di Luca Fumagalli
Continuano in questo terzo volume (e articolo) le disavventure del soldato inglese Guy Crouchback, membro del corpo degli Alabardieri e ultimo discendente di un’illustre famiglia cattolica. Ambientata durante la Seconda guerra mondiale, la trilogia Spada d’onore di Evelyn Waugh, iniziata nel 1952 e completata nel 1961, è un irriverente manifesto contro la vacuità del mondo moderno.
Per chi si fosse perso i primi due articoli:
Vol. 1 “Uomini alle armi” https://www.radiospada.org/2020/12/spada-donore-la-fede-e-la-guerra-in-una-trilogia-di-evelyn-waugh-volume-primo-uomini-alle-armi/?fbclid=IwAR1WToRFmZOB33MyNNPnRoV_wsi6DsUJjlcj8SCxOFEg_-Ir0rPeKiTutNE
Vol. 2 “Ufficiali e gentiluomini” https://www.radiospada.org/2021/01/spada-donore-la-fede-e-la-guerra-in-una-trilogia-di-evelyn-waugh-volume-secondo-ufficiali-e-gentiluomini/
Resa incondizionata (Unconditional Surrender), pubblicato nel 1961 a nove anni dal primo volume della trilogia e a cinque dal secondo, è forse il capitolo migliore di Spada d’onore. Il romanzo, più personale e graffiante rispetto ai precedenti, porta a compimento quella lenta traslazione dal farsesco al drammatico iniziata nella seconda parte di Uomini alle armi e proseguita in Ufficiali e gentiluomini. Nel libro, infatti, se continuano a non mancare gli episodi grotteschi e i personaggi folli – marchio di fabbrica di Evelyn Waugh – a prevalere è tuttavia la disamina lucida e disincantata di una modernità che ha fatto tabula rasa di ogni valore, dove l’onore non esiste più e ogni cosa è decisa solamente in base a biechi calcoli d’interesse. Come scrive Mario Fortunato, la guerra si è rivelata infine «un’assurda, estenuante geremiade di tic e nevrosi, in cui un’intera generazione di ufficiali, provenienti dalle classi elevate del Paese, nasconde la propria pochezza, inscenando virtù che non le appartengono. I gesti di eroismo o sono finiti o sconfinano nella pura demenza. Le gerarchie del comando pullulano di mediocrità. Viltà e infingardaggine dominano. Gli ideali per cui si combatte sono sepolti sotto una valanga di regolamenti ridicoli e assurdi. Perfino i sentimenti hanno lasciato il posto a un irresponsabile cinismo da ultimo giorno dell’umanità».
Del resto il Guy Crouchback di Resa incondizionata è un quarantenne che ha ormai attraversato tutti i gradi della propria irresolutezza e della disillusione. Non è ancora completamente guarito da una certa ingenuità di fondo, ma allo stesso tempo appare più maturo e sicuro.
Dopo essere ritornato in Inghilterra nel 1941, Guy è costretto per molti mesi a un lavoro d’ufficio tanto inappagante quanto inutile. Tra i colleghi delle varie sezioni, oltre a un gruppo di pseudo-intellettuali marxisti che creano modellini per operazioni militari che non avverranno mai, vi è persino uno sciamano incaricato di lanciare maledizioni contro Hitler. Sogna ancora l’azione, eppure ogni volta un intoppo sopraggiunge per tenerlo lontano dal fronte.
In città ritrova dopo anni la moglie Virginia, sola, senza un soldo e per di più in attesa di un figlio dal disgustoso Trimmer (che, per suo sollievo, è stato mandato in America). Dopo la morte dell’anziano padre, l’unica figura illuminante e integralmente positiva della trilogia, Guy decide di riprendere Virginia con sé – anche se nessuno condivide la sua scelta – così da dare un padre al piccolo: «Lui pure doveva avere il suo posto e la sua funzione nel piano di Dio. Non si aspettava di essere destinato all’eroismo. I giudizi quantitativi non contano. L’unica cosa veramente importante era di riconoscere la sua occasione quando sarebbe ben venuta». Virginia diventa cattolica e al bambino, che nasce nell’estate del 1944, viene dato il nome del nonno: Gervase. Poco tempo dopo, però, la donna finisce vittima di un bombardamento tedesco (l’ultima parte del volume, non a caso, è intitolata “desiderio di morte”, a sottolineare la disumanizzazione della guerra totale)
Guy nel frattempo si trova in Croazia con l’incarico di tenere i rapporti tra l’esercito alleato e i partigiani titini. Questi ultimi, più che dei “liberatori”, a conti fatti non appaiono troppo dissimili dagli odiati nazisti. Sono arroganti e autoritari, e quando cercano di dimostrare a un generale americano il loro valore sul campo di battaglia fanno una pessima figura. Ancora una volta Guy si scontra con un universo da pantomima, cinico e spietato, in cui è un attimo ritrovarsi puntati contro i fucili di un plotone d’esecuzione. Qui il protagonista incappa in un gruppo di ebrei, deportati prima in un campo di concentramento italiano, poi fatti prigionieri dagli ustascia e infine parcheggiati, in condizioni tristissime, in una cittadina momentaneamente capitale del governo provvisorio. Guy, sulle prime indifferente, a poco a poco si fa carico del loro destino infelice. Cerca perciò di aiutarli in tutti i modi, ma i suoi sforzi avranno un esito talmente paradossale che saranno proprio gli ebrei a pagarne le conseguenze.
A uno di questi Waugh affida la riflessione più lucida sulla modernità e le sue infinite ipocrisie: «C’è forse un posto su questa terra che è libero dal male? È troppo semplice dire che furono i nazisti soltanto a provocare questa guerra. Anche questi comunisti la volevano. Era il solo modo, per loro, di arrivare al potere. Molti, anche fra il mio popolo, volevano la guerra, per ottenere vendetta contro i tedeschi, per affrettare la creazione del nostro stato nazionale. A me sembra che c’è una volontà di guerra […] ovunque. Perfino gli uomini buoni pensavano che il loro onore privato poteva essere rivendicato per mezzo della guerra».
Nonostante le miserie, l’immondezzaio morale della politica e gli intrighi di piccolo e grande cabotaggio che ne attraversano la trama, l’epilogo di Resa incondizionata è caratterizzato dalla speranza, a sottolineare come la Provvidenza offra sempre e comunque la possibilità di una redenzione. Difatti, di nuovo in Inghilterra, alla fine del conflitto Guy prende con sé Gervase – destinato a essere suo erede – e ritorna a vivere a Broome, l’antica dimora di famiglia, con una nuova moglie, dolce e capace. Nel frattempo Tony, suo nipote, si è fatto frate; Ivor Clare ha riscattato l’onore perduto combattendo con coraggio in Birmania; e il viscido Ludovic, anche se è diventato uno scrittore di successo, è devastato nel fisico e nella mente, morbosamente attaccato al suo cagnolino Fido (ribattezzato così in memoria di “Fido” Hound, l’ufficiale che ha vigliaccamente ucciso a Creta perché non denunciasse la sua diserzione).
Su queste note agrodolci, ma al fondo positive, si chiude la trilogia Spada d’onore (da cui è stato pure tratto un film nel 2001, con un giovane Daniel Craig nei panni del protagonista). Uomini alle armi, Ufficiali e gentiluomini e Resa incondizionata figurano tra i romanzi migliori di Evelyn Waugh e, in generale, della letteratura cattolica britannica del Novecento. Sarebbe dunque un vero peccato lasciarseli sfuggire: il lettore di certo ne potrà trarre un grande giovamento estetico e spirituale, facendosi pure qualche risata, il che non è mai un male.