Sintesi della 661° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di Coronavirus, preparata nella festa di San Giovanni Calasanzio (27 agosto 2021) e postata nella festa della Decollazione di San Giovanni Battista (29 agosto 2021). La conferenza numero 662 è in preparazione. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso che ha mantenuto lo stile parlato).
Ciò che il compianto Michele Federico Sciacca, filosofo siciliano originario di Giarre in provincia di Siracusa, scomparso nel 1975, non avrebbe mai voluto, è che si considerasse il suo pensiero come una lezione conchiusa e circoscritta al suo tempo, non cioè passibile di oltrepassare il proprio tempo e di esercitare suggestione e valido punto di riferimento nel futuro.
Gli è che Federico Sciacca interpella il nostro tempo, anzi, è diventato notevolmente attuale (avrò modo di precisare come nel corso dello svolgimento della conferenza).
D’ altronde, all’opposto dell’ attualismo gentiliano ( che fu parte integrante della sua formazione, ma che oltrepassò nella direzione dello spiritualismo critico prima e del realismo spiritualistico poi) che pietrifica il passato come atto già attuato, appannaggio dunque della natura e non già della storia, la speculazione sciacchiana si alimenta di Logos, Eros e anamnesi ed è proprio quest’ ultima ( anamnesi= memoria) a garantire un nesso tra il passato e il presente.
Così scrive Maria Adelaide Raschini, allieva e fedele cultrice del pensiero del filosofo
“In lui si ripeteva in modi nuovi un dramma antico:quello del pensatore che vuol capire non solo per l’ oggi, per il qui e ora, ma muovendo dall’ oggi e dopo averlo profondamente meditato, vuol vedere il proprio tempo inscritto nella globalità della storia umana(1). Un tempo prezioso quello in cui visse Sciacca che doveva dunque essere riconosciuto anche dalle generazioni future.
Principale bersaglio polemico dello Sciacca fu lo storicismo, che aveva esercitato almeno sino agli anni quaranta una vera e propria “tirannia del pensiero”, sia nella declinazione idealistica (Croce e Gentile) che in quella materialistica ( marxismo).
Lo storicismo infatti aveva compresso la libertà e precluso la possibilità di fondazione di un’ autentica filosofia della libertà, ergendo la storia a tribunale supremo.Nella migliore delle ipotesi, aveva concepito in maniera riduzionista la libertà stessa ( eclissandone la nozione metafisica classica che include la ” libertà minor” come facoltà di scegliere tra il bene e il male e la ” libertà maior ” come facoltà di perseverare nel bene), circoscritta alla sfera politica_ sociale, secondo una concezione di matrice illuminista.
Invece per lo Sciacca nella loro accezione originaria e profonda ” libertà” e ” tempo” sono fatti interiori, per cui la liberazione ed escatologia politica e sociale sono incompiute qualora non presuppongano la ” liberazione” o ” Rivoluzione” come fatto morale (2).
Alla tirannia dello storicismo seguì in Italia quella dei suoi epigoni, sostenitori acritici di F.Nietsche, M.Heidegger, E. Husserl, J.P.Sartre.
Sciacca rifiuta anche questi indirizzi filosofici, che da una parte sono ” antistoricismi” non in grado di colmare lo scacco nichilista dello storicismo, dall’ altro palesano il ” provincialismo”(3) in cui si era involuta la cultura filosofica italiana nel secondo dopoguerra
Michele Federico Sciacca approdò al ” realismo spiritualistico”(è la determinazione del suo pensiero che non pretende certamente di esaurirlo, ma è quella che meglio riesce a caratterizzarlo) dopo aver oltrepassato l’ attualismo gentiliano (4 ) attraverso la stazione dello ” spiritualismo critico ( tra i contemporanei rappresentanti di questo indirizzo cito almeno Guzzo, Carlini e Carabellese, il primo e il terzo con esiti schiettamente antimetafisici).
