La vergine Agata, cui i Palermitani e i Catanesi si disputano d’aver dato i natali, nacque in Sicilia da nobili parenti, e ottenne la corona d’un glorioso martirio a Catania nella persecuzione dell’imperatore Decio. Essendo ella egualmente rinomata per beltà e castità, Quinziano, governatore della Sicilia, se ne innamorò. Ma dopo aver tentato con tutti i modi di piegare Agata ai suoi desideri, non potendo ridurla ai suoi voleri, fattala arrestare sotto il pretesto della superstizione cristiana, la diede a corrompere a una certa donna Afrodisia. Ma la compagnia di Afrodisia non avendo potuto scuotere né la fermezza della sua fede né il voto della sua verginità, quella annunzia a Quinziano tutti i suoi sforzi riuscire inutili. Perciò egli ordina che gli si conduca la Vergine; e: “Non ti vergogni, le dice, tu che sei nata da nobile famiglia, di menare la vita umile e servile dei Cristiani?”. A cui Agata: “L’umiltà e servitù cristiana sono molto più preferibili alle ricchezze e grandezze dei re”.
Sant’Agata, XII sec., Duomo di Monreale
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Francisco de Zurbarán, Sant’Agata, 1630-1633, Musée Fabre, Montpellier
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Giovan Battista Tiepolo, Il martirio di sant’Agata, 1755 ca, Gemäldegalerie, Berlino
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Codex Bodmer 127, ca. 1170/1200, Fondation Martin Bodmer, Cologny, f. 39v
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Quindi il governatore sdegnato le dà a scegliere o d’onorare gli dei o di subire la violenza del tormenti. Ma rimanendo ella ferma nella fede, viene prima schiaffeggiata e messa in prigione; donde fatta uscire l’indomani, e perseverando nel suo proposito, è torturata sul cavalletto con applicazione di lastre roventate. Poi le si recide una mammella. Durante questo supplizio, la Vergine indirizzandosi a Quinziano: “Crudele tiranno, dice, non ti vergogni di recidere a una donna ciò che tu stesso hai succhiato dalla madre tua?”. Gettata di nuovo in prigione, la notte seguente fu guarita da un certo vegliardo, che si diceva Apostolo di Cristo. Chiamata ancora dal governatore, e perseverando ella nella confessione di Cristo, è rotolata su rottami aguzzi e su carboni accesi.
Sebastiano del Piombo, Martirio di sant’Agata, 1520, Palazzo Pitti, Firenze
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Paolo Veronese, San Pietro visita sant’Agata in Carcere, 1566 ca., Chiesa di san Pietro Martire, Murano
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Nel qual tempo tutta la città traballò per gran terremoto, e due pareti, crollando, seppellirono Silvino e Falconio domestici del governatore. Quindi essendo la città in preda a vivo fermento, Quinziano temendo una sedizione nel popolo, ordina che Agata mezza morta sia ricondotta di nascosto in prigione. Dove ella pregò Dio così: Signore, tu che m’hai custodita fin dall’infanzia, che hai tolto da me l’amore del secolo, che m’hai resa superiore ai tormenti dei carnefici, accogli l’anima mia. E in questa preghiera se n’andò al cielo, il 5 di Febbraio: il suo corpo venne sepolto dai Cristiani.
Massimo Stanzione, Sant’Agata, XVII sec., Museu de Belles Arts de València
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Giovanni Lanfranco, Sant’Agata in carcere visitata e guarita da san Pietro, 1613-1614, Galleria Nazionale di Parma
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Le reliquie della Martire sono conservate nella Basilica Cattedrale della natia Catania, che lungo i secoli sperimentò varie volte la potente e pronta protezione della santa concittadina.
La “Cammaredda“: il camerino, il sacello contenente le reliquie del corpo e del velo.
La grande cassa d’argento [immagine da catania.italiani.it], opera di argentieri catanesi fra i quali si annovera Vincenzo Archifel e il figlio Antonio, Paolo Guarna, realizzata nel XV – XVI secolo, all’interno del quale sono riposte le teche contenenti le diverse parti del corpo della Santa. Lo scrigno custodisce anche il famoso Velo.
Il Velo di Sant’Agata [immagine da catania.italiani.it] , “per i catanesi un vessillo vittorioso nei più gravi pericoli della città, quali le devastazioni laviche dell’Etna”. Tante altre volte Sant’Agata venne in soccorso dei suoi concittadini : e non poche volte lo fece per mezzo della reliquia del suo Velo: nel 252, anno seguente il suo martiri, pregata dai Cristiani che opposero il suo Velo al fuoco, fece cessare l’eruzione dell’Etna, miracolo che compié anche nel 1444 e nel 1886, quando la lava si arrestò improvvisamente sebbene in discesa. Così pure, allo stesso modo, nel 1575 e nel 1743 liberò i Catanesi dalla pestilenza.
Immagine in evidenza : Il busto reliquiario del cranio di sant’Agata, opera dell’artista senese Giovanni di Bartolo eseguito a Limoges negli anni a cavallo il 1373 e il 1376 [da newsicilia.it]