Sintesi della 634° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di Coronavirus, preparata nella festa di San Giovanni Crisostomo (27 gennaio 2021) e postata nella festa di San Francesco di Sales (29 gennaio 2021) . Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

Cari amici di Radio Spada e della Comunità Antagonista Padana, a molti cultori di storia e geopolitica può sembrare quanto meno infondato rintracciare una connessione, a distanza di poco più di un secolo, tra il tramonto dell’impero asburgico e il men che mediocre assetto della contemporanea Europa continentale, una mediocrità che investe sia il piano etico che geopolitico; l’ Ue non è affatto un’internazionale delle patrie, in cui prevalga la dimensione etica su quella economicista, in cui l’amore per la propria patria e sovranità si accompagni al rispetto per le sovranità altrui.

Si è realizzata l’unione monetaria, ma niente affatto l'”Europa dei popoli”. In un contesto di strapotere della dimensione plutocratica, parassitaria e apolide, a detrimento di quella etico-politica, una sola nazione, quella tedesca, pretende di disporre del destino di tutti gli altri paesi membri. L’ emancipazione dalla sudditanza ai diktat di Berlino e di Washington è condizione imprescindibile per riacquisire sovranità e, a mio avviso, anche una politica che assuma a propria bussola un pensiero forte, valori metafisici e metatemporali, che risiedono nel patrimonio della civiltà latina, cattolica, diciamo pure mediterranea.

Imperversa in Europa Occidentale la secolarizzazione e la scristianizzazione delle istituzioni, la Rivelazione cristiana è relegata dal pensiero dominante nel foro della coscienza interiore(1). La politica dei paesi cattolici stessi è attratta da questo soggettivismo etico protestante ” made in Holland”; la pubblicistica liberal- cosmopolita saluta come bollettino di progresso le politiche radical-liberali del governo olandese: propaganda gender, adozione di figli da parte di coppie gay, liberalizzazione di aborto, eutanasia, droga,etc. E generalmente i partiti conservatori di destra si atteggiano a “cani che abbaiano e non mordono” di fronte a questo sradicamento propagandato dalla ” sinistra liberal”, sbandierano i valori forti soltanto in sede di propaganda elettorale, ma non possono o non vogliono conseguire un’ incidenza pratica.

Se al posto dell’ Ue, il cui collante (come poc ‘ anzi ho anticipato) è l’unità monetaria e non già la comunità di patrie sorelle, il cui obiettivo è l’ imposizione dell’ ” austerità” sul piano delle politiche economiche e della non austerità sul piano morale e religioso vi fosse oggi nel cuore dell’ Europa continentale un’ entità simile all’ impero asburgico, baluardo della Respubblica christiana del Medievo e difensore della Regalità sociale di Cristo Re, la secolarizzazione e scristianizzazione avrebbero trionfato?

La plutocrazia e il mondialismo sarebbero stati aspetti egemoni? L’ atomismo sociale e il soggetto trascedentale liberale avrebbero a tal punto corroso in Italia e in Europa l’ idea di comunità? 

Non approfondirò ora le considerazioni sulla situazione dell’ Europa Occidentale, che’ il discorso porterebbe lontano, riprenderò comunque il tema verso la conclusione del mio rapporto.Torno a occuparmi delle sorti dell’ impero asburgico.

Potreste domandarvi come mai nel titolo della mia conferenza figuri il tema del ” tramonto dell’ impero asburgico”, anziché ” tramonto dell’ impero austro-ungarico”.

Al netto delle differenze istituzionali, al netto della “riforma” operata dall’ “Ausgleich” nel 1867 non trovo vi sia un solco netto dal punto di vista ideologico tra la fase dell’ impero asburgico inaugurata nel 1804 con la reggenza di Francesco I d’ Austria e quella dell’ impero austro-ungarico che nacque nel 1867 come Doppelmonarchie o anche Donaumonarchie; esso fu il prodotto di un compromesso, tutt’ altro che facile, tra la casa regnante di Austria e la nobiltà magiara ( vi furono peraltro tensioni più o meno larvate e divergenza di impostazione istituzionale tra la componente austriaca e quella magiara).