La ragione ultima della sua presa di distanza dall’ idealismo attualista gentiliano è la consapevolezza che la filosofia dovesse avere un’ autentica fondazione metafisica (5), mentre l’ esito ultimo dell’ attualismo era il nichilismo ovvero l’ annientamento della metafisica: eclissando la fondamentale impalcatura di Logos-Eros-Anamnesi su cui deve fondarsi la questione gnoseologica, l’ attualismo si fondava su di un’ entità immanentistica in autoctisi producente e al contempo annichilante ogni contenuto nella direzione del nulla…al contrario, la Presenza dell’ idea dell’ Essere allo Spirito era ,per il filosofo di Giarre, richiamo, rinvio, Pre-sentimento dell’ Essere Divino in cui la Libertà coincide con l’ Essere stesso, è Libertà matura. Ù
Sciacca precisò costantemente la sua preoccupazione di una fondazione metafisica della filosofia, al punto da fondare il ” Giornale di Metafisica”.
È innegabile il debito di Sciacca nei confronti di Platone (che Egli conobbe in maniera approfondita sin dalla scuola superiore) nondimeno la concezione di Platone costituì agli occhi di Sciacca una importante direttrice lungo cui reperire la Verità e non già la Verità stessa.
Come per un cattolico formatosi sul pensiero di Aristotele, l’inveramento più immediato doveva avvenire nel tomismo, così per un cattolico erudito della filosofia di Platone ( come era Sciacca) l’ inveramento naturale doveva avvenire nella filosofia di Sant’Agostino.
Nonostante il fascino esercitato da Platone e nonostante il filosofo greco non abbia mai cessato di costituire un punto di riferimento fulcrante anche durante la fase matura, Sciacca non poteva non ravvisare alcuni limiti del suo pensiero: l’ ipostatizzazione delle ” ousiae” che la filosofia cristiana invece ripone nell’ intelletto divino e soprattutto un’ impostazione speculativa che preparava il terreno ( trattandosi di una metafisica non creazionista) agli opposti esiti del panteismo e del dualismo, nonché allo gnosticismo, stretto parente dell’ orfismo.
Michele Federico Sciacca, a differenza di altri pensatori contemporanei, che avevano affrontato solo tangenzialmente il pensiero di Sant’ Agostino, quando non lo avevano piegato alle proprie preoccupazioni speculative ( A.Guzzo, Miguel de Unamuno, Ortega Y Gasset, etc) non solo si interessò al pensiero del Santo di Ippona, ma può definirsi un agostiniano ” strictu sensu”.
Prodotto della sua pazienza e scrupolosa ricostruzione del pensiero di Sant’Agostino fu una monografia e numerosi saggi (6).
Michele Federico Sciacca fu dunque agostiniano strictu sensu e non semplicemente cultore del pensiero di Sant’Agostino, al contempo ebbe come autori a lui cari Pirandello e Michaelstader, incontro’ il pensiero di Rosmini, dopo aver oltrepassato criticamente l’ attualismo gentiliano, non senza epurarlo da quella commistione tra platonismo e kantismo (sfociata nell’ ” idea dell’ essere” come a-priori di tutta la conoscenza) che aveva portato l’abate trentino all’ eterodossa inclinazione verso l’ “ontologismo” (7)
Considerò il Santo di Ippona il padre fondatore della “matafisica dell’ interiorità”, vale a dire dell’ Autocoscienza. Denunciò tuttavia la degenerazione del pensiero di Agostino da parte del razionalismo contemporaneo, a partire dal cartesianesimo, fino all’ esito nichilista dell’ attualismo gentiliano.
L’Autocoscienza, secondo lo spiritualismo cristiano come lo intende Sciacca, presuppone pur sempre una metafisica pluralista, ciò che vi è di più opposto al monismo panteistico e solipsistico gentiliano.
Ma già nell’ immanentismo idealista hegeliano la dimensione dell’ interiorità era stata di fatto estromessa dalla filosofia, soprattutto per il rilievo riduttivo hegeliano della sfera della moralità, capace di elaborare un dover- essere puramente astratto e quindi meritevole di essere oltrepassata nel complesso delle istituzioni che costituiscono lo ” stato etico” (l’ unico atto a produrre leggi strictu sensu normative).
