sicuramente rovinoso per la stessa società civile e il vero benessere dell’umana convivenza. Ed al contrario dall’applicazione di questi principi non può non provenire massimo giovamento alla retta formazione dei cittadini. Il che è abbondantemente dimostrato dai fatti in tutte le età; onde come Tertulliano per i primi tempi del Cristianesimo, nel suo Apologetico, così Sant’Agostino per i suoi poteva sfidare tutti gli avversari della Chiesa Cattolica – e Noi, ai Nostri tempi, possiamo ripetere con lui: – “Ebbene, coloro che dicono essere la dottrina di Cristo nemica dello Stato, ci diano un esercito tale come la dottrina di Cristo insegna dover essere i soldati; ci diano tali sudditi, tali mariti, tali coniugi, tali genitori, tali figli, tali padroni, tali servi, tali re, tali giudici, infine tali contribuenti ed esattori del fisco quali comanda di essere la dottrina cristiana, ed osino poi dirla nociva allo Stato: o piuttosto non dubitino un istante di proclamarla, ove la si osservi, la grande salvezza dello Stato” (Ep. 138). E, trattandosi di educazione, cade qui a proposito far notare come abbia bene espressa questa verità cattolica, confermata dai fatti, per i tempi più recenti nel periodo della Rinascenza, uno scrittore ecclesiastico grandemente benemerito della educazione cristiana, il piissimo e dotto Cardinale Silvio Antoniano discepolo dell’ammirabile educatore che fu San Filippo Neri, maestro e segretario delle lettere latine di San Carlo Borromeo, ad istanza e sotto l’ispirazione del quale scrisse l’aureo trattato Dell’educazione cristiana dei figliuoli, dove egli così ragiona: “Quanto maggiormente il governo temporale coordina se medesimo allo spirituale, e più lo favorisce e lo promuove, tanto più concorre alla conservazione della repubblica. Perciocché mentre il rettore ecclesiastico procura di formare un buon cristiano, con l’autorità e i mezzi spirituali, secondo il fine suo procura insieme per conseguenza necessaria di fare un buon cittadino, quale deve essere sotto il governo politico. Il che avviene, perché nella Santa Chiesa Cattolica Romana, città di Dio, una istessa cosa è assolutamente il buon cittadino e l’uomo dabbene. Laonde grave è l’errore di coloro che disgiungono cose tanto congiunte, e che pensano poter avere buoni cittadini con altre regole, e per altre vie da quelle che contribuiscono a formare il buon cristiano. E dica pure, e discorra la prudenza umana quanto le piace, che non è possibile che produca vera pace, né vera tranquillità temporale, tutto quello che ripugna e che si diparte dalla pace e dall’eterna felicità” (Dell’educazione cristiana, lib. I, c. 43). Come lo Stato così anche la scienza, il metodo scientifico, la ricerca scientifica, non hanno niente da temere dal pieno e perfetto mandato educativo della Chiesa. Gli istituti cattolici, a qualunque grado appartengano dell’insegnamento e della scienza, non hanno bisogno di apologie. Il favore che godono, le lodi che raccolgono, le produzioni scientifiche che promuovono e moltiplicano, e più che tutto i soggetti pienamente e squisitamente preparati che danno alla magistratura, alle professioni, all’insegnamento, alla vita in tutte le sue esplicazioni, depongono più che sufficientemente in loro favore (Lettera al Card. Segretario di Stato, 30-5-1929).
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Cardinale Bernardo Dovizi detto il “Bibbiena”
Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster O.S.B.
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Cardinale Ernesto Ruffini
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Cardinale Miguel Paya y Ricò
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