Anche dopo l’ “Ausgleich” l’impero continuò a considerare ufficiale la religione di Cristo Re (ovvero la cattolica romana), peraltro era inevitabile che vi fossero nell’impero altri culti, dal momento che esso e ra un crogiuolo più o meno composito di etnie (2). Le minoranze religiose erano comunque tollerate e mai perseguitate

Anche in seguito all’ “Ausgleich” del 1867, per cui l’ impero aveva attenuato la sua declinazione universalista per assumere maggiormente quella nazionalista ed espansionista, l’Austria continuò a costituire il baluardo del Sacro Romano Impero Medievale, permeato dalla Sacra Alleanza tra trono e altare, Impero e Chiesa; difese indefessamente come valori imprescindibili la Trascendenza, la gerarchia, la concezione aristocratica dell’ esistenza contro il soggettivismo etico protestante, contro l’empia massoneria che massima espressione trovò nella Terza Repubblica francese, contro il primato della quantità, la talassocrazia, l’unidimensionalita’, il mercantilismo, infimi aspetti delle plutocratiche democrazie borghesi.

W. Sombart, storico e attento sociologo del mondo contemporaneo, ha esaltato il mondo austriaco e germanico come impostazione aristocratica-eroica contro quella mercantilista britannica(3).

In tale ottica la prima guerra mondiale va considerata come vera e propria guerra di religione, essendo le due religioni antagoniste la visione eroica-aristocratica impersonata dagli Imperi centrali e la visione mercantilista impersonata dalle ” democrazie plutocratiche”.

Disaminerò ora il periodo del condominio imperiale austriaco-magiaro che dal compromesso del 1867 ha costituito l’ impero austro- ungarico sino allo scoppio della prima guerra mondiale, con equilibrio di giudizio, cercando di ottemperare all’ obiettività storica, rifuggendo da lodi roboanti e naturalmente dai comuni pregiudizi ideologici; riconoscendo quelle controversie e contraddizioni Interne al condominio imperiale che certamente non hanno giocato a suo favore.

Fu il prodotto di un compromesso ampiamente caldeggiato dalla nazione tedesca e da quella austriaca e, di fatto, almeno nelle buone intenzioni, venne inaugurato un periodo di pace e stabilità (per quanto vanificato dall’ insurrezionismo delle orde slave, sobillate per lo più dalla massonica e radicale Terza Repubblica francese).

Fu garantito altresì un sistema costituzionale per tutti i popoli danubiani.

Venne anche inaugurato un periodo di floridezza culturale ed economica, anche se il latifondismo e il conservatorismo sociale della società magiara inevitabilmente infrenavano ulteriori passi avanti nella direzione riforme.

Secondo Angelo Ara, che ha dedicato approfonditi studi all’ Impero asburgico e che si è documentato sulla nota opera del Macartney, ” Tramonto dell’impero asburgico”, l’epilogo della sconfitta sarebbe dovuto all’ incompetenza politica asburgica a far fronte a una realtà ” multinazionale”.

La ripresa che la monarchia asburgica ebbe dopo il 48′ si sarebbe compiuta nel “solco del passato” e l'”espansione e modernizzazione del periodo del neo-assolutismo non avrebbero compensato il profondo malessere nazionale e politico che lacerava la monarchia”(4).

Tuttavia fino che punto le insurrezioni delle etnie slave fossero il prodotto di libera iniziativa, rimane molto dubbio. Ribadisco, a mio avviso che sia stato determinante lo zampino della massoneria internazionale, segnatamente francese. Queste scosse telluriche all’ interno dell’ impero non erano che un nuovo capitolo dei moti insurrezionali del 48-49 da parte di forze nazionali-costituzionali che Metternich aveva sottovalutato.

