da Bollettino Salesiano (Anno LXXI, Numero 18 – 15 settembre 1947)
La santità di Don Cafasso
esaltata dal Papa nella Omelia della solenne Canonizzazione il 22-6-1947.
Offriamo ai nostri rev.mi Direttori Diocesani e Decurioni il testo dell’Omelia e del discorso pronunziati dal Santo Padre in occasione della Canonizzazione del grande Maestro di Don Bosco, sicuri di far cosa loro grata ed anche utile pel sacro ministero.
Iosephus Cafasso iam a puero sanctitatis indicia praebuit praeclarissima. Candidum innocentiae lilium, paenitentiae spinis saeptum, illibatum servavit; atque aequales, quoscumque occasione data attingere poterat, suavitate animi, hortationibus exemplisque suis vehementer ad virtutem allexit. Sacerdotali autem dignitate auctus, universam suae vitae actionem superna vi supernoque afflatu ita pervasit, ut iam non ipsemet vivere videretur, sed in eo Christus. Aberrantes ac via deceptos homines ad rectum revocare iter, obfuscatas eorum mentes divina collustrare veritate, ingurgitatos in vitia animos ad impetrandam a misericordiarum Patre veniam excitare salutariter, infortunatos omneque genus miseros solari atque ad aeternarum rerum spero erigere, carceribus detentos visitare et ad frugetn bonam reducere, eorum denique, qui capitali poena damnati essent, extremas detergere lacrimas, piumque caelestibus muneribus consecrare obitum, haec omnia nullo non tempore summis in deliciis habuit. At quod peculiare videtur munus, eidem providentis Dei consilio concreditum, hoc est: clerum nempe evangelicae integritate doctrinae instituere ac conformare, eumdemque non sine uberrimis fructibus ad sacerdotalem perfectionem excitare quam maxime. Cum igitur, virtutibus ac meritis refertus, ad mortalis suae vitae exitum pervenisset, non mortem reformidavit, sed libenter oppetiit; ac suaviter arridens, elatisque ad caelum ulnis, quasi qui caelestia iam perciperet ac delibaret gaudia, ad superum choros evolavit.

La gloria di S. Giuseppe Cafasso
Esortazione del Santo Padre Pio XII al Clero nell’udienza ai pellegrini intervenuti alla Canonizzazione, il 23-6-1947
Con profondo compiacimento rivolgiamo il Nostro paterno saluto alle schiere di pellegrini accorsi a Roma per celebrare la gloria di Giuseppe Cafasso, che ieri egualmente abbiamo ornato con l’aureola dei Santi.
Il Nostro saluto è diretto innanzi tutto a voi, Venerabili Fratelli e diletti figli, Vescovi e sacerdoti, che nel nuovo Santo vedete un Padre, un Maestro, un Modello. Niuno forse più di lui ha scolpito nel Clero piemontese dei secoli 19° e 20° la sua impronta; egli lo ha sottratto al clima disseccante e sterilizzante del Giansenismo e del Rigorismo, lo ha preservato dal pericolo di profanarsi e sommergersi nella secolarizzazione e nel laicismo. All’influsso del suo spirito illuminato dall’alto, alla guida della sua mano sicura, quanti ministri del Santuario debbono la loro fermezza nel “sentire cum Ecclesia“, la santità della loro vita sacerdotale, la indefettibile fedeltà ai molteplici obblighi della loro vocazione!
Unitevi dunque a Noi, Venerabili Fratelli e diletti figli, nel rendere grazie all’Onnipotente Iddio per l’opera supremamente importante e feconda della formazione e della santificazione del Clero, che il Signore ha compiuta e continua ancora a compiere per il ministero del suo Servo Giuseppe Cafasso. Senza dubbio i tempi cambiano, e anche la cura delle anime deve adattarsi alle sempre mutevoli circostanze. Così i doveri sociali, che pesano oggi sulle spalle del sacerdote, sono incomparabilmente più gravi e difficili che al tempo del novello Santo. Ma, pur attraverso tutte le umane vicissitudini, il solido fondamento, lo spirito, l’anima della vita e dell’attività sacerdotale rimangono invariabili. Come il faro sta immobile sulla roccia, così la boa, che l’onda culla e che, con questa elevandosi e abbassandosi, sembra obbedire al suo capriccio, non è una guida sicura, se non è saldamente ormeggiata al fondo tranquillo e stabile. Tale è l’insegnamento costante che il nostro Santo ha dato con le sue lezioni, le sue missioni e i suoi Esercizi, e specialmente con gli esempi della sua vita.
