27 Gennaio.
SAN GIOVANNI CRISOSTOMO
VESCOVO, CONFESSORE E DOTTORE DELLA CHIESA

Quest’invitto campione della verità soccombé agli stenti dell’esilio a Comana nel Ponto il 14 settembre 407; siccome però in quel giorno la Chiesa romana celebrava dapprima la festa dei martiri Cornelio e Cipriano, quindi l’esaltazione della santa Croce, cosi la sua memoria venne trasferita a quest’oggi, in cui ricorre l’anniversario della traslazione del suo corpo a Costantinopoli.
Il Crisostomo morì vittima degli strapazzi e dei dolori sostenuti per la fede e per l’esercizio imperterrito dei suoi doveri episcopali di fronte alla viziosa corte di Bisanzio. Perché tuttavia nella di lui persecuzione ebbero parte alcuni prelati notoriamente cattolici, – cosi permettendolo il Signore per raffinare la virtù del Santo – ed egli non morì propriamente di morte cruenta in difesa del dogma cattolico, perciò la messa in di lui onore é quella dei Vescovi Confessori.
La festa del Crisostomo nel calendario Romano oggi assume un significato speciale, e dimostra come il primato pontificio si risolve in una fonte di bene ed in una garanzia di libertà per tutta la Chiesa Cattolica. Giovanni, sopraffatto dagli avversari e deposto dalla sede dietro il giudizio dei vescovi ligi alla Corte, appellò alla Cattedra Apostolica. Papa Innocenzo I prese subito le difese del perseguitato, annullò l’ingiusta sentenza, e dopo la morte del Crisostomo, come condizione di comunione colla Sede Pontificia, esigé dagli avversari che il di lui nome venisse nuovamente inserito nei dittici episcopali, il che nelle forme giuridiche del tempo, era quasi una canonizzazione equipollente.
Oggi gli Orientali troppo facilmente hanno dimenticato l’opera della Chiesa Romana, e le lotte già sostenute dai Papi per difendere appunto l’ortodossia e la fama dei loro più grandi dottori, quali Basilio, Atanasio, Giovanni Crisostomo, ecc. Ma la storia non si cambia ed essa dimostra che, soprattutto per l1 Oriente, l’esercizio del Primato Pontificio é stato in antico la garanzia dei primi concili ecumenici e l’àncora di salvezza a cui, nel naufragio che già minacciava le misere Chiese Orientali, fiduciosi s’afferravano quelle colonne della cattolica ortodossia.
L’antifona per l’introito, come per tutti i Dottori, é identica a quella assegnata alla festa di sant’Ambrogio il 7 dicembre.
Nella seguente colletta, la Chiesa implora pei meriti del grande Proscritto la grazia celeste, quella soprattutto d’una fede illuminata, feconda d’energiche opere.
«Ti preghiamo, o Signore, che la celeste grazia dilati la tua Chiesa, cui ti degnasti illustrare coi gloriosi meriti e la dottrina del beato tuo confessore e pontefice, Giovanni il Crisostomo. Per il Signore».
La lezione è quella comune a tutti i Dottori, e che abbiamo riferito il dì di sant’Ambrogio. In essa Paolo, prossimo già al martirio o, come egli s’esprime, ad essere offerto in sacrificio, ammonisce Timoteo circa i pericoli che sovrasteranno alla Chiesa per opera dei falsi dottori, e come al ministro di Gesù Cristo sia necessario di opporre a tutti questi sofismi dell’umano orgoglio, una dottrina incorrotta ed un apostolato paziente e longanime. Né questo
basta; Paolo ha predicato, non s’è mai risparmiato, ma ancora non ha compiuta la sua missione. Come Cristo, dopo d’aver insegnato s’è offerto sulla Croce per meritare alle anime la grazia di credere all’Evangelo e di salvarsi, così deve fare anche il sacerdote di Gesù. Oltre ad essere dottore, egli deve farsi altresì vittima, perchè solo nel dolore potrà meritare la gloria della paternità spirituale.
Il responsorio graduale è come per san Damaso, il dì 11 dicembre [Eccli. XLIV, 16, 20].
Il verso alleluiatico non è quello del Comune dei Pontefici o dei Dottori, ma pure conviene assai bene al Crisostomo, che soccombé alla crudeltà dei suoi persecutori.
V. (lac. I, 12). «Beato colui che sostiene il cimento, giacché dopo che sarà stato provato, riceverà la corona della vita».
Dopo la settuagesima, il salmo-tratto è quello già assegnato al 15 gennaio [Ps CXI, 1-3], e così sempre in tutte le feste dei Confessori e dei Martiri che ricorrono entro questo ciclo di preparazione alla solennità pasquale.
La lezione evangelica è quella riferita per sant’Ambrogio il dì 7 dicembre [Matth. V, 13-19].
Il verso offertoriale è tolto dal salmo 91: «Il giusto fiorirà siccome palma, ed a guisa di cedro sul Libano dilaterà i suoi rami».
La preghiera prima dell’anafora è la seguente: «Non ci venga meno, o Signore, la pia intercessione del tuo santo Pontefice Giovanni Crisostomo, la quale ti renda graditi i nostri doni, e ci implori incessantemente la tua misericordia. Perii Signore».
Il Communio è identico a quello di san Saba, il dì 6 dicembre [Luc. XII, 42], ma contrariamente all’antico uso delle messe dei Santi, non corrisponde al testo dell’odierno Vangelo. Questo ci rivela che la messa dei Dottori venne definitivamente redatta assai tardi, quando cioè questa legge liturgica già era caduta in dimenticanza.
Δόξα τῶ Φεῷ πάντων ἔνεχεν. Di tutto ne sia lode a Dio! Fu questo l’estremo grido del nostro forte Campione della fede, quando già la morte apprestavasi a dar fine ai suoi tormenti e a sottrarlo di mano agli sgherri. Sì veramente, di tutto ne aia lode a Dio, ma più specialmente quando ci conferisce l’inestimabile onore di patire qualche cosa per lui, giacché la Croce è pur sempre la condizione propizia per fare dei grandi progressi nelle vie di Dio.

(Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster OSB, Liber Sacramentorum. Note storiche e liturgiche sul Messale Romano. Vol. VI. La Chiesa Trionfante (Le Feste dei Santi durante il ciclo Natalizio) (terza tiratura), Torino-Roma, 1930, pp. 190-193)

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