di Pietro Ferrari
Pare mai possibile che nei pressi di una chiesa, affissa ai muri di proprietà diocesana vi sia una lapide che esalta un massacro?
Ebbene sì. Nel Novembre scorso ebbi a segnalare il fatto alle autorità diocesane invano:
Da cittadino porgo alla VS attenzione un fatto increscioso avvenuto circa un mese fa a Teramo in Piazza del Carmine, proprio a fianco della omonima chiesa e degli edifici di vs proprietà.
Il fatto attiene alla discrezionalità urbanistica del Comune ed eventuali irregolarità saranno attenzionate da altri organi, ma in questa sede, è opportuno comunque segnalarlo alla VS attenzione, in quanto tale targa trovasi proprio a pochi passi dall’ingresso della chiesa, piantata a terra ed affissa sul muro dei vostri edifici e pertanto la sua presenza stona maggiormente suscitando animosità, violenza, orgoglio di vendetta, discordia civile ed arrivando a sfiorare l’apologìa di reato.
Una associazione privata detta Casa del Popolo ha ottenuto dalla Giunta Comunale l’apposizione di una targa celebrativa di un episodio sanguinoso avvenuto proprio in quel posto nel 1943: il linciaggio di una presunta “spia fascista”.
Questo il contenuto della targa situata in Piazza Del Carmine:
“Qui il popolo Teramano, spinto dall’ardore di intrepide donne, condanna a morte l’infamia di una spia fascista, rea di aver rivelato il luogo del concentramento Partigiano. Poniamo qui a ricordo della ribellione Popolare.
25 Settembre 1943 – 27 Settembre 2020, Antifasciste e Antifascisti”
Un frasario inammissibile per una intitolazione, volto alla distorsione storica per cui invece che restare come fatto criminale, compiuto da qualche persona, il linciaggio diventa fatto solenne del popolo teramano che condanna a morte (come se quelle persone fossero il legittimo tribunale militare di guerra) un uomo (la vittima del linciaggio) come infame perché reo (mai accertato) di essere stato una spìa.
Trattasi di un episodio forse comprensibile nel clima di esasperazione del 1943, ma che resta pur sempre raccapricciante, sanguinario e non giustificabile, mentre è stato addirittura esaltato con una targa commemorativa nel 2020, dopo così tanti decenni… a pochi passi da una chiesa.
Tanto mi è parso doveroso comunicarVi e relazionarVi.
Con ossequio.
Pietro Ferrari
L’irenismo bergoglioso del collettivo umano post-cattolico avrà indotto la Diocesi a non pronunciarsi sulla questione, certamente spinosa.
E’ evidente che la richiamata intitolazione esalta l’assassinio di un presunto collaboratore dei tedeschi, tale Luigi Di Marco ordito ed eseguito da donne non citate esplicitamente e sulle quali è assai probabile che non vi sia stata allegazione di curriculum vitae. Tale targa rappresenta un caso di “anonimato toponomastico” che evidenzia un fatto cruento privo della menzione nominativa della vittima e dei carnefici. La targa commemorativa, pertanto, fa largo uso di un frasario inammissibile per una intitolazione, volto alla distorsione storica per cui invece che restare come fatto criminale, compiuto da qualche persona, il linciaggio diventa fatto solenne del popolo teramano che condanna a morte (come se quelle persone fossero il legittimo tribunale militare di guerra) un uomo (la vittima del linciaggio) come infame perché reo (mai accertato) di essere stato una spìa. Una ricostruzione forzata e fondata più su esigenze ideologiche che su certezze archivistiche, è risultata addirittura idonea a spingere l’amministrazione comunale a celebrare pubblicamente un massacro. La rivendicazione di un massacro non può essere accolta con la dignità di una pubblica commemorazione in una società che si dice essere democratica e pluralista, attenta a disinnescare ogni forma di intolleranza e di prevaricazione violenta, dal bullismo scolastico fino agli haters dei social network, passando per la violenza domestica e quella negli stadi.
