Pio IX un mese innanzi di scendere nella tomba, sapendo vicino a morte quel Re che avea portato il trono nel suo Quirinale, disse dolcemente commosso: lo farò di tutto perchè Vittorio Emanuele si presenti al tribunale di Gesù Cristo col mio perdono. E così fu di fatto. Questo Grande, questo immortale Pontefice dal suo Vaticano accordò al morente pentito il domandato perdono, e di gran cuore lo benedisse: e così Vittorio Emanuele potè presentarsi al tribunale di Dio colla benedizione di quel Pontefice a cui avea cagionato tante amarezze. Ma negli eterni decreti della Provvidenza divina stava già per avvicinarsi quel giorno in cui Pio IX dovea ricevere il premio delle sante opere sue, e dalle sue grandi amarezze passare alla corona della meritata gloria in Paradiso.
Dopo settanta giorni d’una quasi continua infermità, accompagnata da una piaga alla gamba sinistra, che lo avea obbligato a starsene nelle sue stanze (nel qual tempo continuò sempre a dare le consuete udienze agli Eminentissimi Cardinali Prefetti ed ai Segretarii delle varie Congregazioni per la spedizione degli affari risguardanti la Chiesa universale); finalmente la mattina del 2 febbraio avea potuto consolare di sua presenza i Capitoli delle Chiese Patriarcali e Collegiate di Roma, i Capi degli Ordini Religiosi, ed altre ecclesiastiche rappresentanze per la consueta offerta dei Cerei. Quanti ebbero l’onore di prender parte a questa udienza, tutti partirono consolati; perchè l’aspetto del Santo Padre Pio IX parea guarentirne la piena guarigione. Pio IX fece a quella divota udienza un discorso che per essere stato l’ultimo mi piace di riportarlo per intero, e servirà questo come di pietoso testamento del Grande Pontefice.
«È per me una grande consolazione vedervi qui riuniti a farmi gradita corona di figli affettuosi. Vi ringrazio dello zelo, che non cessate di manifestare per la tutela e la salute delle anime che vi sono affidate. Ringrazio i pastori delle anime che si sforzano di ottenere la frequenza della preghiera e dei Sacramenti. Ringrazio anche i pastori di anime, e tutti del clero secolare e regolare, delle preghiere che sotto la loro direzione i fedeli non hanno cessato d’innalzare a Dio per me. Vi invito tutti a ringraziarne in mio nome tutti coloro che alle vostre cure sono affidati. Ringraziateli, e significate loro che io domando a Dio che ad essi conceda la perseveranza nella preghiera, nella frequenza dei Sacramenti, nella fedeltà al Capo della Chiesa. Dite a questi ch’io mi ricordo di loro, e che prego Dio per essi ogni giorno, affinché voglia conservarli sotto l’ egida della sua destra proteggitrice. Una cosa ho poi a dirvi prima di congedarvi. So che vi sono sempre nelle diverse parrocchie degli ignoranti, che non hanno neppure le necessarie nozioni della religione. So pure che vi sono genitori colpevolissimi di lasciare siffattamente crescere i loro figliuoli in questa ignoranza religiosa; ma so ancora che noi dobbiamo correre in traccia dei peccatori per convertirli, e degli ignoranti per illuminarli. Cercate adunque gli ignoranti e illuminateli con zelo, affinché non si possa dire che nel centro del mondo cattolico vi sono anime che ignorano i principali misteri di nostra santa Religione. Adoperatevi con tutte le forze vostre per togliere da Roma questa vergogna; adoperatevi perchè mediante il vostro zelo e le vostre preghiere si convertano le anime, e la verità risplenda dappertutto nella Chiesa Santa. Son queste le parole che mi premeva di rivolgervi in questa circostanza, non permettendomi la debolezza mia di dirvi d’avvantaggio. Ed ora vi benedico. Benedico le vostre persone, le vostre case religiose, tutte le anime che vi sono affidate. Questa benedizione vi accompagni in tutti i giorni della vostra vita, e questa benedizione sia il tema delle vostre preghiere e delle vostre lodi, quando piacerà a Dio di chiamarvi in Paradiso. Benedictio Dei ecc.»