In una direttrice ben differente si muove la concezione di Sciacca, per il quale la dimensione della “moralità” non solo ha autonomia intrinseca e priorità rispetto all’ “eticità” (che si estrinseca nelle istituzioni positive politico-sociali), ma ha per oggetto l’imperativo più universale e più concreto, quello che accompagna la libertà umana a piena maturità: amare incondizionatamente ogni ente e ogni persona.
Come già accennato, per il Nostro, il ” progresso morale” è condizione sine qua non di qualsiasi rigenerazione sociale e politica ( ulla falsariga di pensatori come C. Peguy, Simone Weil, Georges Sorel), la riforma della “moralità” è presupposta da quella dell’ “eticità”. Sul rapporto fra metafisica dell’ Essere e metafisica dell’ Amore mi soffermerò più avanti
Lo Sciacca, fedele all’ impostazione del Santo di Ippona, sottopone a critica l’ accezione fuorviante del concetto di Autocoscienza presente nel razionalismo moderno, con la conseguente distorsione che esso ha fatto dell’ agostiniano imperativo ” redire in te ipsum”. L’ interiorità, a partire da Cartesio, si deteriora vieppiù in ” soggettivismo”.
Invece, per lo Sciacca come per il Santo di Ippona, l’ Autocoscienza ha una radice innanzitutto ontologica. Mentre il cartesianesimo si muove lungo la direttrice della Matafisica del Soggetto (con la priorità dell’ aspetto gnoseologico e psicologico), Sciacca e Sant’Agostino non escono affatto dalle coordinate della Metafisica dell’ Essere.
Scrive Santino Cavaciuti: “l’ essere rivelato dal pensiero non è, secondo Sciacca, di ordine gnoseologico, ma ontologico: si tratta precisamente dell’ Essere come vero”(8).
Anche il De Finance, studioso della metafisica cristiana medievale e dello spiritualismo cristiano contemporaneo concorda con questo giudizio (9).
In questo modo, salvaguardando il primato dell’ ” ontologico” sul ” gnoseologico” era possibile superare quella divaricazione tra metafisica dell’Essere e metafisica della Verità che aveva permeato il razionalismo moderno, di impianto soggettivistico, ma che aveva altresì caratterizzato certa filosofia ” neoscolastica”. “Le cose sono nella misura in cui sono vere” e inoltre ” le cose create e finite sono vere per il grado di essere che hanno” (10).
Per ciò che concerne il processo della conoscenza, Michele Federico Sciacca rifiuta lo psicologismo (commistione tra ” noema” e ” noesis” che ha radice nel soggettivismo moderno), l’innatismo e il sensismo empirista (su questo punto, non fa che riprendere la critica di Antonio Rosmini alla visione di Condillac e di tutta la linea dell’ empirismo classico).
La sua dottrina gnoseologica ha come fondamento la “Presenza” e non il carattere innato dell’ idea dell’ Essere, che attraverso un processo di rielaborazione interiore è rinvio, Pre-sentimento dell’ Essere Divino Supremo.
Gli intellegibili, oggetti che sono dotati di Realtà più autentica degli oggetti sensibili ( secondo la lezione di Sant’ Agostino, Sant’ Anselmo d’ Aosta, San Bonaventura e tutta la linea dell’ Agostinismo e del Platonismo cristiano) non sono (come voleva Platone) realtà in sé e per sé e non sono neanche idee innate nell’ intelletto umano ( come voleva il cartesianesimo).
Sono innate nell’ Intelletto Divino, ma semplicemente “presenti” all’ interiorità umana e rinviano all’ Essere Divino.
Il “Presenzialismo” dell’ Agostiniano Sciacca presenta solo un vago richiamo alla fenomenologia di Husserl, che non contemplava la dimensione della Trascendenza e che fu destinata a involversi nella gabbia del “residuo soggettivo trascedentale”.
Indubbiamente, il fatto che M.F. Sciacca abbia salvaguardato il terreno dell’ ontologia naturale e della Metafisica dell’Essere (che costituisce un tutt’ uno con la Metafisica della Verità), pur accentuando il ruolo dell’ interiorità come luogo della Presenza del Divino, costituisce un legame con la tomista “philosophia perennis”; M.F. Sciacca ha sempre parlato con rispetto della metafisica di San Tommaso d’Aquino, di cui poteva vantare una approfondita erudizione(11).
