Il 16 luglio u.s. papa Francesco ha pubblicato in forma di motu proprio la lettera apostolica “Traditionis custodes“, abolente il motu proprio “Summorum Pontificum” del 7 luglio 2007. Il documento pone evidentemente forti limitazioni alla celebrazione della messa tradizionale. Il motivo? In sostanza il rifiuto, da parte di chi vi prende parte, del Concilio Vaticano II e della riforma liturgica da esso voluta e da Paolo VI attuata. Questa l’accusa che Bergoglio formula nella lettera accompagnatoria, un testo che ricorda certe lettere di Montini dove lo stesso definiva il Vaticano II “ancora più importante di quello di Nicea”.
Ovviamente le reazioni del mondo tradizionalista non si sono fatte attendere.
Radio Spada aveva già anticipato l’uscita del documento e aveva offerto ai lettori la traduzione di due testi relativi alle ipotesi di restrizione del Summorum Pontificum. Una volta uscito il documento e datane notizia, abbiamo intervistato in merito il Guelfo Rosa e in seguito il nostro Presidente ha voluto commentare la vicenda con l’articolo “Summorum pontificum: note a margine di un naufragio“.
La Fraternità Sacerdotale San Pio X ha in un primo momento pubblicato un articolo dall’eloquentissimo titolo “Dal Summorum pontificum al Traditionis custodes, o dalla riserva allo zoo“, poi si è ufficialmente pronunziata nella persona del suo Superiore Generale don Davide Pagliarani che si è espresso nell’omelia tenuta a Forlì il 18 luglio u.s. e in un lettera.
La Fraternità Sacerdotale San Pietro, “addolorata”, ha emanato un comunicato, protestando di non riconoscersi nelle critiche (infatti loro accettano tranquillamente tutto il Concilio e la riforma liturgica), ma assicurando “da un lato la nostra incrollabile fedeltà al successore di Pietro, e dall’altro la nostra volontà di rimanere fedeli alle nostre Costituzioni e al nostro carisma”.
Sebbene nell’ottica di chi non riconosce in Jorge Mario Bergoglio il Romano Pontefice, in merito al Traditionis custodes è intervenuto pure l’Istituto Mater Boni Consilii.
All’interno del mondo cattolico “ufficiale” (sit venia verbo) voci contrarie al nuovo motu proprio si sono levate di alcuni cardinali, fra cui Burke (con consueto riferimento agli “scismatici” della FSSPX) e Muller (per il quale le eresie eucaristiche dei protestanti dipesero dagli “abusi” dei riti precedenti la restaurazione liturgica di san Pio V).
Anche alcuni vescovi hanno protestato. Monsignor Robert Mutsaerts, vescovo ausiliare di Hertogenbosch nei Paesi Bassi, ha parlato di “decreto malvagio“.
Monsignor Thomas Tobin, vescovo di Providence negli USA, ha twittato che “papa Francesco ha usato la motosega, quando era necessario il bisturi”. Un immagine molto efficace. Descrive benissimo il brutale impattato della realtà sulle fantasie delle ermeneutiche.
Per la conservazione delle messe tradizionali si sono espressi anche vescovi non sospetti di tradizionalismo o lefevrismo. Si pensi a mons. Georg Bätzing, vescovo di Limburgo e presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, della quale preferiamo non parlare diffusamente per rispetto del senso del pudore.
In Italia va segnalato come l’episcopato piemontese abbia subito richiesto al clero di adeguarsi alle nuove disposizioni vaticane.
Particolare, molto smart, la reazione dei “giovani tradi”: un “supplichevole” video. I giovani supplici così si rivolgono al “caro Santo Padre [e ai] cari Vescovi”: “Non mettiamo in dubbio la validità della nuova Liturgia, né disdegniamo la sua celebrazione”.
E no! La messa romana non l’ha conservata, non l’ha salvata dal tentato assassinio, Giovanni Paolo II e nemmeno Benedetto XVI. La messa romana l’hanno conservata e salvata, con l’aiuto di Dio, quei vescovi e quei preti che hanno disdegnato la nuova liturgia in quanto “impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino” (cardd. Ottaviani e Bacci) e ne hanno messo in dubbio se non negato la validità.
Su queste basi fondamentali: il rifiuto della messa nuova di Paolo VI e del Concilio che l’ha voluta, si fonda un serio movimento di restaurazione liturgica. Una restaurazione che non si fermi alla misura del pizzo del camice, ma che ponga in atto una seria denunzia del neo-modernismo imperante. Altrimenti si è custodi del tradimento!
foto da rorate-caeli.blogspot.com
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