Nei due giorni seguenti 3 e 4 febbraio Pio IX mostrava un miglioramento notevolissimo, ma il giorno 5 si sentì colpito d’una leggera esacerbazione della bronchite che lo travagliava. Il giorno 6 in sul mezzo giorno gli si ridestò la febbre, e i medici tentarono di porvi rimedio con preparati di chinino e con istimolare la piaga della gamba sinistra. La febbre infatti perdette un poco la sua intensità, talché l’Augusto infermo passò abbastanza bene le ore di quella sera. Ma alle ore 4 del mattino seguente, 7 febbraio, Pio IX fu soprappreso da un grave malessere, con forte tremolio nelle membra, respirazione affannosa, polso contratto e celerissimo a sbalzi da non potersene contare le battute, e grande agitazione. Verso le ore 6 la febbre si dichiarò spieTata, aumentandosi in pari tempo la prostrazione e l’affanno. Tuttavia le sue facoltà intellettuali duravano limpide, e sereno restava l’animo suo. Verso le ore 8 e mezzo il Santo Padre domando di ricevere il SS. Viatico che gli fu portato da Mons. Marinelli, e premesse le preci di rito, si comunicò di propria mano. Ma intanto il polso diveniva sempre più debole e aumentava l’afflusso degli umori ai bronchi: laonde, aggravandosi il pericolo, verso le ore 9 fu amministrata all’Augusto infermo l’Estrema Unzione.
Intanto per ordine del Cardinale Vicario in tutte le Chiese di Roma veniva esposto il Santissimo Sacramento, e si facevano pubbliche preghiere, affinché il Signore non permettesse al mondo cattolico tanta sventura. Ma Iddio nei suoi imperscrutabili giudizii dispose altrimenti. Dalle 9 alle 10 il morbo inesorabile faceva rapidi progressi. Le membra erano quasi algide, e il lividore delle estremità indicava lo spegnersi di quella preziosissima vita; di più un rantolo di triste presagio accompagnava la respirazione. Pio IX nel suo sguardo mostrava la tranquillità del suo spirito. Alle ore 11 e mezza le sue mani omai livide ebbero ancora tanta forza di trarre di sotto il capezzale il crocifisso e benedire gli astanti, indi baciarlo con indicibile commozione. Verso il tocco, ad un’ora cioè dopo Mezzodì, il Cardinale Bilio cominciò a recitare le preghiere della raccomandazione dell’anima, e il Santo Pontefice, benché a grande stento, le ripeteva. Poi disse in domum Domini ibimus; ed essendosi il Cardinal Bilio soffermato prima di cominciare il proficiscere, il morente disse: Sì, sì, proficiscere … tanta era la limpidezza della sua mente!
Verso le 3 e mezza Pio IX entrò in agonia, perduti i sensi e con l’occhio velato. Alle ore pomeridiane 5 e minuti 40 il gran Pontefice esalò l’ultimo respiro.
Il pianto e i gemiti dei Cardinali assistenti e degli alti personaggi radunati nella camera, quando il Cardinal Bilio intuonò con voce commossa, il Requiem eternam, avvisarono della terribile sventura i Cardinali, i prelati, i patrizii, e gli ufficiali dei quali erano affollate le anticamere e le sale, e che in ginocchio stavano recitando il Rosario coi misteri dolorosi. Un generale scoppio di pianto dimostrò la loro desolazione. Quindi accorsero tutti, gli uni dopo gli altri, al letto del defunto Pontefice per baciare per l’ultima volta quella mano che tante volte s’era alzata per benedirli.
Indi dai medici fu rogato l’atto di morte: e alle ore 8 della stessa sera il Cardinal Pecci Camerlengo, accompagnato dai Chierici di Camera e dai dignitarii della Santa Sede, entrò nella stanza del morto Pontefice per compiervi la ceremonia della ricognizione del cadavere. Tutti caddero in ginocchio intorno a quel letto ove giacea in atto di placidissimo sonno il venerato Gerarca, e adorarono in profondo silenzio i decreti imperscrutabili della divina Provvidenza. Letto che fu l’atto di ricognizione del cadavere, il Cardinale Camerlengo richiese dell’Anello Piscatorio, che gli fu consegnato da monsignor Macchi, Maestro di Camera del defunto Pontefice, a fine di presentarlo al Sacro Collegio dei Cardinali nella prima congregazione.
Il cadavere del Santo Padre Pio IX composto in atteggiamento bellissimo, rimase intanto sul suo letticciuolo. Il volto mostrava tutta l’espressione di quella singolare bontà di cui rifulgeva in vita, ispirava tenerezza e faceva provare vivissimo il dolore della perdita di un si buon Padre. Alla mattina seguente per ordine del Cardinal Vi. cario tutte le campane di Roma suonavano a corrotto; e così in tutti i nove giorni seguenti, tre volte al giorno, come porta il costume in tali luttuose circostanze.