Angelo Ara attribuisce dunque la progressiva “crisi dell’ impero”(di cui la “crisi nazionale” austriaca sul finire del 1800 sarebbe stato un capitolo) al crescente malessere sociale delle minoranze, che malsopportavano la prevaricazione delle due componenti dominanti, quella austriaca e quella magiara; miopia politica dell’ impero, dunque, incapacità o non volontà di interpretare in modo realistico un contesto multietnico e multinazionale. A mio avviso, da parte austriaca, la componente universalista nel rispetto dei localismi, dei costumi, dei culti religiosi minoritari, non è mai venuta meno. Non si può affermare lo stesso per quanto riguarda il Regno di Ungheria, che da subito ha guardato con sospetto il federalismo-sovranazionalismo austriaco e ha assunto un’ impronta dirigista centralista.

D’ altronde, la componente magiara, consapevole di essere minoritaria, temeva di essere soffocata dalle altre numerose etnie. Tanto l’ Austria si era guardata bene dall’ imporre il tedesco e aveva rispettato le peculiari opzioni linguistiche delle varie etnie, quanto il centralismo magiaro era culminato nell’ imposizione del magiaro quale lingua nazionale (il magiaro era lingua ufficiale anche nell’ insegnamento scolastico).

Sin dal 1895 vi erano state delle rimostranze da parte del Congresso delle nazionalità non magiare che avevano contestato l’ eccessivo dirigismo del Regno di Ungheria e rimarcato come detta impostazione centralista fosse in contraddizione rispetto alla realtà multietnica, anzi multinazionale, del regno stesso.

Non sempre del resto la componente magiara e quella austriaca avevano avuto rapporti idilliaci e i particolare ” vi erano periodici scontri tra Vienna e Budapest al momento della scadenza decennale delle clausole temporanee del compromesso e del relativo rinnovo (5). Una difficile convivenza tra due differenti impostazioni politiche: quella universalista-federalista-sovranazionale austriaca e quella centralista magiara, che più facilmente di esponeva alle insurrezioni delle etnie non magiare, che rivendicavano il principio di autodeterminazione.

A cavallo tra 800′ e 900′ la situazione era particolarmente calda a Est e Nord Est dell’ impero, in Boemia dove le rivalità vieppiù crescenti tra la componente morava e quella tedesca resero impossibile una convivenza pacifica e in Polonia la rivalità tra l’ etnia polacca e quella rutena presto passò dallo scontro culturale a quello fisico. Questi dissidi e tutte le altre rivendicazioni contribuirono a determinare in seno all’ Impero austro_ ungarico quello scisma che culminerà nel vigliacco assassinio da parte di Gavrilo Princip dell’ arciduca d’ Austria Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914

Il tramonto dell’impero asburgico ha di fatto spianato la strada, oltre che alle democrazie plutocratiche borghesi, ai totalitarismi, al primato dello” stato etico” immanentista che ha sostituito la Teologia con la Politica, con la politicizzazione onnipervasiva, come cammino di escatologia dell’ umanità. Probabilmente, se fosse​ sopravvissuto l’ impero asburgico, ” garanzia costante di stabilità ed equilibrio contro ogni tentazione anarchica o rivoluzionaria”(6), il nazismo non avrebbe potuto attecchire.

L’ esperienza della Repubblica Cattolica e sociale di Dolfuss, generosa ma vulnerabile, non aveva potuto arrestare l’ avanzata del neopaganesimo nazista. Un assetto ben più vigoroso come l’impero asburgico, che sotto lo scettro di Francesco Giuseppe era riuscito a far convivere pacificamente decine di milioni di uomini di etnie diverse, avrebbe certamente arginato e malsopportato un ” vicino di casa” come Hitler, avrebbe infrenato le velleità espansionistiche della Germania nazista.

Nonostante certa propaganda ” progressista” antiasburgica sia dura a morire, sono cresciuti gli editori che ,onorando la verità storica, hanno saputo riconoscere il vigore e patrimonio intellettuale dell’ impero asburgico (7). Dopo la non edificante parentesi della “monarchia illuminista e illuminata” nel 700′, l’impero asburgico è stato in Europa il paladino della Regalità sociale di Cristo, con un’impostazione culturale permeata dallo sguardo rivolto al Cielo e alla Trascendenza, al contempo dalla promozione di una politica di pace al proprio interno.

