Sintesi della 650° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di Coronavirus, preparata nella domenica intra l’Ottava dell’Ascensione (16 maggio 2021)

RELATORE Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso)

Il prologo della conferenza di oggi, dedicata alla diatriba tra il filosofo tomista contemporaneo​ Etienne Gilson e l’ idealista-positivista Leon Brunschvicg presso una seduta​ della “Societe’ francaise de philosophie” (1)negli anni 20′( detta seduta aveva tra i temi all’ ordine del giorno una ” Querelle sur l’atheisme” e i suoi atti furono pubblicati presso il Bollettino della società omonima il 24 marzo 1928) contiene in forma antinomica alcune aporie:

E’ ancora valida una filosofia cristiana della trascendenza nel 900′, nonostante il metodo immanentista sembri avere avuto il sopravvento? Oppure bisogna convenire con i dottori della Sorbona ( presso cui era stato docente anche il Brunschvicg), che tra fine 800′ e primo 900′ sostenevano per la gran parte un’ impostazione filosofica radicalmente laica e positivista, sul fatto che una metafisica della Trascendenza sia indice di quell'” oscurantismo teologico” che avrebbe segnato i dodici secoli compresi tra il neoplatonismo e Cartesio?

-La filosofia cristiana nel 900′ poteva ancora fornire guadagni di spessore nell’ ambito delle scienze umane e delle discipline laiche, oppure questo era impossibile?

Il metodo immanentista del razionalismo contemporaneo, del positivismo, del pragmatismo ha agito correttamente non problematizzando l’ “actus essendi”, ? L’ “Essere” è davvero un concetto così chiaro, da non meritare profonda riflessione? Oppure razionalismo immanentista e positivismo, concentrati su aspetti settoriali, hanno commesso una leggerezza non di poco momento, trascurando il concetto universale di ” essere”?(2)

Ancora: è valsa la pena di disprezzare o rifiutare il ” senso comune” della metafisica naturale classica? Oppure idealismo e razionalismo immanentista possono comprovare con validi argomento la legittimità​ di questa scelta?

Ora una breve presentazione di questi due filosofi, che dall’inizio portarono avanti due concezioni teoretiche inconciliabili. Leon Brunschvicg portò avanti una prospettiva di pensiero in linea di massima ascrivibile a una sorta​ di “idealismo positivista​”, secondo Augusto del Noce, più in linea​ di continuità con l’ Illuminismo che non con il Romanticismo. L ‘ ideale dello scienziato era quello di conseguire, al culmine dell’ evoluzione degli stati della coscienza, una sorta​ di ” positivismo ascetico”(3), potrebbe configurarsi ossimoro e contraddizione tra il sostantivo e l’aggettivo, ma non era così dal punto di vista del Brunschvicg: Infatti, egli teneva a dissociare la scienza positiva da ogni obiettivismo e naturalismo e a tal guisa correlava l’oggetto della scienza a uno stato della coscienza ( coordinatore di esso) e non già a una datità extracoscienziale.

La prospettiva di pensiero del Brunschvicg aveva recepito motivi di Kant, di Berkeley(4),del neocriticismo e di Gentile; più precisamente, aveva condiviso la kantiana “religione entro i limiti della ragione”, con accentuato rifiuto della Trascendenza, nonché​ di ogni “confessione positiva”. Ricalcando l’ anticattolicesimo e anticlericalismo aristocratico e schizzinoso di un Voltaire o di un Pirrone, Leon Brunschvicg considerava i dogmi della religione, Mistero, Incarnazione, Paradiso, Inferno, Peccato originale strumenti adottati dai governanti per soggiogare​ il popolo(5). Si spingeva dunque ben oltre Kant nell’ opera di corrosione della teologia cattolica; per lui era concepibile​ soltanto una religione, intesa come luogo di doveri morali universalmente riconoscibili.

In tal guisa, per il Brunschvicg Dio è immanente alla coscienza ed Egli non è che il luogo dei doveri morali universali cui ciascuno deve ottemperare (6).