Nondimeno, dottrine come l’ astrazione dell’ “universale”, la dualità tra “intelletto possibile” e l'”intelletto agente” , sono estranee a Sant’ Agostino, come non sono contemplate dalla dottrina della conoscenza del Nostro, sono infatti dottrine propriamente tomiste.
Se una sorta di ” astrazione” può configurarsi nella dottrina del filosofo di Giarre, essa avviene comunque lungo la verticale dello Spirito e non già lungo l’ orizzontale dell’ esperienza sensibile, che nella linea dell’ agostinismo, svolge sempre il ruolo di causa ” accidentale” della conoscenza, essendo il concorso primo ad essa fornito dal Lume Divino.
Per quanto riguarda la dimostrazione dell’ esistenza di Dio, il luogo della dimostrazione stessa non è il processo causale che interessa l’ esperienza sensibile, ma , anche qui, il terreno dell’ interiorità: il fondamento dell’ idea dell’ Essere, presente allo Spirito ma con caratteri di finitudine e contingenza, è l’ Essere Divino. Scrive Sciacca in ” Filosofia e Metafisica”: ” Non si risale propriamente a Dio, Causa Prima, dal processo causale, ma dal principio di sé di Causa, dalla presenza di questa verità direttamente intuita a Dio, dove è l’ interiorità stessa che rende testimonianza a Dio del principio di Verità e di ogni Verità; e la ragione argomenta per rendere esplicito il rapporto di causalità: così la presenzialita’ si fa dimostrazione” (12).
Il tema dell’ Amore è certamente centrale in Sciacca, fin dalle primissime riflessioni teoretiche, se già il Nostro nel saggio ” Spiritualismo cristiano” che risale al 1944 faceva del comandamento ” devi amare sempre, universalmente”(13) l’ espressione fulcrante della moralità, la condizione di una rigenerazione morale integrale dell’ umanità, perdendo di vista essa qualsiasi utopia rivoluzionaria o reazionaria di natura politico-sociale sarebbe risultata sterile, ancorché animata dai più nobili intenti.
Ma questo primato dell’ Amore nell’ etica dello Sciacca è tale da comportare un dualismo tra ” metafisica della Verità” e ” metafisica dell’ Amore”? Non si configura allora un dualismo irrisolto tra Verità e Amore? Non si può negare che questa dicotomia irrisolta tra Amore e Verità abbia permeato le Confessioni di Sant’ Agostino
Come già rilevato, la triade Anamnesi-Logos-Eros permea per Sciacca la problematica teoretica, conducendo a guadagni ben differenti dalla razionalizzazione astratta integrale dell’ esistente (idealismo hegeliano) e dall’ atto autoctico impersonale gentiliano che circoscrive l’ essere nel ” fieri” attuale e non valorizzando l’ anamnesi, non attribuisce alcuna valenza al passato
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Per Michele Federico Sciacca inoltre l’ autentica conoscenza non è prodotto di una asettica ragione strumentale e calcolatrice. Soprattutto quando si tratta di cogliere la Presenza di Dio allo spirito, l’ atto conoscitivo non può ridursi a mero ” theorein”, cioè a riflessione speculativa oggettivante; riveste in questo caso un ruolo portante l’ Eros, da intendersi non già come emozione o intuizione a_ logica, ma come “occhio dell’ intelligenza”, supporto per il Logos (14).
“Sant’Agostino e Sciacca si muovono, per un certo aspetto, in questa logica del primato assoluto dell’ Amore” ( Santino Cavaciuti).
A differenza del soggettivismo razionalista moderno (cogito ergo sum il suo principio fondante) il fatto originario non è l’ Autocoscienza (15), la ” coscienza di sé” è generata, l’ Amore invece è ingenerato e anteriore alla generazione dell’ Autocoscienza: infatti non potrebbe generarsi la conoscenza di sé nell’ Autocoscienza se non ci fosse la forza motrice dell’ Amore.