Infatti, a differenza della talassocratica Inghilterra e delle democrazie plutocratiche, l’ impero asburgico non solo non ha mai avuto possessi coloniali, ma non è mai stato sfiorato da velleità imperialiste o colonialiste ( semmai nei primi del Novecento l’ impero austro.-ungarico aveva avuto qualche velleità espansionistica in direzione dei Balcani).

Anche nel 1914, anno in cui divampò la “Grande Guerra”, non vi erano in seno all’ impero austro ungarico movimenti politici che promuovessero il suo disfacimento; semmai alcuni premevano per una riforma della diarchia, opera in cui si distinse il ” Circolo di Belvedere” che ruotava intorno allo stesso arciduca Francesco Ferdinando e che oscillava tra il consolidamento di disegni federalisti e il riconoscimento dell’ individualità politica dell’ etnia croata. L’ intelletuale della Transilvania di origine rumena Adrel Popovici propose di consolidare il tradizionale federalismo etnico trasnazionale asburgico nella direzione degli “Stati Uniti della Grande Austria”.

I cristiano-sociali aspiravano a una riforma che ridimensionasse lo strapotere della componente magiara, ai socialisti stessi non dispiaceva l’assetto federalista. Mancavano insomma vere e proprie trame dei movimenti politici austiaci contro l’ impero e questo è una prova che le insurrezioni delle turbolente etnie slave (sino all’ epilogo dell’ attentato di Gavrilo Princip) furono il prodotto di un disegno della massoneria europea, a cominciare dal capo di governo francese George Clemenceau, che sognava la cancellazione stessa dell’ impero asburgico dalla carta geografica

Dunque, ancora alla vigilia della “Grande Guerra”, tutti i partiti politici erano favorevoli alla conservazione dell’ impero asburgico e non c’era nessuna “forza gravitazionale” interna che inclinasse alla sua dissoluzione.

Ci si ingannerebbe ingenuamente, non solo, ci si dimostrerebbe privi di obiettività storica, se si pensasse che la dissoluzione dell’ impero austro ungarico e conseguente sua balcanizzazione abbia apportato benefici all’ Italia e alle nazioni ” emancipate” dopo la fine della prima guerra mondiale

L’ Italia, che aveva tradito la “Santa” Triplice Alleanza nel 1915 e stipulato il patto di Londra ebbe solo parti delle prede pattuite.

Nelle nazioni risultanti dal crollo dell’ impero, si prospetto’ dopo il 1918 non già un periodo di pace, ma il divampare di conflitti intestini e guerre civili. Mentre invece l’ impero mai aveva imposto la coesione in modo artificiale o con la forza ( che Vienna fosse una città in cui regnava la pace, molto preferibile alle caotiche megalopoli statunitensi lo riconobbe persino quel biscazziere di Karl Popper).

Costanzo Preve, filosofo marxista eretico, lontano da molte nostre battaglie culturali, giudica una iattura il disfacimento dell’ impero asburgico. Laddove anteriormente al 1918 vi era una vigorosa compagine politica e culturale, che ha consentito a ciascuna etnia di far fiorire la propria letteratura nel peculiare idioma nazionale, dopo l’ epilogo della Grande Guerra ( che ha trascinato via ben quattro imperi,quello asburgico, germanico, ottomano e zarista) si è scavato in seno all’ Europa continentale un solco profondo, un vuoto difficile da colmare; alcuni partiti politici avevano abbozzato prima del 1914 dei programmi di riforma istituzionale, che potessero al tempo stesso venire incontro alle istanze delle molteplici etnie che costituivano un vero e proprio mosaico. Ma in conseguenza della dissoluzione dell’ impero asburgico detto programma riformista non poté aver luogo e all’ indomani del tramonto dell’impero asburgico la situazione era ben più incandescente. Secondo Costanzo Preve, le conseguenze della dissoluzione dell’impero asburgico non sono meno gravi di quelle dell’ Unione sovietica nel 1989.

E Preve tuttavia , non essendo uno storico di professione, non se la sente né di sottoscrivere né di confutatare la tesi storiografica secondo cui la dissoluzione dell’ impero andrebbe ascritta alla Massoneria, segnatamente quella francese (su questo punto invece Vittorio Messori non ha dubbi).