L’ autore del ” Progresso della coscienza nella filosofia occidentale” (la sua opera più rinomata) prefigura, senza svilupparla né portarla a compimento, anche la direttrice dell’ idealismo attualista gentiliano. Per Brunschvicg, come per Gentile, la nobiltà della filosofia consiste nell’ espungere dal proprio orizzonte tanto il naturalismo, quanto il soprannaturale ( in un atteggiamento antiplatonico, nella misura in cui le idee o “ousiae” rinviano ad un positivismo iperuranico).

L’ autentica ​ filosofia, appannaggio di spiriti aristocratici, non tollera né la dimensione della Trascendenza, né datita naturali extracoscienziali, la coscienza configura qualsiasi​ datità ( in verità, Leon Brunschvicg oscilla tra la visione della “coscienza produttrice”, fulcro della gentiliana “teoria dell’ atto puro” e la teoria della “coscienza coordinatrice. De hoc postea) .

Analogamente, lo “spirito dotto e aristocratico” fa volentieri a meno del magistero ecclesiastico ( che riserva volentieri al volgo) e di ogni norma etica eteronoma rispetto alla propria coscienza .

Leon Brunschvicg fu inoltre cultore del pensiero di Spinoza ( al filosofo dell’ “Ethica more geometrico demonstrata” dedicò l’ opera ” Spinoza et ses contemporaines”, Alcan, Paris, 1906) e di Pascal, di cui immannentizzò la concezione dissociandola sia dal giansenismo, sia da tutti i motivi pascaliani che poterono proseguire nella contemporanea filosofia cristiana dell’ esistenza. Al filosofo di Port -Royal dedicò sia il trattato ” Pense’e et opuscoles”(Hachette, Paris,1897) sia una sistematizzazione della sua opera completa che venne pubblicata con il titolo “Pascal.Ouvres completes” ( Hachette,Paris,1904_1914)

Etienne Gilson ha fornito al pensiero contemporaneo un contributo di pensiero notevolissimo, rivalorizzando contro ogni essenzialismo, razionalismo astratto, ma altresì contro la filosofia dell’ esistenza ( caratterizzata, anche nelle concezioni cristiane come quella di Marcel, dall’ aporia della riduzione dell’ actus essendi alla nuda esistenza, con il non voluto esito di una essenzializzazione dell’ esistenza stessa) l’ actus essendi, nucleo trascedentale di legame tra essenza ed esistenza, non concettualizzabile, essendo la prensione dell’ actus essendi offerta esclusivamente dal giudizio di esistenza(8).

L’ actus essendi, nel realismo esistenziale tomista che è tale da non ridursi a semplice​ commento alla Summa teologica, come è avvenuto per alcuni neotomismi contemporanei, sfugge come ha rimarcato il compianto dottor Andrea delle Vedove alla critica heideggeriana dell’ ” oblio dell’ essere” da parte di tutte le concezioni metafisiche da Platone in poi (9). L’ ” etre et l’ essence”, opera che raccoglie un ciclo di conferenze tenute da Gilson​ presso il College de France presenta una trattazione sistematica della dottrina di ” actus essendi”, dimostrando che il realismo esistenziale sia la posizione che consente di oltrepassare le aporie di due ontologie contrapposte.

Le “ontologie dell’ essenza” intendono l’ essere come concettualizzabile, sempre definibile e a questa forma sono ascrivibili tutti i principali sistemi​ metafisici della storia della filosofia ( Da Platone a Plotino; da Avicenna a Suarez che ha inaugurato la tarda scolastica moderna; da Cartesio ad Hegel).Le ” ontologie dell’ esistenza” invece, comprendono le concezioni cristiane di Kierkegaard, Marcel​, Chestov, Soloveev, Berdjaeff e quelle immanentiste di Heidegger, Jaspers, Stirner, Sartre e si espongono all’ irrazionalismo perché si rifiutano di indagare​ sull’ intellegibilità dell’ ente​ quando non la rifiutano tout court.

