La Provenza degli inizi del Duecento infestata dagli eretici Manichei (i cosiddetti Catari o Albigesi) fu, per la legge dei contrasti, il luogo in cui si manifestò pure la santità e la gloria di Dio. Fu allora che lo spagnolo Domenico di Guzman gettò le basi per il suo Ordine dei Predicatori propugnacolo della fede ortodossa contro le eresie. Fu proprio su quel suolo che verso il suo sangue il beato Pietro di Castelnau, cistrcense, Legato di Innocenzo III per la lotta all’eresia. Proprio di questa storia andiamo oggi a raccontare.

Il legato Pietro di Castelnau avea sovente detto che non rifiorirebbe mai la religione nella Linguadoea, se non dopo che quel paese sarebbe stato irrigato dal sangue di un martire, e pregava ardentemente Iddio a fargli la grazia d’esser la vittima. I suoi voti furono esauditi. Erasi recato a Saint-Gilles per pressante invito del conte di Tolosa, ch’egli avea poco prima scomunicato, e che, a suo dire, volea sinceramente riunirsi alla Chiesa. L’abbate di Cistercio si era unito al suo collega per andare a quell’abboccamento, dove ambedue portavano un estremo desiderio della pace. Ma il conte non fece che prendersi giuoco di loro, e parve che il suo disegno fosse stato di ottener col terrore che gli fosse levata la scomunica; poiché minacciò la morte ai legati, se osassero uscir da Saint-Gilles senz’averlo assolto. I legati punto non curarono i suoi impeti, e si ritirarono con una scorta data loro dai magistrati della città. Alla sera si riposarono in riva al Rodano, e la dimane, celebrata la messa e rimandata la scorta, disponeansi a passare il fiume. Allora si avvicinaron loro due uomini, l’uno de’ quali diede d’una lancia nel corpo del bealo Pietro di Castelnau, ed era costui lo scudiere del conte. Il legato, ferito a morte, disse al suo uccisore: « Iddio ti perdoni; in quanto a me ti perdono! » Ripetè più volte queste parole, ed ebbe ancora il tempo di esortare i suoi compagni a servire la Chiesa senza timore ed indefessamente, e rese l’ultimo fiato. Il suo corpo fu trasportato all’abbazia di Saint-Gilles; era stato ucciso ai 15 gennaio 1208 . Nel menologio dei cisterciensi si fa menzione del bealo Pietro di Castelnau come d’un martire.
Uccidere un ambasciadore, o semplicemente oltraggiarlo, in tutti i tempi, in tutti i luoghi e presso lutti i popoli, è sempre stato un delitto inespiabile, del quale nell’interesse dell’intiera umanità era d’uopo prender soledne vendetta. Abbiam veduto in qual modo il santo re Davide vendicasse sul re e sul popolo d’Ammone l’oltraggio che aveano fatto a’ suoi ambasciadori. In fatti non rispettar la persona di coloro che vengono in nome di Dio e degli uomini per ristabilir la pace fra le nazioni o per mantenervela egli è un torre all’umanità l’ultimo mezzo di terminare o prevenire le guerre civili o straniere. Non è uccider semplicemente un uomo, ma l’umanità.
Ora il beato Pietro di Castelnau era legato del papa, vale a dire ambasciatore del capo della cristianità, ambasciatore dell’Europa cristiana, ambasciatore dell’universo cristiano, a fin di ricondurre alla legge ed alla società universale, per la via della persuasione e delle censure puramente ecclesiastiche, alcuni baroni ed alcune popolazioni traviate, che si adoperavano alla rovina di tutta la società pubblica e domestica. Ucciderlo o semplicemente oltraggiarlo era un oltraggiare nella sua persona tutto il mondo cristiano. Era d’uopo di una riparazione volontaria o forzata, tanto più che quell’uccisione non era un fatto isolato. Abbiam veduto i manichei d’Orvieto uccidere del pari a tradimento il beato Pietro da Parenzo: già precedentemente i manichei di Beziers aveano ucciso nella chiesa stessa il visconte della città , Raimondo Frincavel, e ferito il vescovo che avea voluto difenderlo. Il peggio di tutto non erano ancora queste uccisioni, ma la dottrina manichea le autorizzava, le giustificava, le divinizzava, perciocché ne facea autore il Dio di questo universo. Punire particolarmente tali stragi era poco, era nulla: era mestieri per la salute dell’umanità estirparne la causa.