In tutti i tempi il sacerdote, secondo la promessa del divino Maestro, è stato fatto segno alle ingiurie ed alle persecuzioni, e quella promessa conta nel suo cuore come una beatitudine. Ma oggi egli è tanto più esposto al fuoco incrociato di amare critiche, non solo da parte di avversari senza scrupoli, che gettano su di lui il fango della denigrazione e della calunnia, ma talvolta – ciò che è più penoso — anche dalle proprie file. Noi pensiamo in modo particolare ad un caso concreto e recente d’oltralpe, un caso di critica irriverentemente offensiva e aspramente ingiusta, mossa da penna cattolica. Poiché le presenti condizioni di cose lasciano purtroppo pressoché disarmate e indifese le vittime di tali diffamazioni, è tanto più necessario che voi, diletti sacerdoti, evitiate di dare alla critica non solo alcun motivo, ma anche il minimo pretesto. Al quale scopo il mezzo più elevato e più santo è di modellare la vostra condotta su quella di Giuseppe Cafasso con l’assoluta abnegazione di voi stessi, liberi da tutte le inclinazioni e da tutti gl’interessi terreni, con una vita intemerata, unita a quel fine tatto e a quella delicata comprensione delle anime, che fu in così alto grado la sua caratteristica.
Ma il Nostro saluto s’indirizza altresì a voi, diletti figli e figlie, che, pellegrini nella Città Eterna, avete voluto seguire i vostri Vescovi e i vostri sacerdoti, per portare al vostro Santo l’omaggio di una pia devozione. Perché egli è ben vostro; vostro soprattutto, pellegrini di Castelnuovo Don Bosco. Felice Castelnuovo, che puoi chiamar veramente tuoi i due astri gemelli, splendenti nel firmamento del secolo 19°, i due incomparabili sacerdoti, Giovanni Bosco e Giuseppe Cafasso, anche in vita così intimamente e fraternamente congiunti dai vincoli di una santa amicizia e dal comune lavoro apostolico!
La vostra presenza qui, diletti figli e figlie, è la manifestazione sensibile della stretta unione fra il sacerdote e il popolo, del rispetto che i fedeli portano alla dignità sacerdotale, della filiale fiducia verso colui, che è ministro di Cristo in mezzo a loro. Ove quella unione si rallenta, non è pur troppo difficile di diagnosticare l’indebolimento della vita religiosa. Ove invece questa fiorisce, si può con certezza concludere che là è un buon pastore, circondato dalla stima delle sue pecorelle.
Noi abbiamo recentemente messo in luce la forte convinzione, l’intimo sentimento della comune appartenenza al medesimo Corpo mitico, che al presente anima i figli della Chiesa cattolica in tutto il mondo. Necessariamente si deve in ciò riconoscere la mano di Cristo; ma come sarebbe possibile che al tempo stesso non crescesse e non s’invigorisse anche l’unione fra il sacerdote e il popolo? Con cuore ardente raccomandiamo questa intenzione a Giuseppe Cafasso. Avendo ravvisato in lui un santo sacerdote, i fedeli tutti, giovani e vecchi, poveri e ricchi, di umile e di alta condizione, gli aprivano la loro anima e la loro coscienza col più schietto abbandono. Si degni il nuovo Santo d’impetrare da Dio per la sua patria e per tutta la Chiesa un popolo pieno di confidenza verso il sacerdote e sacerdoti interamente meritevoli di questa fiducia!.
Fonte: biesseonline.sdb.org
Fonte immagini: scuolaecclesiamater.org / liturgia.mforos.com