Sintesi della 636° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di Coronavirus, preparata nella festa di Sant’Agata (5 febbraio 2021) e postata nella domenica di Sessagesima (7 febbraio 2021) . La conferenza audio numero 635 dal titolo “Spigolature storiche sul Coetus Internationalis patrum” di Simone Gambini Bolchi, già tenuta, è invia di preparazione. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso)
È possibile rintracciare un “dialogo” o, quanto meno le condizioni di possibilità di esso, tra il tradizionalismo cattolico ultramontano di De Maistre (1) e il socialismo-sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel?
Non è detto “dialogo” sicuramente rintracciabile nella misura in cui venisse meno l’ elasticità della critica filosofica e si rimanesse ancorati monolitica mente alle vetuste, trite e ritrite categorie di “destra” e ” sinistra” , categorie che oggigiorno non solo foraggiano il pregiudizio ideologico e sono funzionali al pensiero unico liberale, ma sempre meno aiutano a comprendere fenomeni complessi di carattere storico, filosofico-politico e geopolitico.
Il sottoscritto stesso, solo una decina di anni fa, non si sarebbe sognato lontanamente di porre a confronto, ancorché secundum quid, due percorsi filosofici cospicua mente differenti: essendo il tradizionalismo ultramontano l’orizzonte della filosofia della storia del conte savoiardo e il sindacalismo rivoluzionario l’orizzonte di quella dell’ ingegnere Georges Sorel. Pure, data la valenza portante che riveste la categoria del ” mito” tanto in De Maistre, quanto in Sorel, pur nei contrapposti orizzonti circoscriventi della “controrivoluzione”( de Maistre) e ” “rivoluzione”( Sorel), non è forse possibile individuare un punto di convergenza?
Tra i pensatori del 900′ Georges Sorel è tra quelli che meno si lasciano catalogare e sarebbe del tutto oziosa la questione se la sua concezione vada ascritta alla ” destra” o alla ” sinistra”.
A suo giudizio, storia e società sono in perenne divenire (appunto ” Divenire sociale” fu una rivista che pubblico’ articoli tra il 1905 e 1910 cui collaborò costantemente). Scevro di carattere sistematico, il suo pensiero è una sorta di fiume eracliteo in cui ” è impossibile bagnarsi due volte”. Slancio vitale dunque e continuo superamento. Presto, per quanto l’approccio iniziale fu marxista, Sorel avvertì come troppo stretti i panni della concezione di K.Marx.
Al dogmatismo marxista fondato sul primato dell’ “oggetto”, della dimensione economicistica, della deterministica contrapposizione tra “struttura” e “sovrastruttura”, contrappose il primato della ” soggettività”, della ” volontà” , dell’ intuizione extrarazionale, dell’ estro eccezionale delle ” élites”(2).
Le fonti del suo sindacalismo rivoluzionario furono, accanto a K.Marx, F.W.Nietsche, H.Bergson, W.Pareto, nonché una ” ragione pratica” certo ripresa da Kant, ma vieppiù in rotta di collisione con l’illuminismo e declinata nella forma di ” morale del sublime”.
Prese le distanze dal marxismo perché , a suo avviso, al fondo della rivoluzione non vi poteva essere un mero processo deterministico, ma in prima istanza l’ anelito di spiriti liberi; e soprattutto la ” ragione pratica”, concordando con Charles Peguy sul fatto che” la rivoluzione o sarebbe stata morale o non sarebbe stata affatto”.
Il fondamento di possibilità per un dialogo tra il sindacalista rivoluzionario Sorel e l’ ultramontano cattolico De Maistre è la critica alla modernità, un sostanziale “anti- modernismo”: tanto nell’ autore delle “Serate di San Pietroburgo” , che nell’ autore delle ” Considerazioni sulla violenza” l’atteggiamento antimodernista si esprime sia come antiliberalismo che come antidemocraticismo, per quanto i progetti ideologici dei due autori siano divergenti, mirando Joseph de Mainstre a una restaurazione cattolica basata sul primato ultramontano del vescovo di Roma e invece Georges Sorel alla rivoluzione proletaria.
