La festa dei santi apostoli degli Slavi Cirillo e Metodio fu estesa a tutta la Chiesa da Leone XIII nel 1880 con l’enciclica Grande munus. Gli inni per l’officio dei due grandi Vescovi, nei quali si venera e celebra l’Oriente veramente cristiano in quanto unito alla Sede Romana, furono composti personalmente da papa Pecci, fra i più grandi latinisti della sua epoca.
Ad vesperas
Sédibus cæli nítidis recéptos
Dícite athlétas géminos, fidéles;
Slávicæ duplex columen decúsque
Dícite gentis.
Hos amor fratres sociávit unus,
Unaque abdúxit píetas erémo,
Ferre quo multis célerent beátæ
Pígnora vitæ.
Luce, quæ templis súperis renídet,
Búlgaros complent, Móravos, Bohémos;
Mox feras turmas numerósa Petro
Agmina ducunt.
Débitam cincti méritis corónam,
Pérgite o flecti lácrimis precántum;
Prisca vos Slavis opus est datóres
Dona túeri.
Quæque vos clamat generósa tellus
Servet ætérnæ fídei nitórem:
Quæ dedit princeps, dabit ipsa semper
Roma salútem.
Gentis humánæ Sator et Redémptor,
Qui bonus nobis bona cuncta præbes,
Sint tibi grates, tibi sit per omne
Glória sæclum.
Amen.
I due atleti ricevuti nelle fulgenti
sedi del cielo cantate, o fedeli;
le due colonne, cantate, gloria
della nazione slava.
Uno stesso amore riunì questi fratelli,
una stessa pietà li trasse dall’eremo,
portare a molti i pegni
della vita beata.
Della luce che risplende nei templi superni
riempiono i Bulgari, i Moravi, i Boemi;
e di queste torme selvagge tosto conducono a Pietro
numerose schiere.
Cinti della corona ai vostri meriti dovuta,
lasciatevi piegare dalle lacrime di chi vi prega;
è necessario che gli antichi doni agli Slavi largiti
voi custodiate.
E che la terra generosa che v’invoca
conservi eternamente la purezza della fede:
e quella Roma, che prima ha dato la salvezza,
la darà pur sempre.
Creatore e Redentore del genere umano,
che benigno ci concedi sempre tutti i beni,
a te siano le grazie, a te sia
la gloria in ogni tempo.
Amen.
Ad laudes
Lux o decóra pátriæ
Slavísque amíca géntibus,
Salvéte, fratres: ánnuo
Vos efferémus cántico.
Quos Roma plaudens éxcipit,
Compléxa mater fílios,
Auget coróna prǽsulum
Novóque firmat róbore.
Terras ad usque bárbaras
Inférre Christum pérgitis;
Quot vanus error lúserat,
Almo replétis lúmine.
Noxis solúta péctora
Ardor supérnus ábripit;
Mutátur horror véprium
In sanctitátis flósculos.
Et nunc seréna cǽlitum
Locáti in aula, súpplici
Adéste voto: Slávicas
Serváte gentes Númini.
Erróre mersos únicum
Ovíle Christi cóngreget;
Factis avítis ǽmula
Fides viréscat púlchrior.
Tu nos, beáta Trínitas,
Cælésti amore cóncita,
Patrúmque natos ínclita.
Da pérsequi vestígia.
Amen.
O splendor di vostra patria,
gloria cara dei popoli Slavi,
vi salutiamo, o fratelli:
l’annuale cantico noi v’innalziamo.
Roma v’accoglie con giubilo,
come una madre abbraccia i figli,
vi cinge la corona di vescovi,
e vi riveste di forza novella.
Fin nei paesi barbari
andate a far conoscer Cristo;
quanti aveva ingannato la vanità dell’errore,
voi riempite di luce vivifica.
Sciolti i cuori dai vizi,
son presi dall’ardor celeste;
l’orror dei rovi mutasi
in fiori di santità.
Ed ora che siete fissati
nella serena corte del cielo,
accogliete il (nostro) supplice voto:
le popolazioni Slave conservate a Dio.
Gli immersi nell’errore
riunisca l’unico ovile di Cristo;
emula degli antichi fasti,
la fede fiorisca più bella ognor.
Tu, Trinità beata,
c’infiamma d’amor celeste,
e le nobili vestigia dei padri
dà di seguir ai figli.
Amen.
Fonte: divinumofficium.com
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