E in questo il diritto pubblico andava d’accordo col buon senso. Presso tutte le nazioni cristiane era una delle leggi fondamentali che per esser re, signore, cittadino, prima di tutto bisognava esser cattolico. L’abbiam veduto, in particolare per la legislazione dei Visigoti, alla quale era soggetto il mezzodì della Francia. Veduto abbiamo che nella Germania, giusta le leggi fondamentali del regno, il re, il signore che restasse scomunicato oltre un anno perdeva ogni diritto politico e feudale. Posto per sua colpa fuor della legge e della cristiana società, non poteva più comandare a cristiani. Tale era il diritto cristiano del medio evo, diritto universalmente riconosciuto e dai popoli e dai re, e dal papa e dai concilii, dai e dai dottori della Chiesa. Veniva citato, applicato; ma non era provalo, non posto in dubbio.
Innocenzo III lo ricorda nelle lettere che scrisse sull’ uccisione di Pietro di Castelnau, l’una a tutti i signori e cavalieri, l’altra a tutti gli arcivescovi e vescovi delle provincie di Narbona, d’Arli, d’Embrun, d’Aix e di Vienna. Dopo aver riferito l’uccisione, come l’abbiam veduta, qualifica per martire il bealo Pietro, come quegli che versava il suo sangue per la fede e la pace: «farebbe già dei miracoli, se la generazione incredula dei Provenzali ne fosse degna. Crediamo però utile a quella generazione infetta d’eresia che un solo sia morto per essa, affinché non perisca tutta intiera, ma, per l’intercessione del sangue di chi è stato ucciso, si ravveda più facilmente del suo errore. Il papa ordina agli arcivescovi e vescovi di raddoppiar di zelo per predicar la sede e la pace, e combatter l’eresia; di denunciare per iscomunicato l’uccisore del sant’uomo, tutti i suoi complici, ricettatori o difensori, e dichiarar interdetti tutti i luoghi dove si troveranno. Questa denunzia verrà novala tutte le domeniche e feste sino a che i colpevoli vadano a Roma e vi ricevano l’assoluzione. I vescovi prometteranno altresì la remission de’ peccati a coloro che si porranno in dovere di vendicare quel sangue innocente, facendo la guerra agli eretici che vogliono perdere i corpi e le anime. Vi sono indizii certi pei quali si può presumere che il conte di Tolosa sia reo di quella morte. Egli ne ha pubblicamente minacciato il defunto, gli ha teso insidie, ha ammesso l’ uccisore alla intima sua familiarità e fattogli grossi regali. Il perchè i vescovi debbono di nuovo dichiararlo scomunicato, benché tale sia già da gran tempo. E siccome, secondo le canoniche sanzioni de’ santi padri, non vuolsi mantener la fede [i.e. fedeltà feudale e politica] a chi non la mantiene a Dio ed è staccato dalla comunion de’ fedeli, giacché bisogna piuttosto evitarlo che favorirlo, per l’apostolica autorità dichiareranno assolti dal loro giuramento tutti coloro che hanno promesso al conte fedeltà, società od alleanza; e permesso ad ogni cattolico, salvo il diritto del signor principale, non solo di perseguitare la sua persona, ma di prendere le sue terre, principalmente allo scopo di purgarle dall’eresia».
[…] Innocenzo III scrisse al re di Francia: «Levatevi, o soldato di Cristo, levatevi, o principe cristianissimo. Penetrino fino al vostro cuore i gemiti della Chiesa. Gridi a voi il sangue del giusto, affinché muoviate contro i nemici della Chiesa, portando lo scudo della fede. Non siate sordo ai lamenti della Chiesa vostra madre. Levatevi e giudicate la mia causa. Cingete la spada, e vi ricordi l’unità che esser deve tra il sacerdozio e l’impero, unità indicata da Mosè e da Pietro, padri dei due testamenti. Non soffrite che la Chiesa perisca in coteste contrade. Volatene in soccorso, e con man possente combattete contro eretici che sono peggiori dei Saraceni».

(René François Rohrbacher, Storia universale della Chiesa Cattolica, Milano, 1853, pp. 265-269)

Immagine : Martirio del beato Pietro di Castelnau, XVII sec., Abbazia del Cerreto / akg-images.co.uk