A distanza di poco più di un secolo, il tramonto dell’impero asburgico fa sentire ancora le proprie conseguenze, dal punto di vista culturale e geopolitico.Non si tratta di nostalgica utopica di restaurazione, si tratta invece di una considerazione puramente realista dal punto di vista storiografico.

Il vuoto lasciato dall’ impero asburgico, a ragione considerato da più parti baluardo del Sacro Romano Impero Medievale per la sua vocazione universalista è stato “colmato” dall’ Unione europea; a ragione, essa può essere considerata la negazione e antitesi della storia dell’ Europa, segnatamente dell’ Occidente latino-mediterraneo; infatti l’ Ue ha accantonato ogni sguardo rivolto alla Trascendenza, ogni pensiero forte ,la sua cultura è strictu sensu votata al pantecnicismo, alla crescita meramente quantitativa (9) e al relativismo etico sradicante.

Tanto nell’ impero asburgico collante dei popoli era il sovrano cui ” si guardava come a un padre comune, riflesso comune del Padre nei cieli (10),  quanto il collante dell’ Unione europea si riduce alla dimensione economicistica , alla semplice unione monetaria.

Cari amici di Radio Spada e della Comunitò Antagonista Padana, buona lettura

(1) Questa ” privatizzazione” della dimensione della fede cristiana è segno evidente peraltro dell’ oblio dell’ insegnamento del grande filosofo politico e giurista del 900′ C. Schmitt che aveva insistito sull’ importanza della dimensione ecclesiologica- comunitaria del cattolicesimo,erosa dalla riforma luterana

(2) In questo mosaico etnico convivevano croati, serbi, ceki, polacchi, ruteni, italiani, tedeschi, ebrei e vi era persino una minoranza di islamici.le componenti culturali maggioritarie erano quella slava, quella latina e quella germanica

(3) cfr. W.Sombart, Visione del mondo, scienza ed economia, edizioni all’ insegna del Veltro, Parma,2018. W. Sombart tuttavia, pensatore della “Konservative Revolution”, finirà per prendere come modello il nazionalsocialismo ben più dell’ impero asburgico

(4) cfr Angelo Ara” Tramonto della monarchia asburgica”, p.9 in sito Digital Ocean

(5) Angelo Ara, Tramonto della monarchia asburgica,cit.p12 sulla tesi peculiare dell’ intelletuale ungherese Albert Apponyi (“i magiari concepivano l’ impero come una lega di stati, gli austriaci come una confederazione”) della diarchia della visione austriaca e magiara punto di riferimento importante è l’ opera di Eisenmann, Le compromis austro-hungros. Etude due le dualisme!, Paris,1804

(6) cfr. Vittorio Messori, Pensare la storia, Paoline, Cinisello balsamo, 1992, p.321

(7) cfr. Vittorio Messori, Pensare la storia, cit.,p.320

(8) cfr. Costanzo Preve, Filosofia e Geopolitica, edizioni all’ insegna del Veltro, Parma, p.68-69.Cosi parlò Costanzo Preve” Dall’imperatore Carlo all’ intelligente socialdemocrazia austriaca vi erano all’ interno dell’ impero austro ungarico robuste forze che premevano per una riforma federale dell’ impero e per l’ equiparazione delle etnie in qualche modo subalterne…e tuttavia non c’era nel 1914 nessuna fatalità gravitazionale che portasse alla dissoluzione”. Dunque, ovunque aspirazione a una riforma dell’assetto istituzionale dell’ impero nella direzione di un maggior federalismo che potesse essere accettato dalla componente magiara, tuttavia nessuna forza politica caldeggiava la dissoluzione dell’ impero

(9) cfr. Serge Latouche, La deraison de la raison economique, Albin, Paris,2001

(10) Di fatto, l’UE ha costantemente promosso il nichilismo etico, il ” pensiero debole”, l’ immigrazionismo incondizionato, il laicismo radicale; pura antitesi dell’ impero asburgico con la sua impostazione culturale permeata di sacralità, con la sua proibizione di ogni società segreta, con la sua prospettiva di società verticistica aperta al Cielo, alla Trascendenza.

Fonte immagine: Library of the Congress