La mattina del giorno seguente 8 febbraio, tutti i Cardinali presenti in Roma si riunirono in Vaticano in Congregazione straordinaria; il che continuarono a fare tutti i giorni fino al 18 febbraio, in cui si chiusero in Conclave.
La sera del giorno 8 il dottor Ceccarelli coadiuvato dai suoi colleghi che aveano avuto l’onore di assistere in vita il Santo Padre, diede opera alla imbalsamazione del corpo di Pio IX con doppio metodo, cioè iniezione del corpo e conservazione dei visceri separati; e vi riuscì egregiamente.
Il giorno 9, il corpo del Santo Pontefice rivestito, fu esposto nella sua camera alla venerazione dei suoi fedeli, coperto di bianche lane colla mozzetta rossa contornata di ermellino e il camauro in testa. Avea le braccia conserte al petto e le bianchissime mani stringevano il Crocifisso che l’avea consolato negli ultimi suoi momenti.
L’aspetto del venerando Pontefice era quello del giusto che si addormenta nella pace del Signore; levigate come cera le pallide gote, le labbra quasi contratte a quel soave, a quel dolcissimo sorriso che ne rendeano si amabile e cara la conversazione. Ma gli occhi di quel nostro amatissimo Padre erano chiusi per sempre, e invano se ne cercava col palpito affannoso il vivo e intelligente splendore. Quella mano che sparse tante benedizioni e sollevò tante sventure, posava inerte sul petto, stringendo il crocifisso Signore, ultimo rifugio di chi crede e di chi ama. Due guardie nobili stavano ai piedi del funebre letto. Grandissimo fu il numero di coloro i quali accorsero al Vaticano per implorare la grazia di poter baciare il piede del Venerando Pontefice.
La stessa sera del giorno 9 verso le 6 e mezza le venerate spoglie del defunto Pontefice con mesto e solenne corteggio del Sacro Collegio dei Cardinali, delle guardie nobili, del clero e dei penitenzieri della Basilica Vaticana, di tutti i personaggi della nobile famiglia Pontificia, dei principi romani rimasti fedeli, dei moltissimi membri dell’alta aristocrazia e dei camerieri segreti di Sua Santità, per correndo le ampie sale del Vaticano, le famose logge di Raffaello, per le aule ducali e regie, per le scale, per i vestiboli, che sono tutti monumento imperituro della munificenza dei Pontefici Romani, venivano trasportate nella Cappella del Santissimo Sacramento nella Basilica vaticana, ove stava a riceverle il Capitolo di quella insigne Basilica. Compiute le meste ceremonie, tutti gli astanti si ritirarono, e quel Sacro Corpo rimase in custodia delle guardie nobili, cui spetta il diritto e il dovere di vegliarlo fino al momento della tumulazione.
Dalla domenica mattina, 10 febbraio, quel Sacro Corpo rimase esposto alla venerazione dei fedeli fino alla sera del mercoledì 13. Non bastando a trattenere il buon ordine della immensa folla, che tutti i giorni accorreva al Vaticano per rivedere ancora una volta l’Angelico Pontefice, i reali Carabinieri, le guardie municipali e quelle di sicurezza pubblica, fu d’uopo il concorso della truppa di linea che. in divisa di parata e, vuolsi far giustizia al merito, con lodevolissimo contegno, malgrado della grande fatica, sostenne l’irrompere talvolta violento della moltitudine, e contribuendo efficacemente all’ordine perfetto, impedì disordini e disgrazie.
Intanto giungevano a Roma i Cardinali delle Nazioni straniere, i quali subito prendeano parte alle quotidiane Congregazioni che si tenevano nel palazzo Apostolico Vaticano, nelle quali si discuteva il da farsi per osservare puntualmente quanto fu prescritto dalle Costituzioni Pontificie per il Conclave da tenersi subito dopo i novendiali. Imperocché Gregorio X, con la Costituzione: Ubi periculum, stabilì che accaduta la morte del Sommo Pontefice, i Cardinali presenti in Roma aspettassero dieci giorni soltanto, e poi entrassero in Conclave, fossero o no arrivati i Cardinali stranieri. Questa Costituzione approvata poi da altri Papi, fu pubblicata nel Concilio II di Lione nell’anno 1272.
In questo frattempo si lavorò notte e giorno con grandissima attività da circa 500 operai per l’isolamento di quel braccio del Vaticano scelto per l’alloggiamento del Sacro Collegio radunato in Conclave.
