del Guelfo Rosa

Carissimi,

Eccoci: è tutto un esultare per l’arrivo di SuperMario, è tutto un plaudire alla “saggezza” di Mattarella. Insomma: è tutto bellissimo. Persino i neo-cattolici (o meglio: gli pseudocattolici neomodernisti) hanno scoperto che Mario è “credente e amato in Vaticano”. Manca solo una sploverata di “Santo Subito!” e il gioco è fatto.

Bene, ora torniamo alla realtà. Che Mario Draghi abbia ottimi rapporti Oltretevere è cosa nota, e lo è da un tempo di gran lunga superiore alla sua nomina – da parte di Bergoglio – all’Accademia delle Scienze Sociali.

Fin qui la solita lagna riduzionista di quel complottismo un tanto al chilo che ritiene i problemi nati l’altroieri, ha gioco facile. Ma – lo sapete – su queste colonne si è abituati a fare un passo in più. Ovvero: pensate davvero che la faccenda si risolva con l’attivismo argentino?

No, ovvio. Draghi è un nome di rilievo internazionale da molti anni e il tracollo neomodernista della gerarchia cattolica è lì da vedere fin dalla “primavera conciliare”.

Lo stesso Ratzinger non mancò di attenzioni per il Governatore. A riprendere questi fatti non troppo noti è stato recentemente un articolo di Maria Antonietta Calabrò sull’HuffPost:

Quando la stesura dell’ultima enciclica sociale della Chiesa, la Caritas in Veritate (29 giugno 2009) era ormai quasi pronta, Benedetto XVI chiese all’allora Segretario di Stato Tarcisio Bertone che fosse Mario Draghi a rileggerla prima della pubblicazione. Draghi, che era Governatore della Banca d’Italia lesse quindi quell’Enciclica in anteprima. In un week end. E diede l’ultimo “disco verde” alla pubblicazione.

[…] E questo appunto fece Draghi, che in seguito il 9 luglio del 2009, scrisse un ampio commento sull’Enciclica sull’Osservatore Romano.

Il fatto è confermato anche qui e qui. Sul commento successivo di Draghi torneremo a breve.

La Caritas in Veritate – lo si dica con benevolenza – è uno dei soliti mappazzoni tuttologici che vanno tanto di moda nel neo-Vaticano liberale, prontissimo a parlare di ambiente, culture amazzoniche, economia, diritto al lavoro, ma con una “piccola” dimenticanza: la Regalità Sociale di Cristo, sui singoli e sulle nazioni.

Pur in un testo ampio e – va detto – non senza distinguo, la Caritas in Veritate ha espressioni a dir poco ambigue. Un esempio:

Per non dar vita a un pericoloso potere universale di tipo monocratico, il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su più livelli e su piani diversi, che collaborino reciprocamente. La globalizzazione ha certo bisogno di autorità, in quanto pone il problema di un bene comune globale da perseguire; tale autorità, però, dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico, sia per non ledere la libertà sia per risultare concretamente efficace.

Queste frasi – e diverse altre – se lette nello spirito del disastroso discorso di Paolo VI all’ONU, rischiano di produrre equivoci inquietanti. Ancor più se meditate alla luce del commento stesso che ne fece Draghi su L’Osservatore Romano nell’articolo già mezionato (tra l’altro riportato integralmente sul sito ufficiale del Vaticano, 9 luglio 2009). Un’interpretazione doppiamente autentica. Scriveva l’allora Governatore della Banca d’Italia sul giornale della Santa Sede:

In questo contesto il Papa richiama la necessità di un’autorità politica mondiale, evocata già da Giovanni XXIII, come pure, in termini diversi, da Kant più di due secoli fa. È una indicazione coerente con la consapevolezza che con la globalizzazione le esternalità si moltiplicano a un ritmo impensabile solo pochi decenni fa – si pensi al caso paradigmatico del clima – e impongono in prospettiva un orizzonte planetario di governo.

Per ora fermiamoci qui, è meglio.

State bene,


Per approfondire:


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