Nell’officiatura della Domenica di Passione la Santa Chiesa fa leggere il seguente passo estratto dal Sermo 9 de Quadragesima del santo pontefice Leone Magno. Lo offriamo ai Lettori in traduzione italiana.
Non ignoriamo, o dilettissimi, che il mistero pasquale occupa il primo posto fra tutte le solennità cristiane: il nostro modo di vivere durante l’anno intiero deve, certo, colla riforma dei nostri costumi disporci a celebrarlo in maniera degna e conveniente: ma i giorni presenti soprattutto esigono la nostra devozione, perché sappiamo che essi sono prossimi a quello in cui celebriamo il mistero più sublime della divina misericordia. Con ragione e per ispirazione dello Spirito Santo i santi Apostoli hanno ordinato in questi giorni digiuni più rigorosi: affinché con una partecipazione comune alla croce di Cristo, anche noi facciamo qualche cosa che ci unisca a ciò ch’egli ha fatto per noi, siccome dice l’Apostolo: «Se soffriamo con lui, saremo glorificati con lui». Dove è la partecipazione alla passione del Signore, è certa e sicura l’ aspettazione della felicità che ci è promessa.
Non c’è alcuno, o dilettissimi, cui si neghi d’essere associato a questa gloria, e la condizione del tempo non l’ostacola, quasi che nella tranquillità e nella pace non ci sia occasione di praticar la virtù. E l’Apostolo l’ha predetto dicendo: «Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo, soffriranno persecuzione»: e perciò la prova e la persecuzione non mancheranno mai, se non verrà meno giammai la pratica della pietà. Difatti il Signore esortando i suoi Apostoli) dice: «Chi non prende la sua croce, e mi segue, non è degno di me». Questa parola, non possiamo dubitarlo, riguarda non solo i discepoli di Cristo, ma tutti i fedeli, la Chiesa intera, la quale, nella sua universalità, ascoltava le condizioni della salute nella persona di quelli che allora erano presenti.
E come è dovere di tutto il corpo il vivere piamente, così l’obbligo di portare la croce è di tutti i tempi: e non senza motivo si consiglia a ciascuno di portare la sua croce, essendo che ognuno n’è caricato in maniera e misura a lui propria. La persecuzione è designata con una sola parola, ma esiste più d’una causa di combattimento: e ordinariamente c’è a temere più da uno che tende insidie di nascosto, che da un avversario dichiarato. Il beato Giobbe, che aveva appreso che i beni e i mali si succedono in questo mondo, diceva con pietà e verità: «Non è forse una tentazione la vita dell’uomo sulla terra?». Non sono soltanto i dolori e i supplizi del corpo che assalgono l’anima fedele, perché essa è minacciata da grave malattia, ancorché tutte le membra rimangano perfettamente sane, se si lascia rammollire dai piaceri del senso. Ma siccome «la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito contrari alla carne», l’anima ragionevole è munita del soccorso della croce di Cristo, onde non acconsenta ai desideri colpevoli allorché è tentata, perché è trafitta e trattenuta dai chiodi della continenza e dal timor di Dio.
Fonte : divinumofficium.com
Immagine : El Greco, Cristo abrazado a la cruz, 1597, Museo del Prado, Madrid / commons.wikimedia.org
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