Gli Ugonotti, i calvinisti francesi, non furono i miti agnellini vittime dell’intolleranza cattolica e del cinismo di Caterina de Medici. Al contrario di quanto ci ha raccontato e racconta una storiografia menzognera, volutamente tale in odio alla Chiesa, furono ribelli violenti ed efferati, il cui odio anticattolico non si limitava a far strage di vivi, ma arrivò ad offendere il sacro riposo dei morti. Vieppiù si accanivano se il morto era un santo, come avvenne, tra innumerevoli altri, al corpo incorrotto di san Francesco di Paola (conservato a Plessis-lez-Tours dove il Calabrese era spirato il 2 aprile 1507) il quale fu dato alle fiamme il 13 aprile 1562. Così racconta il macabro delitto Fra’ Isidoro Toscano da Paola.
Questo fedele Confessore di Gesù Cristo […] avendo sofferto e patito quasi un continuo martirio vivente, non solo col desiderio, ma con le volontarie ed asprissime penitenze che sostenne per il corso di novantun anni, come di lui canta la Santa Chiesa: longum tulit martyrium; fu anche abbruciato il suo corpo dagli Eretici.
Accadde allora che i seguaci dell’eresia in alcune parti di Francia sollevati ed animati dalle prediche di Teodoro di Beza e d’altri ministri e discepoli di Giovanni Calvino, si ribellarono contro il loro legittimo Re Carlo e, violando le leggi divine ed umane, sorpresero infatti parecchie città di quel Regno, quasi tutte quelle che sono sulla riviera della Loira, spogliando e derubando le chiese e profanando le cose più sacrosante, facendo guerra non solo ai vivi, depredando i loro beni ed uccidendoli senza misericordia, ma anche a i morti ed alle loro ceneri, buttandole al vento ed alle fiamme, dopo avere aperte le loro casse e dissotterrando i corpi per disturbare il loro riposo.
[…] Il 13 d’Aprile del 1562 questi empi, portatisi al Sepolcro di San Francesco, senza punto intenerirsi e compungersi per avervi trovato il suo Santo Corpo fresco ed intero, come se allora vi fosse stato collocato, cacciatolo fuori e trascinandolo per i piedi – nell’uscir dalla porta gli si dislogò un osso dell’omero destro, notabile circostanza che ci manifesta benissimo che quel Santo Corpo era intero a capo di cinquantacinque anni che trapassò – lo condussero nella Foresteria del Monastero, dove non lo poterono bruciare se non quando, essendogli mancata la legna, che vi consumarono in gran quantità, adoprarono i legni della Croce d’un Crocifisso grande ed altre Croci degli altari della Chiesa. Meritamente, perché sovente aveva meditato i dolori di Cristo che per noi soffrì nell’orto degli Olivi e nel Calvario; ed allegramente aveva portata, in tutti i giorni di sua vita, la Croce del suo Maestro, gli rendé la medesima testimonianza dopo la sua morte.
Isidoro Toscano, Vita, Virtù, Miracoli ed Instituto di San Francesco di Paola, Fondatore dell’ordine dei Minimi, Salvioni, Roma, Sal p. 472-473. Abbiamo adattato il testo al linguaggio corrente per favorirne la massima comprensione.
Immagini: Juan de Espinal, Martirio di san Francesco di Paolo, seconda metà del XVIII sec., Santuario di San Francesco di Paola, Paola / aboutartonline.com