di Massimo Micaletti

La nota[1] rilasciata dal Vaticano all’ambasciatore italiano preso la Santa Sede rappresenta un inedito e il clamore che ha suscitato è in parte giustificato. Ciò non solo perché vi si fa espresso richiamo al Concordato, ma anche e soprattutto perché – una tantum – il concetto di “laicità dello Stato” viene declinato non per difendere lo Stato da ingerenze della Chiesa (quali? si invoca la laicità sempre per tappare la bocca a questo o quel religioso o attaccare questo o quel documento) ma, all’inverso, per difendere la Chiesa dallo Stato. Meglio tardi che mai, si prende atto che l’attacco all’attuale assetto dei rapporti tra Stato e Chiesa è giunto ad una fase di estrema virulenza e, prima che la china divenga irreversibile, la Santa Sede è corsa ai ripari richiamando quel principio di “libera Chiesa in libero Stato” (su cui tanto ci sarebbe da dire) messo in serio pericolo dal testo del ddl Zan.

Qualcuno ha osservato che non è stato compiuto un gesto simile né nel caso della legge sull’aborto né per la legge sul divorzio (e neppure per la Legge 40 sulla fecondazione artificiale, aggiungo io): il punto è che la vicenda ddl Zan è differente. Nella 194, nella Legge 40 ma anche nella riforma del diritto di famiglia che ha introdotto il divorzio sono declinati valori che si pongono in contraddizione frontale e insanabile con la morale cattolica (ma anche con la retta ragione): l’irrilevanza etica e giuridica del concepito, la riduzione dell’essere umano a oggetto di sperimentazione e produzione, l’instabilità congenita del matrimonio e della famiglia, per dirne alcuni. Però in queste norme non vi sono previsioni di legge che impediscano alla Chiesa e a chi dissenta dal loro impianto ideologico di esprimere un’opinione diversa e declinarla pubblicamente nel modo che ritiene più opportuno, ferme restando le norme in tema di diffamazione, istigazione all’odio e alla violenza et similia: nel testo del ddl Zan, invece, è prevista una struttura repressiva in ordine a discriminazioni indefinite a fronte di una clausola di salvaguardia (il famoso art. 4[2]) del tutto evanescente. Invocando il concordato, dunque, Roma non sta difendendo la verità tutta intera sul matrimonio, sull’uomo, sulla sessualità, sta piuttosto chiedendo di poter continuare a predicare la retta dottrina[3].

Volendo tagliare le cose con l’accetta, si può dire che sia una battaglia per la libertà, non per la verità: sono due concetti simbiotici e reciproci nella morale cattolica ma non negli attuali tempi, fumosi e contraddittori. Battersi per la verità in questo campo comporterebbe, ad esempio, fermare le benedizioni delle coppie omosessuali da parte di certo clero tedesco, oppure porre fine a certe sortite in cui si dichiara serenamente di essersi battuti per le unioni civili: ma questa è un’altra storia. O meglio, è LA storia.

Ciò detto, quale sarà l’impatto della presa di posizione della Santa Sede? Senza nessuna presunzione di prenderci, si può ipotizzare che essa – contro le apparenze – sia un altro tassello del confronto che porterà all’approvazione di una legge contro l’omofobia: la legge ci sarà anche se magari con qualche aggiustamento di facciata, forse cambierà “nome” di riferimento (peraltro, i primi firmatari sono l’On.le Laura Boldrini e il Ministro Roberto Speranza). La legge ci sarà perché la nota non chiede che non si legiferi, ma che lo si faccia lasciando alla Chiesa la possibilità di predicare: il che, per chi ha un minimo di conoscenza su come funzionano le norme anti omofobia nei diversi Paesi del mondo, è praticamente impossibile. E’ impossibile perché i concetti di “omofobia”, “discriminazione”, addirittura “odio” sono totalmente indefiniti e aprono a norme pericolose[4], in maggiore o minor misura ma sempre pericolose soprattutto per chi pensi che la relazione umana debba partire dalla realtà di natura e non dalla percezione di sé. E’ impossibile anche perché i promotori di queste norme non demordono mai non tanto e non solo dalla parte repressiva, quanto anche e piuttosto dalla quota propagandistica che tali testi portano con sé[5]: giornate LGBT, indottrinamento nelle scuole, campagne insomma tutto quello che stiamo vivendo a reti unificate da qualche settimana, una continua spallata finché non si accontentano coloro che portano avanti certe istanze. Con un simile fronte ideologico la sintesi – che sarebbe poi l’edito del dialogo e che diviene poi sempre e comunque compromesso – non solo non è moralmente accettabile ma anche impraticabile perché l’obiettivo di una norma ideologica non è giuridico quanto piuttosto, appunto, ideologico. Chi porta avanti certe idee non vuol solo proteggere una minoranza ma vuol cambiare la testa della maggioranza o comunque di una parte rilevante della collettività e per raggiungere questo secondo e privilegiato obiettivo deve massificare e istituzionalizzare la propaganda e minimizzare e perseguire il dissenso e lo fa col pretesto della tutela privilegiata di categorie asseritamente deboli.

Mario Draghi, chiamato in gioco, si è sapientemente smarcato[6] ma ha lanciato diversi segnali. Rimandando il tema al Parlamento, infatti, ha comunque richiamato anch’egli la laicità dello Stato, dimenticando – omettendo – il fatto che il Concordato è norma dello Stato italiano, non un passo del Catechismo della Chiesa cattolica. Una risposta così perentoria conferma che la strada sarà comunque percorsa, come sempre avviene in questi casi: non conta nulla, conta il risultato. Parte del clero pensava che non ci si sarebbe mai arrivati, che sarebbe stato tutto insabbiato ma sottovalutava forse le conseguenze dell’attuale stato di sospensione della politica e la realtà dei voti in Parlamento, con la Sinistra ben consapevole che alle prossime elezioni il panorama cambierà di parecchio quindi disperatamente tesa a portare a casa tutti i risultati possibili. Draghi prende quindi sotto la sua ala il ddl Zan sostenendo che, in definitiva, problemi non ce ne sono e, se ce ne saranno, verranno risolti in Parlamento: il premier fa eco alle parole di Ursula Von der Leyen che ha definito “vergognosa” la legge ungherese che vieta la propaganda LGBT nelle scuole, parole definite a propria volta vergognose dal governo ungherese. Stato italiano e Commissione europea allineati, dunque, con tutto il mondo delle multinazionali, dei media, delle starlette dello spettacolo: un assedio unico e continuato che almeno ha il merito di chiarire una volta di più come le categorie sulle quali dichiara di fondarsi la modernità siano solo pretesti per aggredire tutto ciò su cui la cristianità si fonda e il richiamo alla laicità solo in utilibus ne è l’ennesima prova.


[1] https://www.corriere.it/cronache/21_giugno_23/vaticano-zan-testo-integrale-nota-verbale-consegnata-all-ambasciata-italiana-0561ed10-d425-11eb-8dcd-923bd7ac4a6d.shtml

[2] Ne parlo qui https://www.youtube.com/watch?v=Z99usloE_uA

[3] Ne parlo qui https://www.youtube.com/watch?v=1Dz4ue8KFDs

[4] Ne parlo qui https://www.youtube.com/watch?v=11lZumzL75k

[5] Ne parlo qui https://www.youtube.com/watch?v=n0-j5OYHQIg

[6] https://www.corriere.it/cronache/21_giugno_23/draghi-vaticano-ddl-zan-senato-siamo-stato-laico-non-confessionale-55afe5fa-d421-11eb-8dcd-923bd7ac4a6d.shtml


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