Peraltro come ricostruito dal noto storico locale Elso Simone Serpentini nella sua opera “Teramo e il teramano negli anni della guerra civile” (Artemia, 2018), la stessa vicenda di Luigi Di Marco, accusato come spia fascista risulta del tutto incerta esistendo almeno tre versioni dell’accaduto. In buona sostanza Luigi Di Marco, trucidato in piazza mai era stato od è stato successivamente riconosciuto davvero come reo, né mai condannato da un tribunale regolare come collaborazionista odioso degli occupanti tedeschi ma molto probabilmente, fu vittima dello stesso equivoco che costò la vita a Roma a Donato Carretta. Una piccola folla in tumulto che fa strage di un corpo. Episodio forse comprensibile nelle tragiche giornate del 1943 in un’ottica di bestiale giustizia sommaria, ma del tutto inammissibile come evento da immortalare con una targa, soprattutto in mancanza di documentazioni certe. E’ evidente che risulta almeno lambita, nel caso di specie, l’ipotesi di reato prevista e punita dall’art. 414, comma 3, c.p che, come è noto, sanziona “chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti”. E pensare che proprio in quei giorni per qualcuno formidabili vennero trucidati anche due sacerdoti, Don Vincenzo D’Ovidio e Don Gregorio Ferretti che videro, dal Cielo, riconoscersi qualche anno fa l’intitolazione (assai più dignitosa) di due strade cittadine.
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NOTE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO:
“A ben vedere il Comune di Teramo ha violato il Regolamento di funzionamento della Commissione toponomastica approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 8 del 12 marzo 2019. Infatti ai sensi dell’art. 3, lett. d) del richiamato Regolamento alla predetta Commissione compete l’emissione di pareri in ordine a “iscrizioni commemorative da apporre, ad iniziativa di privati o di Enti diversi dal Comune di Teramo, all’esterno di edifici ovvero in luoghi pubblici o aperti al pubblico”. Il Comune di Teramo, già di per sé inadempiente nel non aver dato seguito alla propria Deliberazione di approvazione del richiamato Regolamento, ha ritenuto in buona sostanza, di aggirare tale norma regolamentare omettendone l’applicazione in base a due assunti e cioè:
a) il mancato insediamento della Commissione Toponomastica;
b) il carattere non vincolante del parere richiesto alla medesima Commissione circa l’apposizione di targhe commemorative.
Ad un attento esame, tuttavia, entrambi gli assunti non hanno solide basi giuridiche. Per quanto concerne quello sopra indicato sub. lett. a) è principio giuridico assolutamente consolidato che una condotta omissiva – quale, appunto, la mancata istituzione della Commissione Toponomastica – da parte della PA di certo non può giustificare un provvedimento amministrativo adottato in difetto di istruttoria quale quello che qui si impugna. In altre parole è evidente come il Comune di Teramo non possa privare delle proprie competenze detta Commissione per il semplice fatto di non averla mai istituita! Neppure corrisponde al vero la natura non vincolante attribuita al parere della richiamata Commissione. Infatti, a ben vedere, l’art. 3 del richiamato Regolamento stabilisce espressamente che la Commissione “esprime parere obbligatorio non vincolante” unicamente per le diverse ipotesi richiamate alle successive lettere a), b) e c) e cioè: “richieste di intitolazioni generiche per quanto concerne gli spazi o le aree da intitolare”; “richieste di intitolazioni o proposte d’ufficio specifiche per quanto concerne gli spazi o le aree da intitolare”; “preferenza da accordare tra più toponimi, eventualmente proposti, in riferimento ad una stessa area di circolazione”. Invece la medesima norma, per quanto concerne l’apposizione di targhe commemorative (ipotesi indicata sub lett. d) fa riferimento semplicemente al termine “parere” espungendo significativamente il termine “non vincolante”. Memore del noto brocardo in claris non fit interpretatio è evidente come la norma ritenga che, nel caso dell’apposizione di targhe commemorative, il parere della – mai istituita – Commissione Toponomastica deve ritenersi vincolante. Ma vi è una ulteriore considerazione che evidenzia in maniera decisiva l’illegittimità della condotta del Comune. Come si evince dallo stesso tenore del richiamato Regolamento, anche se si volesse attribuire natura non vincolante a detto parere, in ogni caso lo stesso è definito come “obbligatorio” e, come tale, va – appunto – obbligatoriamente reso e valutato dal Comune in subiecta materia. Ciò non è avvenuto nel caso di specie con la naturale conseguenza che l’impugnata delibera di Giunta merita l’annullamento per difetto di istruttoria.