L’ Amore vero non ha una causa fuori di sé e le profondissime pagine di ” Trinite’ et unite’ de l’ esprit”, una raccolta di saggi di vari pensatori cristiani, curata dallo Sciacca conservano nella sua imperitura bellezza il motto di San Bernardo di Chiaravalle: ” amo quia amo, amo ut amem”( Sermo 83,4)
Vi è un breve saggio di Sciacca, oggigiorno, ahimè, pressoché obliato anche generalmente negli ambienti cattolici: l'”Oscuramento dell’ intelligenza”.
Eppure, nell’ intenzione del compianto filosofo di Giarre, doveva essere un saggio che interpellasse anche i posteri. Già negli anni 60′ egli denunciava l’ Occidentalismo come dissolutorio processo di “oscuramento dell’ Intelligenza”: oblio della dimensione della Trascendenza, primato del vitalismo, permissivismo, indifferenza verso l’ideale della Vita Buona tratteggiata fin dai classici greci, primato della visione merceologica su quella metafisica, ab imo riduzione dell’ Essere umano all’ atteggiarsi di un bruto. Sciacca aveva denunciato la nuova temperie colonialista in cui l’ “Occidente progredito e civilizzato” mirava a sradicare dalle proprie radici e tradizioni interi popoli extraeuropei (16).
Invero, quando il progresso recide le proprie radici dalla tradizione non può che involversi nella dissoluzione morale, pur ” sub specie” dell’ “ottimismo civilizzatore”. Oggi la dissoluzione già denunciata da Sciacca a partire dagli anni 60′ ha raggiunto il momento apicale…. nulla di più vano che attendersi l’escatologia dal partito, dal sindacato, dalla natura, dalla storia, da qualsiasi entità intramondana.
Occorre recuperare la dimensione della ” carità storica” secondo quel comandamento sciacchiano che chiede di ” amare in maniera disinteressata tutti gli uomini i presenti come i futuri”, in quanto tutti partecipano del disegno Provvidenziale Divino (17).
Si ha un bel dire in continuazione che sono tramontati gli ideali di Patria Famiglia Religione e che la nostra nazione ha perso la sovranità nazionale-popolare, essendo le redini della nazione nelle mani di tecnocrati, estranei all’ idea stessa di popolo…alla mercé dei mercati e dei potentati sovranazionali e antinazionali.
Ma occorrerebbe interrogarsi a fondo su questa crisi attuale dell’ idea di “nazione”( la cui radice primigenia è la crisi dell’ idea di “comunità”) : essa infatti non può certo essere ricondotta alla fatalità, ma discende da un generale processo di abbruttimento morale, da un’ “oscuramento dell’Intelligenza”, in conseguenza del quale la sfera del vitale domina incontrastata sui valori spirituali, l’estetica è ridotta a dozzinalitò a buon prezzo, la sfera del mercato tende a essere onnipervasiva anche nel dominio di ciò che è “simbolico”, “sacro”, “affettivo”, un tempo irriducibile alla logica gelida del “do ut des”. Invero, questo ” oscuramento dell’ intelligenza” è fortemente voluto, incoraggiato, da oligarchie plutocratiche mondiali, sotto la cui egida oggigiorno si consuma il momento apicale dell’ ultimo ciclo della Sovversione Satanica, sottoforma della ” Rivoluzione del costume”. Secondo voi, vi è forse per queste élites globaliste una strategia più efficace di colonizzare interi popoli e soggiogarli anche politicamente rispetto a quella di promuoverne l’ abbruttimento morale?