L’ ” etre et l’essence” ha come prologo generale due opere dello stesso periodo, ” Realisme methodique”e

“Realisme tomiste et critique de la connaissance”, che almeno fino a una quindicina di anni fa risultavano ancora non tradotte in italiano; la tematica dell’ ” actus essendi” sarà poi dal Gilson approfondita in altre opere posteriori come ” Introduction a la philosophie chretienne” e ” Constantes philosophiques de l’ etre”.

Eppure tra le prime letture dell’ autore di ” Etre et essence” figura, accanto a Cartesio, proprio la concezione del Brunschvicg, ma fin dall’inizio Gilson ne avvertì l’ estraneità e incompatibilità con la propria, non senza suscitare ingenerosa ironia da parte di alcuni spiriti benpensanti come Paul Vigneaux che ravvisavano nella concezione della storia del Brunschvicg un campione​ di progresso illuminista e invece in quella gilsoniana la cifra stessa dell’ oscurantismo (10)

Invero ha ragione da vendere Antonio Livi quando afferma che i cattolici sono tenuti a rimeditare l’ Etre et l’ essence nell’ epoca postmoderna del nichilismo e della disperazione di senso (11).

Una crisi nichilistica che ha segnatamente imperversato negli anni 80′ , nel cui inglobante vanno ascritte non solo le forme dello scientismo, della psicanalisi, dello strutturalismo e dell’ ermeneutica dissociata da quella domanda di senso religioso che ancora albergava in Gadamer e Ricoeur; va ascritta anche tutta la temperie pseudo spiritualista del New Age, che peraltro sembra conservare un retaggio della visione del Brunschvicg, per quanto concerne l ‘ affermazione dell’ identità tra spiritualità e atteggiamento scientifico.

Va rimeditata dunque la gilsoniana filosofia del Mistero. Per quanto la ragione naturale possa risalire all’ esistenza dell’ “Ipsum esse subsistens”, non può argomentare su ” quid sit”, perché ciò rinvia al campo della teologia rivelata. Ma il Mistero si irrora sulle stesse Creature che possiedono l’ ” esse” per partecipazione.Il Mistero compenetra l'” actus essendi”, presenza indubitabile e al contempo non concettualizzabile.

La filosofia del Mistero è la gilsoniana risposta diametralmente opposta al panlogismo spinoziano e del Brunschvicg. Il professore della Sorbona ravvisa il momento apicale del progresso coscienziale nell’ espungere dalla filosofia ogni traccia di ontologia naturale e Trascendenza. È l’ atteggiamento panlogista- gnostico denunciato con parole di imperitura bellezza da Meyerson:” la ragione non ha che un mezzo per spiegare ciò che non deriva da essa​, ridurlo al niente”. Al contrario per Gilson e per Meyerson la filosofia cristiana è basata sull’ equilibrio tra ragione naturale e Mistero.

In quella stessa seduta culturale- filosofica della Societe’ francaise de philosophie partecipò, tra famosi filosofi ed epistemologi, anche Marcel, uno dei maggiori esponenti del Personalismo cattolico​ contemporaneo (12). Marcel e Gilson polemizzavano nel corso di quella “querelle sur l’ atheisme” contro quell’ “atto di fede” acritico (13) con cui il Brunschvicg negava la trascendenza, in una direttrice di pensiero panlogista_ immanentista che, portata avanti senza problematizzazione, avrebbe condotto all’ oblio e alla soppressione dell’ aspirazione alla Trascendenza​ stessa.

Rifiuto della Trascendenza e negazione della positività della sostanza individua sono aspetti in modo irresolubile congiunti.

Non vi era posto nell’ immanentismo del professore alla Sorbona, per il miracolo, per la Grazia soprannaturale, per il Mistero! Conferire la cifra del Mistero all’ ente contingente finito significava nell’ ottica dell’ immanentismo gnostico del Brunschvicg accordargli sacralità. Invece egli nell’ orizzonte di Spinoza, Feuerbach, Hegel conveniva che tutto ciò che è finito merita di morire.

