di Massimo Micaletti

“I) Considera, come nell’inferno non v’è fine: si patiscono tutte le pene, e tutte eterne. Sicché passeranno cento anni di quelle pene, ne passeranno mille, e l’inferno allora comincia; ne passeranno cento mila, e cento milioni, mille milioni d’anni e di secoli, e l’inferno sarà da capo. Se un angelo a quest’ora portasse la nuova ad un dannato che Dio lo vuol cacciare dall’inferno, ma quando? quando saran passati tanti milioni di secoli, quante sono le goccie d’acque, le frondi degli alberi e le arene del mare e della terra, voi vi spaventereste; ma pur è vero che quegli farebbe più festa a questa nuova, che non fareste voi, se aveste la nuova d’esser fatto re d’un gran regno. Sì, perché direbbe il dannato: È vero che hanno da passare tanti secoli, ma ha da venire un giorno che han da finire. Ma ben passeranno tutti questi secoli, e l’inferno sarà da capo; si moltiplicheranno tante volte tutti questi secoli, quante sono le arene, le goccie, le frondi, e l’inferno sarà da capo. Ogni dannato farebbe questo patto con Dio: Signore, accrescete voi quanto vi piace la pena mia: allungatela per quanto tempo vi piace; basta che ponghiate termine, e son contento. Ma no, questo termine non vi sarà mai. Almeno il povero dannato potesse ingannare se stesso, e lusingarsi con dire: Chi sa, forse un giorno Dio avrà pietà di me, e mi caccerà dall’inferno! No, il dannato si vedrà sempre in faccia scritta la sentenza della sua dannazione eterna, e dirà: Dunque tutte queste pene ch’ora patisco, questo fuoco, questa malinconia, queste grida non hanno da finire mai, mai? E quanto tempo dureranno? sempre, sempre. Oh mai! Oh sempre! Oh eternità! Oh inferno! Come? gli uomini ti credono, e peccano, e seguitano a vivere in peccato?

II) Fratello mio, sta attento, pensa che per te ancora sta l’inferno, se pecchi. Già arde sotto i tuoi piedi questa orrenda fornace, ed a quest’ora che leggi quante anime vi stan cadendo? Pensa che se tu ci arrivi una volta, non ne potrai uscire più. E se qualche volta già t’hai meritato l’inferno, ringrazia Dio che non ti ci ha mandato; e presto, presto rimedia quanto puoi, piangi i tuoi peccati; piglia i mezzi più atti che puoi per salvarti: confessati spesso, leggi questo o altro libretto spirituale ogni giorno, prendi la divozione a Maria col rosario ogni giorno, col digiuno ogni sabbato: nelle tentazioni resisti, chiamando spesso Gesù e Maria: fuggi l’occasioni di peccare, e se Dio ti chiama anche a lasciare il mondo, fallo, lascialo: ogni cosa che si fa per iscampare da una eternità di pene è poco, è niente. «Nulla nimia securitas, ubi periclitatur aeternitas» (S. Bern.). Per assicurarci nell’eternità non vi è cautela che basti. Vedi quanti anacoreti, per sfuggire l’inferno sono andati a vivere nelle grotte, ne’ deserti! E tu che fai, dopoché tante volte t’hai meritato l’inferno? Che fai? che fai? Vedi che ti danni. Datti a Dio, e digli: Signore, eccomi, voglio fare tutto quello che volete da me.

Maria, aiutami”.

Questa immagine tremenda che Sant’Alfonso ci dà dell’inferno fa venire in mente una parola su tutte: disperazione. L’inferno è senza fine, eterno, e il Santo lo ricorda come ammonimento ma anche indicandoci le vie per evitarlo, che sono più d’una e più di tutte è il ricorso a Gesù e Maria che ci salva. E vi si faccia ricorso non solo nel momento della tentazione, ma anche per fuggire dalla prossimità alla tentazione e più ancora per affidarsi a Cristo, alla Vergine a Dio. In fondo, leggendo il santo, scampare l’inferno pare cosa semplice – semplice, non facile! – che si realizza donandosi al Signore, ossia consegnando la volontà, i pensieri, le opere a Colui che più di ogni altro – più di noi stessi – vuole che non andiamo alla dannazione eterna. Colui che, nella persona del Figlio, ha combattuto e vinto la morte eterna: lo ha fatto per noi, per salvarci tutti. Dall’inferno, ammonisce Sant’Alfonso, nessuno può salvarsi da sé e deve affiancare alla ferma volontà il fiducioso abbandono per il mezzo della preghiera e della prudenza. non si tratta di fideismo: Sant’Alfonso visse nel periodo dei Lumi e ben sapeva quali calunnie e scherni rivolgessero gli autoproclamati “liberi pensatori” ai credenti. Scampare la dannazione è uno sforzo della volontà assistita da Dio e temprata dalla preghiera e dalla diuturnitas nelle pratiche religiose e nella formazione spirituale, un percorso virile, costruito sulla tenacia e sull’umiltà, in risposta all’Amore di Dio che ha mandato Suo Figlio a morire per noi.