I.3 – A ciò aggiungasi che, come è dato leggere dallo stesso sito internet di codesta Ecc.ma Prefettura: “Il Prefetto autorizza l’attribuzione della denominazione a nuove strade e la variazione del nome di quelle già esistenti, nonché l’apposizione di targhe e monumenti commemorativi. A tal fine l’Amministrazione comunale deve presentare un’istanza allegando la delibera della giunta comunale concernente l’oggetto della richiesta, la planimetria dell’area territoriale interessata ed il curriculum vitae della persona alla quale si intende dedicare la strada. Il Prefetto esprime un parere al Ministero dell’Istruzione in merito all’intitolazione di nuovi istituti scolastici o nel caso di fusione degli stessi.” E’ a questo punto inutile evidenziare come il Comune di Teramo non abbia né chiesto né ottenuto dall’Ecc.mo intestato Prefetto, l’autorizzazione all’apposizione della targa in questione né è stato minimamente valutato il curriculum vitae della persona alla quale si intende dedicare la strada, stante anche la – chiaramente voluta – impersonalità e genericità dell’accadimento celebrato.
I.4 – E’ dunque di tutta evidenza come, nel caso di specie, il Comune abbia quindi agito in una palese situazione di eccesso di potere. E infatti se come è noto la pubblica amministrazione conserva come facoltà precipua su tutti gli atti non vincolati una sua discrezionalità, potendo scegliere nel merito se considerare o meno meritevole o inopportuna una determinata azione, non per questo tale discrezionalità può considerarsi assoluta o insindacabile. Si ravvisa infatti l’eccesso di potere con conseguente annullabilità dell’atto amministrativo, ogniqualvolta tale atto si presenti afflitto da vizi del procedimento amministrativo che lo ha prodotto. Allorché vi sia stata violazione di norme interne (sia sottto il profilo dell’omessa oppure dell’erronea applicazione) nell’iter procedimentale, come ad esempio il disattendere circolari, la pubblica amministrazione delibera con eccesso di potere. Nel caso che ci occupa, la Delibera di Giunta del Comune di Teramo n° 214/20 viola addirittura il regolamento istitutivo della Commissione Toponomastica, già vigente prima della Delibera, ma disatteso in quanto tale commissione non è ancora stata istituita e pertanto non ha potuto rendere parere obbligatorio sull’apposizione della targa in piazza del Carmine, parere che, anche se non vincolante, essendo obbligatorio avrebbe reso legittima almeno su questo punto la Delibera n°214/20. Ma così non è stato. Nel caso di specie, peraltro, l’eccesso di potere è desumibile come conseguenza logica del mai fornito parere obbligatorio (come già evidenziato), anche dall’evidente incompletezza di istruttoria in relazione alla vicenda storica che ha spinto la Giunta Comunale a deliberare la commemorazione di un linciaggio. Se infatti il Comune di Teramo avesse istituito la Commissione Toponomastica, come suo onere, vi sarebbe stata una relazione più attenta, più partecipata e soprattutto più documentata che avrebbe meglio accertato la dinamica di quel lontano episodio, evitando il travisamento dei fatti e fondando quindi il parere sulla completezza della ricostruzione fattuale oltre che sulle qualità personali dei carnefici come sulle presunte colpe della vittima.”
Immagine in evidenza modificata da CityRumors.