L’ intelletto del filosofo non era che un epifenomeno della Coscienza universale, a guisa di come res extensa e res cogitans non erano per Spinoza che modi della Sostanza divina immanente ,a guisa di come per Hegel il filosofo stesso non era che ” una funzione Trascendententale dell’ Autocoscienza dello Spirito in evoluzione” (Antonio Livi). Il momento apicale dell’ esercizio di spiritualità consisteva per il Brunschvicg nel distacco dello scienziato dalla propria​ corporalità, nell’ autotrascendimento della propria Persona stessa attraverso l’ attività scientifico- filosofica. A questo punto sarebbe una questione oziosa se la concezione del Brunschvicg sia da ascrivere allo gnosticismo.La risposta è assolutamente positiva.

L’ insofferenza per la positività del limite, individuo, della sostanza finita contingente e la spiegazione del ” originale” tramite il frammento di Anassimandro con conseguente rifiuto della spiegazione biblica sono motivi essenziali dello gnosticismo.

Antonio Livi attribuisce ad Augusto del Noce il merito di aver ravvisato nella metafisica gilsoniana il nesso irresolubile tra “ontologia dell’ actus essendi, gnoseologia del ” realismo metodico” e lezione storica della filosofia cristiana, in quanto aspetti diversi di un’ unica proposta teoretica (14). Per il “realismo metodico” gilsoniano sussiste identità intenzionale tra noesis e noema, tra aspetto ontologico e aspetto gnoseologico. Invece Brunschvicg portando avanti in maniera conseguente la scelta del rifiuto del realismo gnoseologico, dava l’ impressione di sostenere che ogni datità noematica, più in generale la natura intera fossero prodotto dello Spirito Creatore, configurando una posizione di pensiero sostanzialmente non dissimile dall’ attualismo gentiliano.

Nondimeno, Brunschvicg ragionava non solo da scienziato​ ma anche da storico e in questo caso ” parlava dell’ attività​ del pensiero che coordina all’ infinito i movimenti delle cose e gli eventi della vita”(15). Era costretto dunque da storico ad ammettere l’ extracoscienzialità della natura, la sussistenza di cose indipendenti dal pensiero; era costretto a riconoscere quel realismo gnoseologico che da scienziato intendeva rifiutare.

In quella seduta Gilson aveva mostrato al Brunschvicg le insuperabili aporie della sua ostinata posizione​ di rifiuto del realismo metodico per cui al fondo del suo pensiero sussisteva un dualismo insuperato.

L’ atteggiamento di Brunschvicg è paradigmatico di tutto il razionalismo- panlogismo immanentista: si tratta di quell’ atto di fede, tanto empio quanto dogmatico, che con leggerezza espunge il Mistero dalla speculazione e pone la Ragione con la R maiuscola a misura di tutto il reale….illudendosi di aver razionalizzato compiutamente il contingente, in realtà ha posto le premesse del nichilismo

Cari amici di Radio Spada e della C.a.p, buona lettura!

(1) la ” Société francaise de philosophie” fu fondata nel 1901 da Xavier Leon e André Lalande e si impegnò su temi di etica, filosofia teoretica e filosofia della storia, nel corso del XX secolo vi tennero dibattiti esimii filosofi ed epistemologi; le conferenze si svolgevano solitamente presso la rue d’ Ulm di Parigi. Detta società si occupò a fondo anche di analisi critica del linguaggio filosofico. Scienziati e filosofi con percorsi di pensiero differenti presenziavano alle sedute, anzi uno dei guadagni più significativi della società fu la convergenza nel corso del 900′ tra spiritualisti di formazione cousiniana e positivisti di formazione comtiana, almeno fino al 1939 non parteciparono ai dibattiti naturalisti, materialisti e marxisti. Le teorie espresse dal Brunschvicg nel corso​ del dibattito con Marcel e Gilson facevano riferimento principalmente all’opera uscita nel 1927, ” Le progres de la coscience dans la philosophie occidentale” e gli atti della ” Querelle sur l’atheisme” furono raccolti nel bollettino della​ Société del 24 marzo 1928