Verso le ore 4 pomeridiane del giorno 13 febbraio si fece sgombrare la folla dalla Basilica Vaticana, e si chiusero i cancelli, facendovi entrare per la porta della sagrestia quei personaggi e quelle dame che aveano ottenuto speciale permesso di assistere alla tumulazione della salma venerata dell’Angelico Pio IX.
Verso le ore 7 di sera i Cardinali discesero ordinatamente nella Cappella del Sacramento in San Pietro per rendere gli estremi onori alla salma dell’immortale Pontefice. Quivi giunti, vi trovarono il clero della Basilica; e dopo che tutti ebbero divotamente baciato il piede del grande Pontefice, preceduti dalla croce, uscirono processionalmente avviandosi verso la Cappella del coro. Le sacre e venerate spoglie di Pio IX circondate dalle guardie nobili coll’arma in pugno erano portate dai cappellani della Basilica Vaticana vestiti in cotta. Tutti genuflettevano sul suo passaggio; in ogni occhio avidamente fisso nelle placide e inalterate sembianze del grande Pontefice brillava una lagrima, e i repressi singhiozzi rompevano appena il silenzio maestoso di quel solenne momento. Il sacro cadavere fu deposto nel mezzo della Cappella del coro, e mentre si compivano le preci di rito, tutti gli astanti presaghi che fra poco quel sacro corpo sarebbe sottratto per sempre alla loro venerazione e al loro amore, stamparono un ultimo bacio, bagnarono di nuove lagrime quei piedi venerati guardando l’ultima volta quelle care sembianze.
Il corpo del Grande Pontefice fu collocato in una cassa di cipresso stata precedentemente collocata in un’altra di piombo. Composto che fu con tutta la riverenza quel sacro cadavere, Monsignor Ricci, maggiordomo del defunto Pontefice, vi depositò accanto tre borse di velluto contenenti tante medaglie d’oro, d’argento e di bronzo, quante corrispondevano agli anni del glorioso Pontificato di Pio IX.
L’elogio del Pontefice scritto in latino su pergamena e chiuso in un tubo di metallo fu deposto anch’esso ai piedi del Santo Padre.
Chiuse e suggellate, come di costume, queste due casse, si fece avanzare una terza cassa di castagno, nella quale fu introdotto il corpo del defunto Pontefice chiuso nelle precedenti casse, e trasportatolo al luogo preparato, che è a sinistra della cappella del coro, ivi fu tumulato come di uso. La cassa fu lentissimamente levata in alto, e giunta al luogo di deposito, vi fu reverentemente sospinta, e disparve nella grossezza del muro. Gli operai si misero al lavoro e in brevissimo tempo alzarono un muro che la chiuse perfettamente; vi fu sopra collocata una lapide colle semplici incise parole: Pius IX P. M.
Sulla cassa di piombo venne posta la seguente iscrizione sormontata da una croce.
CORPUS
PII IX. P. M.
VIXIT. AN. LXXXV. M. VIII. D. XXVI
ECCLES. UNIVER. PRAEFUIT
ANN. XXXI. M. VII. D. XXIII
OBIIT. DIE VII. FEBR. AN. MDCCCLXXVIII.
Quantunque la tumulazione della salma del Grande Pontefice Pio IX fosse affatto privata, tuttavia fu abbastanza grande il numero delle persone a cui era stato concesso di assistervi. Oltre le guardie nobili, le svizzere e le palatine d’onore, vi furono presenti i congiunti di sangue del defunto Pontefice, e in speciale tribuna tutto il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: tutti i principi Romani rimasti fedeli e moltissima parte della aristocrazia romana, diversi principi stranieri ed altri illustri personaggi italiani e stranieri. Di più tutta la nobile anticamera era al suo posto di onore; e così tutti i camerieri segreti e d’onore di spada e cappa, molti dei quali, esteri, erano accorsi a Roma, per rendere quest’ultimo atto di omaggio al loro Signore.
Il tumulo in cui fu deposto il corpo di Pio IX è provvisorio, cioè quel medesimo in cui furono tenute le spoglie mortali dei suoi predecessori, finchè non fossero apprestate le loro tombe. Pio IX avrà il suo sepolcro permanente nella Basilica di san Lorenzo fuor delle mura, al Campo Verano, dove riposano le reliquie dei Santi Stefano e Lorenzo : e ciò per espresso volere di Pio IX medesimo.