Nondimeno, il fondo comune delle loro filosofie della storia è la visione del ” moderno” come decadenza, dissipazione morale, primato della materia sullo spirito e del regno quantità su quello della qualità, irreligione dilagante.
Joseph de Maistre attribuisce la decadenza, incentivata dall’ Illuminismo e dalla Rivoluzione francese a un progressivo indebolimento del libero arbitrio, non del tutto annichilato, ma comunque fuorviato dal ” peccato originale”(3); la nozione di ” peccato originale” è assente nella visione laica del Sorel che tende piuttosto a imputare la decadenza modernista all’ imborghesimento dei costumi, ovvero alla loro corruzione.A giudizio dell’ ingegnere, la ” tentazione borghese” è il massimo dei mali che imperversa nella modernità
La “borghesia” rappresentava agli occhi di Georges Sorel la classe corrutrice dei costumi e propagatrice di vizi e infatti egli teneva molto alla costituzione di una ” cultura autonoma” della classe operaia (anticipando quello che sarebbe stato ,in tempi più recenti, un tema centrale della concezione di Pier Paolo Pasolini)(4).
L’emancipazione stricto sensu della classe operaia comportava che essa non fosse inquinata dai vizi dell’ abietta classe borghese; ma una nuova cultura proletaria poteva prodursi a condizione che il socialismo non si arenasse sul binario morto del ” riformismo” e del ” parlamentarismo”(5).
Nondimeno, la classe intelletuale del tempo osteggiava precisamente l’ emancipazione della classe operaia, in quanto aveva interesse allo ” status quo”, ovvero alla divisione della società tra ” dominanti” e ” dominati”.
Queste considerazioni attestano che per Georges Sorel al fondo della rivoluzione non vi fosse un rigido processo deterministico, ma l’ anelito di spiriti liberi e la ragione pratica; concordando dunque con Charles Peguy, secondo cui ” la rivoluzione sarebbe stata morale oppure non sarebbe stata affatto”.
L’approdo della rivoluzione auspicata dal Sorel andava al di là del conseguimento di un maggior benessere materiale per la classe operaia, in quanto doveva concreta mente tradursi in una rigenerazione morale
È importante rimarcare la notevole valenza etico-pratica che il mito riveste tanto nella prospettiva tradizionalista del de Mainstre che in quella sindacalista-rivoluzionaria di Georges Sorel.
Il ” mito”, tanto deriso dalla cultura positivista contemporaneo, è invece” principio di azione”, condizione di possibilità di rigenerazione di una società che non deve semplicemente essere ” riformata” ma ” riplasmata” e rivoluzionata, in ultima analisi rifondata.
Privilegiando l’estro extrarazionale e la potenza pragmatica del ” mito”, Georges Sorel confessava tutta la sua profonda sfiducia nei confronti del razionalismo contemporaneo; peraltro la sua critica della ragione è più intensa rispetto a quella che avrebbero svolto di lì a poco gli esponenti della ” Scuola di Francoforte” , segnatamente Adorno e Horkheimer; i quali ,a differenza del Sorel, pur avendo confessato lo scacco della ragione illuminista non avevano comunque inteso rinunciare alla ragione stricto sensu quale organo irrinunciabile della filosofia (6)
Come giustamente ha osservato Marcello Veneziani nel profilo dedicato all’ ingegnere Sorel nella sua opera” Antinovecento.Il sale di fine millennio”, al teorizzatore dello ” sciopero generale” si deve “nel 1908 il più forte tentativo del nostro secolo di separare l’ idea di “rivoluzione” dall’ idea di “progresso” (8). È bene insistere sull’ irriducibilita’ dell’ idea di ” rivoluzione” a quella di ” progresso”: il progresso è il perno dell’ ideologia positivista, erede dell’ Illuminismo e dell'” Enciclopedia”, ma è stata fatta propria anche dal ” socialismo riformista” e democratico.
