di Nicolò Volpe

Dalle nostre parti pochi conoscono quanto i tradizionalisti soffrirono in Spagna per il terrorismo della banda marxista ETA dagli anni ’60 fino alla fine degli anni ’90 del secolo XX.

Con il termine “tradizionalisti” si intendono non i cosiddetti cattolici della Tradizione, frequentanti la Messa di sempre (sarebbe più semplice definirli cattolici e basta) ma coloro i quali si riconoscono in una visione della società fondata su Dio, Patria (il patriottismo concreto fondato su ben precise realtà storiche che niente ha a che vedere con il nazionalismo di matrice liberale), gli storici statuti di autonomie regionali (in Spagna chiamati fueros) e il Re legittimo (di origine ma soprattutto di esercizio). La Tradizione spagnola è il Carlismo, movimento politico e culturale che, nonostante le diverse vicissitudini storiche, non scomparirà mai perché costituisce l’essenza stessa della Spagna cattolica.

La storia di quei carlisti, che nelle terre basche di Spagna pagarono anche con la propria vita la fedeltà alla Santa Tradizione negli anni del disimpegno e della paura di fronte alla minaccia terrorista, ci viene raccontata da Victor Javier Ibañez in un interessante libro giunto ora alla seconda edizione ed intitolato “UNA RESISTENCIA OLVIDADA: Tradicionalistas martires del terrorismo”, Ediciones Auzolan.

Nel 1958 nasceva il gruppo terrorista ETA che, ad un nazionalismo tanto estremista e figlio del liberale PNV (Partito Nacionalista Vasco) quanto posticcio e privo di legittimità storica, univa la violenza e il fanatismo del totalitarismo marxista.

Fin dalla prima azione, nel 1961, ETA prendeva di mira i carlisti. Un treno che trasportava cinquecento reduci biscaglini del valoroso Requeté (la milizia carlista che si era distinta nella Crociata che aveva liberato la Spagna dalle orde staliniste ed anarchiche negli anni 1936-39) diretti a San Sebastian per celebrare il XXV anniversario dell’Alzamiento Nacional sfuggiva per grazia divina ad un fallito tentativo di deragliamento messo in atto dai terroristi.

Gli attentati iniziarono a susseguirsi includendo gli attacchi blasfemi (che continuano ancora oggi) e in odium Fidei contro monumenti religiosi e cappelle in cui si custodivano bandiere dei requetés, sedi di quotidiani tradizionalisti e per finire gli omicidi.

Tra questi mi è rimasto particolarmente impresso quello di Carlos Erguimberri Elorriaga, di Deva, cittadina marittima della regione del Guipuzcoa, di idee tradizionaliste, ex consigliere comunale ed autista di bus ucciso a colpi di arma da fuoco mentre era alla guida del suo bus, di fronte a 22 persone.

Un altro assassinio particolarmente efferato fu quello di José Maria Arrizabalaga Arcocha, responsabile della Gioventù Tradizionalista nella regione di Vizcaya (Biscaglia), originario di Ondarroa, villaggio di pescatori della summenzionata regione. Bibliotecario e militare paracadutista, in condizioni di ridotta mobilità personale a causa di un incidente di lancio, mentre lavorava nella biblioteca comunale veniva freddato da un commando ETA in presenza di alcuni bambini.

Una domanda appare lecita, perché tanto accanimento nei confronti dei tradizionalisti, considerando che a metà degli anni ’70 il peso politico del movimento era pressoché a zero? Infatti la paradossale sbandata verso il marxismo del pretendente al trono carlista don Carlos Hugo, che insieme ai suoi seguaci aveva abbracciato un farneticante socialismo autogestionario alla yugoslava, aveva condotto allo sfaldamento del movimento e al conseguente allontanamento della maggior parte dei carlisti tra cui i veterani requetés che a poco a poco si andavano raggruppando intorno alla figura di don Sixto Enrique, Abanderado de la Tradicion e autentico rappresentante del Carlismo.

