di Luca Fumagalli
Per un’introduzione sulla figura e i romanzi di David Lodge: https://www.radiospada.org/2020/08/i-romanzi-cattolici-di-david-lodge/
Per chi fosse interessato ad approfondire l’opera dei tanti scrittori cattolici di lingua inglese si segnala l’uscita del saggio “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo”. Link all’acquisto: http://www.edizioniradiospada.com/component/virtuemart/ecommerce/dio-strabenedica-gli-inglesi-note-per-una-storia-della-letteratura-cattolica-britannica-tra-xix-e-xx-secolo-308-detail.html?Itemid=0

In verità Quante volte figliolo? è una lettura poco consigliabile. Difatti il romanzo, pur essendo tecnicamente un “Catholic Novel”, ovvero, con buona approssimazione, un’opera narrativa che affronta esplicitamente temi legati alla Fede, è impregnato di una sensualità troppo ridondante ed esasperata (sebbene spesso impiegata con intento meramente satirico). Del resto l’autore, l’inglese David Lodge, non ha nulla del fedele ortodosso, men che meno del “tradizionalista”: lui stesso preferisce ambiguamente definirsi un «agnostico cattolico».
Il romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1980, ha però almeno il pregio di descrivere lucidamente i drammatici cambiamenti avvenuti in seno alla Chiesa tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del XX secolo. Lodge regala al lettore una disamina certo cinica, a tratti spietata, di quello che era il credo cattolico prima del Concilio Vaticano II, ma allo stesso tempo è abilissimo nel mostrare i danni causati dal progressismo teologico, danni di cui lui stesso, essendo nato nel 1935, è stato testimone diretto. Anche questo è uno dei motivi per cui l’inglese sceglie di non nascondere la propria presenza dietro il testo, intervenendo spesso a commento degli accadimenti e svelando i meccanismi che determinano le scelte creative del romanziere. Le sue costanti sottolineature rimangono preziose pure per cogliere il filo rosso della rivoluzione ecclesiastica che si dipana attraverso le storie confuse dei vari personaggi.

Quante volte figliolo? è un’opera corale che tratta le vicende di un gruppo di amici cattolici a partire dal 1952, anno che coincide con l’inizio dei loro studi universitari a Londra, fino al 1978, quando viene eletto al soglio pontificio Giovanni Paolo II. Se il periodo dell’università è caratterizzato da un’osservanza rigorosissima delle regole della Chiesa, con conseguente cascame di ossessioni e frustrazioni, la maturità dei protagonisti coincide con la loro graduale emancipazione da quelle che prendono a essere considerate dalla maggior parte dei loro correligionari nulla più che ridicole superstizioni del passato. L’epoca di mons. Knox, dei vari Waugh e Greene, lascia spazio poco alla volta a una modernità sulle prime intrigante, che offre ampi margini di libertà ai fedeli, ma che alla fine svela nella sua volgare orizzontalità un fondo di disperazione. Per quanto la visione metafisica dei protagonisti, al tempo della scuola, fosse piuttosto ridicola – «Era un po’ come il gioco dell’oca: il peccato ti faceva retrocedere verso l’abisso infernale; i sacramenti, le buone azioni, gli atti di mortificazione, ti permettevano di avanzare verso la luce» – la loro vita adulta pare essersi arenata in un deserto spirituale: «A un certo momento degli anni Sessanta scomparve l’inferno. Nessuno sarebbe in grado di dire con certezza quando questo avvenne. Prima era lì, poi non c’era più. […] A conti fatti fu un grande sollievo […] pur causando nuovi guai». Minimizzati i dogmi, si innesca un effetto domino che vede la religione cattolica crollare pezzo dopo pezzo fino a ridursi a una vaghissima aspirazione spirituale, dai contorni tutt’altro che definiti (una smaliziata Polly a questo punto non può fare a meno di domandarsi: «Perché essere proprio cattolico, anziché qualcos’altro, addirittura niente?»).

Teologia della liberazione, femminismo, confessioni di gruppo, messe beat, “genitorialità responsabile” ed estasi pentecostali sono solo alcuni degli ingredienti che caratterizzano una Chiesa che al fondo non sa più di nulla, tanto fumo e poco arrosto, con vocazioni ovunque in drammatico calo e con sacerdoti e religiosi che volentieri abbandonano l’abito per ritornare allo stato laicale (e magari trovare moglie). Anche i protagonisti appaiono sempre più allo sbando: Miles, ad esempio, dopo decenni di castità si abbandona alle sue pulsioni omosessuali, ritornando infine nella Chiesa anglicana – che meglio si confà al suo conservatorismo liturgico – mentre altri, come Violet o Dennis, rimangono invischiati in matrimoni infelici, tra occasionali scappatelle e figli indesiderati. Naturalmente c’è anche chi riesce in qualche modo a cavarsela, ma l’atmosfera che si respira nell’epilogo del libro è quella di una disfatta spirituale completa, sia personale che collettiva.
Il titolo originale del romanzo, How Far Can You Go?, a differenza di quello italiano – che allude alla tradizionale formula usata dal sacerdote durante la confessione – riecheggia la domanda «Fino a che punto?» che ritorna con insistenza nel corso della storia, marcando all’inizio gli scrupoli sessuali dei protagonisti adolescenti per poi diventare una preoccupazione radicale sul senso profondo delle trasformazioni teologiche in corso. E Lodge, con acume, individua all’origine della rivoluzione conciliare l’inversione dei tradizionali fini del matrimonio, con il piacere che sopravanza la procreazione, consegnando di conseguenza ai laici una rischiosa indipendenza morale: «E’ chiaro che lo spirito edonistico e progressista si è imposto con forza travolgente sia all’interno sia all’esterno della Chiesa: i giovani cattolici, diventati ormai adulti, hanno più o meno le stesse opinioni dei loro coetanei non cattolici sull’importanza della soddisfazione sessuale e del controllo della fertilità, e si tratta solo di una questione di tempo se non è ancora stato concesso ai preti di sposarsi e alle donne di diventare sacerdoti».

Difficile prevedere cosa riserverà il futuro, quali altre tempeste dovrà affrontare la barca di Pietro. Al netto dei limiti, un romanzo come Quante volte figliolo? offre comunque una splendida diagnosi dei mali che hanno condotto la Chiesa fino alla crisi attuale. Ora l’unica cosa che resta da fare è pensare alla cura più efficace.