Sant’Ignazio, al secolo Vincenzo Peis, nacque a Laconi (Arcidiocesi di Oristano) il 17 dicembre 1701. Nel 1721 entrò nell’ordine dei Minori Cappuccini e dal 1741 alla morte esercitò il ministero di questuante a Cagliari. Umile e caritatevole fu padre amoroso del popolo, che ricambiava il suo amore con filiale devozione. Colmo di meriti rese l’anima a Dio a Cagliari l’11 maggio 1781. Glorioso per miracoli in vita e dopo la morte, Pio XII l’iscrisse fra i Beati il 16 giugno 1940 e fra i Santi il 21 ottobre 1951.  
Lo stesso Pontefice il 23 successivo ne tesseva il seguente elogio.

Secondogenito di una povera famiglia di agricoltori sardi, completamente ignaro delle lettere umane, cresciuto nei lavori della terra, pio di una pietà senza dubbio eccezionale, ma semplice e senza affettazione, Francesco Ignazio Vincenzo Peis, molto prima di divenire Fra Ignazio, pratica per amore di Gesù crocifisso grandi mortificazioni, pur continuando a vivere in mezzo ai suoi la sua vita di campagnuolo. A più riprese, tuttavia, la chiamata di Dio si era fatta sentire; la madre, sembra, aveva promesso di consacrarlo al suo servizio nella famiglia di S. Francesco, ed egli stesso vi si era impegnato nell’ora del pericolo. Tuttavia egli tarda a eseguire il suo voto, e soltanto all’età di venti anni la sua risoluzione è presa, ma allora è definitiva e vittoriosa di ogni contrasto, come totale è la rinunzia ad ogni affezione terrena.
Contemplativo egli è, a suo modo. Già, ancora piccino, egli si sottraeva alla compagnia e al chiasso dei suoi coetanei con questa semplice riflessione: «È meglio che me ne vada in chiesa». La chiesa aveva per lui l’attrattiva irresistibile della calamita, e molte volte fu veduto ai primi albori inginocchiato in attesa che la porta della parrocchia si aprisse.
Nella vita religiosa il suo raccoglimento continuo è favorito da comunicazioni celesti, specialmente della Vergine santissima, che egli ama con una devozione ingenua e filiale. Il silenzio e la calma del noviziato, e poi del convento, ove egli è impiegato assai modestamente, prima come garzone nel lanificio, poi come cuciniere e dispensiere, gli rendono questo raccoglimento più facile; ma dopo circa venti anni di vita ritirata, eccolo questuante percorrere tutti i giorni, di casa in casa, le vie della città e del contado, per chiedere l’elemosina e provvedere ai bisogni della sua comunità.
Come sono necessarie una stretta unione dell’anima con Dio e una abituale profonda contemplazione interiore per non lasciarsi dissipare un istante dal contatto col mondo e con le sue sollecitudini temporali! Precisamente questo raccoglimento gli concilia, nonostante un aspetto esteriore poco attraente, la simpatia e quindi la venerazione di tutte le classi della società; la sua parola è accolta quasi come un oracolo; molti ricorrono alle sue preghiere e a queste Dio risponde spesso con prodigi. Non ha bisogno di altra eloquenza; quella che va dritta al cuore dell’Onnipotente gli basta, e il suo apostolato durante quaranta anni produce frutti, che potrebbero essere invidiati da tanti predicatori di grido.