Il Vangelo della Terza Domenica dopo l’Epifania (San Matteo, VIII, 1-13) si può dividere in due parti: la mondazione del lebbroso (1-4) e la guarigione del servo del centurione di Cafarnao (5-13). Meditiamo su quest’ultima con il commento del padre domenicano Marco Maria Sales, Maestro dei Sacri Palazzi sotto Pio XI

In quel tempo: Essendo Gesù disceso dal monte, lo seguirono molte turbe: ed ecco un lebbroso che, accostatosi, lo adorava, dicendo: “Signore, se vuoi, puoi mondarmi”. Gesù, stesa la mano, lo toccò, dicendo: “Lo voglio. Sii Mondato”. E tosto la sua lebbra fu guarita. E Gesù gli disse: “Guarda di non dirlo ad alcuno: ma va’, mostrati ai sacerdoti, e offri quanto prescritto da Mosè, onde serva a loro di testimonianza”. Entrato poi in Cafarnao, andò a trovarlo un centurione, raccomandandosi e dicendo: “Signore, il mio servo giace in casa, paralitico, ed è malamente tormentato”. E Gesù gli rispose: “Verrò, e lo guarirò”. E il centurione disse: “Signore, non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ solo una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, sebbene soggetto ad altri, ho sotto di me dei soldati, e dico a uno: Va’, ed egli va; e all’altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fai questo, ed egli lo fa”. Gesù, udite queste parole, ne restò ammirato, e a coloro che lo seguivano, disse: “Non ho trovato fede così grande in Israele. Vi dico perciò che molti verranno da Oriente e da Occidente e siederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori: ove sarà pianto e stridore di denti. Allora Gesù disse al centurione: Va’, e ti sia fatto come hai creduto”. E in quel momento il servo fu guarito.

Centurione chiamavasi il comandante di 100 soldati. Il centurione, di cui qui si parla, era probabilmente al servizio di Erode Antipa, che allora governava la Galilea. Dal v. 10 consta ch’egli non era giudeo, ma gentile. Dal fatto però che i capi dei Giudei si interessano per lui, che loro aveva fatta costruire una sinagoga (Luc. VII, 5), si può arguire che egli fosse un proselita.
Quanto fu grande la bontà e la condiscendenza di Gesù nel volergli concedere più di quel che domandava.
Grandezza della fede e dell’umiltà di questo gentile e soldato. Egli si riconosce peccatore e quindi indegno di ricevere Gesù in sua casa; ma nello stesso tempo confessa che Gesù tutto può colla potenza della sua parola. Le parole del Centurione vengono poste dalla Chiesa sulle labbra dei fedeli, mentre stanno per ricevere la SS. Comunione.
Perchè anch’io sono un uomo soggetto ad altri. Con un argomento, tratto dalla sua condizionecstessa di centurione, prova che Gesù può con una parola risanargli il servo. Se io, benché sia soggetto a Erode e anche al tribuno ecc. tuttavia, perchè ho ai miei ordini parecchi soldati questi ubbidiscono ai miei comandi, quanto più dunque a te, Signore, le cose tutte ubbidiranno?
Restò ammirato. L’ammirazione poté trovarsi in Gesù non in quanto Dio, ma in quanto uomo, e secondo la scienza, che i teologi chiamano acquisita o sperimentale.
Questi due versetti 11-12 sono propri di S. Matteo. Nella fede del Centurione si ha un saggio della fede dei gentili, e Gesù prende occasione per annunziare la vocazione dei pagani e la riprovazione dei Giudei. La felicità dei giusti viene paragonata nella Scrittura alle delizie di un convito (Isaia XXV, 6-8; Salm. XXXV, 6), e Gesù servendosi di questa stessa similitudine afferma che i gentili verranno dall’Oriente e dall’Occidente, cioè da tutte le parti del mondo, e si porranno a mensa, cioè saranno partecipi della stessa feliciti coi Santi più celebri dell’Antico Testamento; mentre i figli del regno, vale a dire, i Giudei, che sono nati membri del popolo di Dio, e che perciò avrebbero avuto uno speciale diritto al regno dei cieli, verranno gettati nelle tenebre esteriori. I conviti presso gli Ebrei si tenevano alla sera dentro sale molto illuminate, perciò il convito messianico viene simboleggiato come svolgentesi in mezzo alla più viva luce. Coloro che ne sono esclusi, vengono quindi a trovarsi nelle tenebre esteriori, che circondano la sala del convito. Essere esclusi dal convito messianico equivale a essere mandati all’inferno. Il pianto, lo stridore dì denti significano le varie pene e la disperazione da cui saranno afflitti i dannati.

(LA SACRA BIBBIA COMMENTATA DAL P. MARCO M. SALES O. P. Professore di Sacra Scrittura nel Collegio Angelico di Roma, Torino, 1911, pp. 33-34)


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Immagine : Paolo Veronese, Gesù e il centurione, 1571, Museo del Prado, Madrid / wikimedia.org