Il progresso porta alla moltiplicazione dei mezzi, degli agi, ma senza consapevolezza dei fini; il progresso apporta magari un benessere largo diffuso, ma è impotente a rigenerare moralmente, riplasmare la società.Il progresso incrementa il regno della quantità, ma è impotente a generare un salto qualitativo.Il progresso è reazionario.
La rivoluzione invece avviene in vista di un “salto qualitativo” e a differenza delle riforme ( che migliorano qualcosa, ma non rigenerano) rigenera la società.Una società semplicemente ” progredita” o ” riformata” non esce dal perimetro del dominio borghese, una società prodotto di rivoluzione invece sì.
Sorel ci tiene altresì a distinguere il concetto di “utopia” da quello di “mito”. L’ utopia è ,in ultima istanza, prodotto di pianificazione e come tale rientra nel perimetro della ragione strumentale e calcolistica. Di essa si avvalgono gli uomini di “piccola scienza”( assolutamente diffidenti verso la nuova proposta soreliana dello ” sciopero generale”) che ammettono nel pensiero solo idee ” chiare” e “distinte” e si illudono che esse siano per se stesse sufficienti a orientare l’ azione (9).
Invece il mito è il prodotto di immagini vivacissime, dell’ estro creativo alogico.
I problemi sociali non si risolvono con le deduzioni della logica, come vorrebbe il positivismo degli uomini di “piccola scienza”( che infondatamente accusano i sindacalisti rivoluzionari di mancanza di senso critico), bensì con la forza del ” mito”(10). E di fatto il mito nella prospettiva soreliana non può che concludere allo sciopero generale, che costituisce in fondo l’ unica categoria della matura dottrina politica dell’ ingegnere francese
Dopo una parentesi in cui simpatizzò per l’ Action francaise di C.Maurras, nell’ anteguerra Sorel credette possibile stabilire in qualche modo una sorta di asse Mosca-Roma , persononificando il mito in Lenin e Mussolini al contempo, che avrebbero condiviso la lotta antiliberale, antiborghese, antidemocratica e antiplutocratica.
Ma negli ultimi anni della sua vita tornò a esaltare Lenin come modello ideale insuperabile.
La rivoluzione bolscevica, nell’ interpretazione soreliana, è lontana anni luce dalle premesse e dalle considerazioni del ” Capitale”di K.Marx; innanzitutto essa, lungi dall”essere il prodotto delle contraddizioni generate dal capitalismo, si era verificata in Russia, in un contesto sociale feudale che non aveva conosciuto né Illuminismo, né capitalismo.
In secondo luogo, Georges Sorel pone principalmente l’accento sulla sua gerarchia, sullo spirito di sacrificio e abnegazione, sulla disciplina delle milizie bolsceviche ( aspetti che profondamente ispirarono anche Mussolini), tutti aspetti che stabilivano un legame con la tradizione nazionale slavofila, pur in un contesto ateo e immanentista.un “inveramento eroico-mitico, e spirituale del marxismo” come sostiene sempre Marcello Veneziani in un paradigma di volontarismo che rifiuta l’ economicismo e il determinismo della concezione marxista-engelsiana per privilegiare decisamente l’ “Esprit de finesse” e l’ estro eccezionale delle élites.
Su quale terreno dunque Georges Sorel e Joseph de Mainstre possono dialogare? Sul terreno della filosofia della storia, sul comun denominatore della modernità come decadenza, soprattutto sul profilo morale e religioso. Il conte Savoiardo ravvisa il fomite della decadenza nei tre eventi con la R maiuscola satanica che hanno determinato l’ insurrezione contro l’ autorità: Riforma protestante, Rinascimento, Rivoluzione francese; la sua condanna della modernità ( da cui De Bonald avrebbe tratto conseguenze ancora più estreme) coinvolge liberalesimo e socialismo. Sotto l’ influsso della dottrina esoterica millenarista di Gioacchino da Fiore, De Maistre ravvisò l’evento palingenetico contro la sovversione satanica in una ” Rivelazione della rivelazione” , in una sorta di Regno dello Spirito che avrebbe segnato una rigenerazione morale (11).