Nelle ore pomeridiane del giorno 15 febbraio, il cardinale Camarlengo, Gioacchino Pecci, Arcivescovo di Perugia, convocati presso di sè i congiunti del defunto Pontefice, faceva leggere le disposizioni testamentarie di Pio IX, le quali erano già consegnate in alcuni fogli scritti di propria mano del Papa nell’anno 1875 e ravvolti con un nastro di seta, dal quale erano contenute altre memorie ed appunti di epoca posteriore. Tra queste disposizioni testamentarie trascriviamo il tratto seguente per sempre più far conoscere al popolo questa stupenda e immortale figura di Pontefice.
«Il mio corpo divenuto cadavere sarà sepolto nella Chiesa di san Lorenzo fuori le mura, precisamente sotto il piccolo arco esistente sotto la così detta graticola, ossia pietra nella quale si designano anche adesso le macchie prodotte dal martirio dell’illustre levita. La spesa del monumento non deve eccedere quattrocento scudi. Fuori del modesto monumento si vedrà scolpito un triregno con le chiavi; poi una epigrafe concepita nei termini seguenti:
OSSA ET CINERES PII P. IX
SUM. PONT. VIXIT ANN…
IN PONTIFICATU AN…
ORATE PRO EO.
E finalmente lo stesso Pio IX dispose che lo stemma gentilizio da sovrapporsi al tumulo debba essere un teschio di morto. Di più lasciò italiane lire centomila ai poveri di Roma, che furono distribuite subito per mezzo del Cardinale Vicario; e un ricordo a tutti i principi spodestati d’Italia, cioè a Francesco II Re di Napoli, a Ferdinando Arciduca di Toscana, a Roberto Duca di Parma, alla vedova Duchessa di Modena: volle anche lasciare un ricordo ad Isabella II regina di Spagna, associando a costoro Alfonso di Borbone ex-zuavo Pontificio e la Principessa di Turn e Taxis.
Oh quanto fu grande Pio IX anche in morte! Egli che fu il più grande uomo del suo tempo per la santità della vita, per la fortezza dell’animo, la carità e la munificenza sua, anche morto volle far stupire il mondo con l’umiltà sua. Alle spoglie di tanto Pontefice, cui la storia darà il nome di Grande, la somma divozione del mondo cattolico avrebbe eretto il più dovizioso e magnifico dei monumenti, che trasmettesse ai posteri la memoria delle sue virtù. Ma l’umiltà del santo Vegliardo nol volle. Nella sua ardente ed inestinguibile carità Egli non consentì ad essere, neppur dopo morte, diviso dai suoi poverelli, e volle essere sepolto in mezzo a loro. Tutto adunque fu grande in Pio IX. Viva e sempre Viva Pio IX il Grande.
Osservando fedelmente le tradizioni e costumanze dei novendiali per il defunto Pontefice, il S. Collegio degli Eminentissimi Cardinali di Santa Romana Chiesa celebrò nel 15, 16 e 17 febbraio, nella Cappella Sistina del Palazzo Apostolico in Vaticano, i funerali in suffragio dell’anima benedetta di Pio IX. Questi finiti, la sera del 18 febbraio 1878 i Cardinali riuniti nella Cappella Paolina, e ivi recitate le preci preparatorie al Conclave, processionalmente cantando il Veni Creator si recarono nella Cappella Sistina, ed ivi dopo una breve esortazione del Cardinale Di Pietro sotto-decano del S. Collegio dei Cardinali; e fatta lettura delle Costituzioni Pontificie intorno al Conclave ed alla elezione del nuovo Papa, che i Cardinali obbligaronsi con giuramento di osservare, entrarono in Conclave.
Il Sacro Collegio alla morte di Pio IX contava 64 Cardinali. Due soli impediti da grave infermità non poterono recarsi al Conclave: un terzo per la grande distanza, e fu quello di Nuova York, non poté giungere a Roma in tempo: gli altri erano tutti presenti. L’assistenza e l’opera efficacissima dello Spirito Santo manifestossi visibile: in poco più di 36 ore fu dato alla Chiesa il successore a Pio IX. Alle ore 1 e un quarto pom. del giorno 20 febbraio 1878, dalla gran Loggia della Basilica Vaticana, dall’ Emo Cardinal Caterini, primo Cardinale dell’Ordine dei Diaconi, fu annunziato al mondo il fausto avvenimento allora allora compiuto colle seguenti parole: Annuntio vobis guadium magnum. Habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum Ioachin Pecci, qui sibi nomin eimpositi Leonis XIII
Francesco Croce, Vita popolare di Pio IX, Prato, 1878, p. 204-215
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