(2) cfr. E.Gilson, ” The unity of philosophical esperience”,Scribner’s,Sons,New York,1937,p.136 i metafisici, anche cattolici, sono stati spesso portati a sostituire nell’ età moderna allo studio dell’ essere in quanto essere l’ analisi di aspetti settoriali, contribuendo alla contemporanea crisi della scienza metafisica

(3) cfr.Augusto del Noce,” Il problema dell’ateismo”,Il Mulino, Bologna,p.71 Brunschvicg identificava tout court spiritualità e mentalità scientifica

(4) A differenza del Brunschvicg, che aveva negato la Trascendenza, Berkeley aveva applicato il principio fondamentale della sua filosofia,” esse est percipi”, soltanto agli oggetti di esperienza, salvando cosi sia l’ identità sostanziale dello spirito umano percipiente che la Trascendenza di Dio

(5) In questa morale dissociata da ogni etica teologica albergava il disprezzo verso tutti i dogmi positivi del cristianesimo, verso​ il teismo trascendente. Per il Brunschvicg è proprio di uno spirito aristocratico trattare il fenomeno religioso nei limiti di una moralità immanente alla coscienza e da essa prodotta, invece la religione rivelata considerava egli appannaggio del volgo, sorta di ” platonismo​ per il volgo”.

(6)si tratta del cosiddetto” pari”, espressione di Augusto del Noce, ossia di quel minimo di doveri che, almeno fino all’ 800′, prevedono sia le filosofie teiste che le forme dell’ ateismo_ immanentismo

(7) L’attualismo gentiliano intendeva conservare e inverare il cattolicesimo, certo problematicamente, nel proprio orizzonte immanentista ( essendo Gentile, secondo la definizione di Augusto del Noce, l’ ultimo dei” riformatori del cristianesimo”: effettivamente la sua riforma è antiprotestante e al tempo stesso non compatibile con il magistero cattolico). Invece, Brunschvicg è animato da livore anticattolico

(8) cfr.E.Gilson, L’ essere e l’ essenza, Massimo, Milano,2007, p.8 mentre l’ essenza è ciò in ragione della quale l’ ente esiste, l’ esistenza esprime una radice a partire da cui l’ ente esiste,” sistere ex alio”.

(9) Andrea DelleDonne, Valenze etico-speculative del realismo metafisico, Marzorati, Settimo Milanese,1993, p.25

(10) Paul Vigneaux, che pure era stato allievo di Gilson, aveva polemizzato con il suo maestro per quanto riguarda la concezione del Medioevo che nell’ opera” La Pense’e au Moyen age” aveva presentato come un’ epoca non già caratterizzata da un’unità armonica, ma piena di fermenti e conflitti.

(11) Antonio Livi,” il senso del mistero”,p.XXI prefazione a l’ ” Essere e l’ Essenza”, cit

(12) la prospettiva di Marcel tuttavia differisce dal realismo metodico ed esistenziale gilsoniano, perché alla maniera dell’ esistenzialismo, concentra esclusivamente l’ actus essendi nel momento dell’esistenza

(13) per Augusto del Noce infatti, il razionalismo immanentistico moderno deve necessariamente concludere all’ ateismo, inteso come ” atto di fede” in qualche​ modo rovesciato, in quanto presa di posizione contro il Dio Trascendente e quindi diametralmente opposto rispetto alla Fede nella Rivelazione che permeava la filosofia medievale

Cfr. Augusto del Noce, ” Il problema dell’ateismo, cit.,p.343

(14)cfr. Antonio Livi, ” il senso del mistero”, cit.p.XV

(15) cfr Augusto del Noce, Il problema dell’ateismo, cit., p.72