Georges Sorel fa discendere invece la decadenza dall’ Illuminismo; in cui il tanto celebrato “progresso”, ” demistificatore” dei dogmi, delle” superstizioni cattoliche” avrebbe semplicemente segnato l’ imborghesimento della società e di ogni aspetto della cultura. Gli intelletuali dell’ illuminismo non furono che uomini di piccola scienza. L’ illuminismo non segnò tanto un progresso quanto piuttosto uno scadimento di qualità delle lettere all’ intrattenimento delle corti principesche (12)
Georges Sorel ravvisò’ la possibilità di una palingenesi nel socialismo che non sarebbe stato il prodotto di una deduzione logico-dialettica, ma dell’ estro eccezionale di élites ( si è voluto talvolta vedere, forse non a torto, l’ influsso della scuola elitaria di W.Pareto sulla concezione soreliana) e del dispiegamento dello sciopero generale sindacalista.
Per l’ autore delle “Considerazioni sulla violenza”, il” modernismo cattolico” non è che un capitolo particolare del modernismo culturale(13). ” Il cattolicesimo è perduto se rinuncia al mito per adeguarsi alla modernità” è la tesi portata avanti da Georges Sorel nell’ ultima sezione delle ” Considerazioni sulla violenza”.
Il “mito cattolico” consisteva segnatamente nel Cattolicesimo Medievale, che il Sillabo di Pio IX ha cercato di riportare in auge.
Allora le Crociate erano l’ emblema più significativo dell’ intransigente volontà di difesa di valori metastorici e trascendenti; la teologia della storia poggiava sul fondamento di una diatriba tra Cristo e Satana.
Dopo l’ instaurazione, a partire dal Rinascimento, di una visione non più teocentrica ma antropocentrica e quindi la Rivoluzione francese, l’ opera di Joseph de Mainstre fu rivolta a rivitalizzare il ” mito cattolico”, opponendo alla sovversione rivoluzionaria la controreazione teocratica. Il modernismo o progressismo cattolico è prodotto della crisi e del tramonto del mito della ” Chiesa Militante”. A giudizio invece di Georges Sorel il ” mito socialista” è destinato a prendere il posto del ” mito cattolico”.
Sempre a giudizio del Nostro, una volta entrato in crisi il mito della ” Chiesa Militante”, al cattolicesimo era riservato quello stesso destino di mediocrità delle arti e delle lettere nell’ era contemporanea. Il cattolico modernista ha accettato il vile compromesso tra teologia e scienza positivista e il positivismo espunge, non accetta nessuna mitologia nel proprio sistema.
Infine il cattolicesimo modernista mostra sia di provare ” senso di colpa” verso le “persecuzioni” reali o presunte commesse dalla Chiesa cattolica nella storia, sia un senso di inferiorità nei confronti dell’ anticlericalismo benpensante, che trovò il proprio emblema nella politica massonica anticattolica della Terza Repubblica francese.
Certo, il limite dell’ analisi del Sorel è una visione sociologista tout court, per cui il cattolicesimo in quanto” mito” può essere soltanto oggetto di sociologia
Georges Sorel non riuscì a elevarsi dal ” mito” al Mistero della Trinità, nonostante la piissima moglie Marie David gli fosse rimasta accanto per tutta la vita. Le pagine di ” Considerazioni sulla violenza” e di altre opere sono percorse dalla ragione pratica e da una ” religione” immanente che rimase estranea alla religione cattolica.
(1) La concezione teologica-politica di De Mainstre è stata oggetto di alcune mie conferenze tenute presso la Comunità Antagonista Padana dell’ Università del Sacro Cuore di Milano. L’attenta riflessione sull’ opera “L’ Esoterismo” di don Curzio Nitoglia ha destato in me maggior consapevolezza critica e mi ha in qualche modo risvegliato dal “sonno dogmatico” di un entusiasmo acritico che nutrivo per la concezione del conte savoiardo fino a una decina di anni fa. In questa concezione coesistono in modo problematico il primato indiscusso tribuito al Sommo Vescovo di Roma,la critica alla sovversione rivoluzionaria dell’89’ e l’attrazione per autori esoterici , l’ influsso decisivo e mai sopito esercitato dai ” maestri illuminati” come Bohme,Swedemborg,Pasqually e Saint-Martin.(cf.r Orazio Maria Gnerre,” Prima che il mondo fosse”, Mimesis, Mi,2019,p.93 e Curzio Nitoglia, ” L’ Esoterismo”, Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia, 2002, pp.118-157).