La domanda ha diverse risposte, la prima era la delirante volontà dei terroristi di vendicare la sconfitta dei gudaris i combattenti del cosiddetto ”esercito basco” (Eusko Gudarostea) alleati dei repubblicani colpendo i carlisti che in Navarra e nelle altre terre basche erano stati protagonisti della vittoria del Bando Nacional.

In secondo luogo vi era e vi è tuttora un violento odio da parte di ETA e dei suoi fiancheggiatori nei confronti del Carlismo e del suo patrimonio di idee storicamente radicate tra i baschi e tra tutti gli spagnoli, tra cui la fedeltà all’unica vera Fede, al re legittimo e la difesa delle autonomie e delle specificità storiche, linguistiche e culturali regionali in una Spagna unita in nome di un sano patriottismo senza antistorici separatismi.

Non si spiegherebbe altrimenti l’accanimento nei confronti della famiglia Baleztena, di lingua basca, protagonista della storia del carlismo in Navarra1, fedele alla Tradizione e impegnata nella difesa delle tradizioni culturali e linguistiche basche, le cui case a Pamplona, sono state ripetutamente oggetto di lanci di pietre e altri oggetti, scritte di minaccia e provocazioni da parte dei separatisti.

Nemmeno si spiegherebbero gli assassinii di carlisti ormai non più attivi politicamente o semplicemente simpatizzanti.

Ciò si collega anche al fatto che i tradizionalisti furono un obiettivo relativamente facile per i terroristi fin dal periodo del tardo franchismo. Poco inclini al compromesso politico, a fatica tollerati dal regime di Franco, disillusi nei confronti di una transizione partitocratica e di una costituzione liberale che di cattolico non aveva nulla, i carlisti non godevano di protezioni in alto loco.

Victor Javier Ibañez ci racconta anche come le minacce e la vera e propria persecuzione da parte dei terroristi spinse diversi tradizionalisti baschi e le loro famiglie ad un esilio volontario in altre regioni della Spagna in cui spesso contribuirono alla rinascita del movimento carlista.

Per un grottesco paradosso, queste famiglie fedeli alla Tradizione, sulle cui case i separatisti scrivevano minacce idiote come “fuori i conquistatori spagnoli”, erano di antico lignaggio basco mentre molti terroristi, mette in evidenza l’autore, erano figli dell’immigrazione da altre regioni di Spagna verso le terre basche iniziato sotto l’impulso del regime di Franco.

L’interessante testo si conclude con la narrazione dell’azione politica dei tradizionalisti in Navarra ma anche in altre zone come Guipuzcoa, Biscaglia e Alava, durante le elezioni politiche del 1977, le prime della cosiddetta transizione. I carlisti parteciparono e diedero vita a diverse coalizioni di ispirazione cattolica, a favore delle autonomie regionali e dell’unità della Spagna tra cui Alianza Foral Navarra (AFN) che si opponeva al progetto di inclusione della Navarra in una regione autonoma basca caldeggiato dai separatisti ma anche dal gruppo nazionalsocialista CEDADE.2

Sono pertanto lieto di aver potuto presentare ai lettori di Radio Spada questo tema data la mia affezione al Carlismo, la più bella realtà prodotta dalla Spagna cattolica, insieme ai suoi grandi Santi. Alle vittime tradizionaliste spagnole del terrorismo vadano le nostre preghiere, ricordando con le parole del volontario requeté romagnolo Alfredo Roncuzzi che “..qualunque cosa accada, niente di quel che sofferto e offerto rimarrà nell’anonimato di fronte a Dio”.3

1 La Navarra è una regione storica in cui convivono da secoli la lingua bascaa (euskera) e la lingua castigliana.

2 Circulo Español de Amigos de Europa

3 Alfredo Roncuzzi, L’altra frontiera, un requeté romagnolo nella Spagna in guerra”, Ravenna, Il Girasole, 2010, pag. 227.