L’ utilizzo che del pensiero del De Mainstre hanno fatto negli Usa i pensatori teocons e ultraliberisti è poi aberrante
(2) Pregevole sul tema è il profilo di M.Veneziani dedicato al Sorel in ” L’ Antinovecento”, Leonardo, Mi, 1996, pp.164-167
3) Sul tema rimando al bellissimo profilo dedicato dalla dottoressa Gianfreda Marconi nell’opera” Prospettive e problemi di una filosofia tradizionalista”, Marzorati ,Milano,1983, pp.69-96. La sovversione rivoluzionaria non è letta dal conte savoiardo tanto come una”cospirazione antimonarchica”, quanto piuttosto come evento inscritto nella Mente Divina Superiore in vista della realizzazione di un ordine morale.
(4) Cfr. “Presentations des illusions di progres” in ” Georges Sorel. Les cahiers de l’ herne”, Paris, 1986,p.285, a cura di M.Charzat
(5) Ricordiamo che a fine 800′ Sorel aveva aderito al ” partito dreyfusardo” per ragioni morali, e anche al ” socialismo democratico” di Jaures e Bernstein, ma rimase poi deluso da queste posizioni; in particolare, il partito dreyfusardo finì per perdere l’ originale slancio ideale per progressivamente ridursi ad un club di affaristi
(6) Come ben ha rilevato Alfredo Salsano nella sua introduzione a ” Le illusioni del progresso”, Bollati Boringhieri, Torino,1993 , pp.IX-X, mentre i francofortesi, segnatamente Adorno e Horkheimer, non avevano spinto la critica alla ragione illuminista al punto tale di negare alla ragione il diritto di riflettere sul proprio destino, Sorel fece propria un’impostazione antidialettica, antirazionalista e volontarista
(7) Cfr. Joseph de Maistre, “Considerations sue la France”, cap.IV, ad finem 3). Sul tema rimando al bellissimo profilo dedicato dalla dottoressa Gianfreda Marconi nell’opera” Prospettive e problemi di una filosofia tradizionalista”, Marzorati ,Milano,1983,pp.69-96. La sovversione rivoluzionaria non è letta dal conte savoiardo tanto come una” cospirazione antimonarchica”, quanto piuttosto come evento inscritto nella Mente Divina Superiore in vista della realizzazione di un ordine morale.
8) M.Veneziani,” L’Antinovecento,cit.p.164
(9) G.Sorel, ” Considerazioni sulla violenza”, Laterza,Mi, pp.208-209
(10) E’ nota la critica del filosofo ungherese hegelo- marxista G.Lukacs che nella sua importante opera ” la distruzione della ragione” pensò di ricondurre la posizione irrazionale-vitalista del Sorel alla direttrice dell’ irrazionalismo tedesco (sorto in contrappossizione alla direttrice che dalla dialettica hegeliana porta a Marx) che parte da Herder e giunge a Hitler
(11) Cfr. Curzio Nitoglia, “L’ Esoterismo” cit.,p. 148. Sin dalla sua prima opera, Les Considerations sue la France del 1796 De Mainstre scrisse” O si forma una nuova religione, oppure il cristianesimo sarà ringiovanito in modo straordinario”; tipica visione del ” millenarismo gioachimita”
(12) Rimando principalmente alla lettura complessiva di una delle ultime opere,da me già citata, ” Le illusioni del progresso in particolare, l’ “Enciclopedia”, in base al pregiudizio di un vacuo progressismo, affermò e presyppose la superiorità degli autori contemporanei rispetto agli antichi, idea di Diderot, Helvetius, Condorcet poi ereditata dal positivismo
(13) Vi ha dedicato un articolo Francesco Lamendola pubblicato sul sito Accademia Nuova Italia il 6 febbraio 2018
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