Note
(1)c.f.r Maria Adelaide Raschini, ” Il Silenzio e la storia” in “Incontrare Sciacca”, Marsilio, Venezia,1999, p.214
(2)”Nessuna Rivoluzione potrebbe essere tanto radicale anche nei suoi effetti politici e sociali, come quella che consiste nella nostra liberazione dal male”; l’ educazione alla Vita Buona antecede, in polemica qui con ogni forma di progressismo e storicismo, qualsiasi anelito escatologico di natura politica. cfr Adelaide Raschini,” Liberazione e storia”in ” Incontrare Sciacca,cit,p.216
3) Intendendo per “provincialismo” qui la refrattarietà della cultura italiana a elaborare una “filosofia nazionale” e assumere al contrario come referente le filosofie d’ oltralpe
(4) come risaputo, alla morte di Gentile, la scuola gentiliana si suddivise in ” Destra gentiliana”(di cui autorevoli rappresentanti furono Guzzo, Carlini e Sciacca) e ” sinistra hegeliana”( di cui maggior esponente fu Ugo Spirito)
(5) cfr. Santino Cavaciuti,”Augusto Guzzo e Michele Federico Sciacca. Presenze agostiniane” in “Interiorità e persona”, Agostino nella filosofia del Novecento, II, Città Nuova, Roma, 2001,p.157″ Augusto Guzzo e Michele Federico Sciacca sono pervenuti allo Spiritualismo provenendo dal pensiero di Gentile. Tuttavia ,il loro Spiritualismo e agostinismo, pur avendo qualcosa in comune di fondamentale, risulta ben diverso per certi aspetti e interpretazioni di fondamentale importanza oltre che per il tipo di approccio alla problematica agostiniana. E’ emblematica a questo proposito l’ antimetafisica di Guzzo, laddove per Sciacca la filosofia è essenzialmente metafisica”
(6) La notevole abnegazione dedicata da M.F.Sciacca all’ opera di Sant’Agostino è attestata non solo da un’ ampia monografia di 350 pagine ( ne è stato pubblicato un solo volume, gli altri due sono conservati sottoforma di manoscritti e carte presso l’ Archivio dei padri Rosminiani di Stresa) ma anche da un profilo sintetico dedicato al Santo nell’ Enciclopedia filosofica Sansoni, stesa da Sciacca stesso, dall'” Introduzione”,dai passi agostiniani della Grande Antologia Filosofica, ed.Marzorati, Sciacca ha inoltre dedicato al Santo di Ippona una trentina di saggi, tra cui citerò almeno ” Dialetticita della natura umana e sua problematica essenziale nel pensiero di Sant’Agostino”(50pp.), “Sant’Agostino essenziale”,(30pp.),”Introduzione a Sant’Agostino”,”Trinità”( circa 30 pp.)
(7) “Ontologismo” è la dottrina condannata dal magistero ecclesiastico che contempla la possibilità di una “visione naturale” di Dio. Si tratta di una formulazione eterodossa, “meno grave” del panteismo; mentre per il panteismo, Dio e mondo coincidono,per l’ “ontologismo” Dio accade nella visione naturale e nella natura ma non è coesteso al mondo. L'”Assoluto” rosminiano dell’ idea di ” Essere” come a priori della conoscenza generò un equivoco: il lume divino è ” quo ens cognoscitur” oppure Dio è ” quod cognoscitur” tout court?
(8) cfr. Santino Cavaciuti,” Augusto Guzzo e Michele Federico Sciacca”, cit,p.184
(9) Cfr. De Finance, “Le spiritualisme chretien de M.F.Sciacca”,”Gregorianum”,3(1959),pp.500-515
(10) cfr. M.F.Sciacca,” Sant’ Agostino”, Morcelliana, Brescia,1949,p.190
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(11) M.F.Sciacca sì è notevolmente interessato al rapporto tra la metafisica di Sant’Agostino e quella dell’ Aquinate, discordando dalla tesi di coloro che ritenevano che l'”astrazione tomista fosse già presente in nuce nella dottrina agostiniana dell’ ” illuminazione”. Infatti,il filosofo di Giarre ci tenne a precisare che non si dovesse confondere il piano del giudizio con quello del concetto; l'”astrazione” è intuizione intellettuale del concetto, l’ illuminazione di Sant’Agostino fonda la legittimità dei giudizi. Sul tema menzionerò almeno “Agostino e Tommaso”, Humanitas,12 (1946),pp.1216-1220 e “Rapporti tra agostinismo e tomismo”,”Filosofia e cristianesimo”, Atti del Convegno Italiano di studi filosofici cristiani, Aloisianum, Gallarate, 4-6 settembre 1946, Marzorati, Milano,1946,pp.33-38
(12) M F.Sciacca,” Filosofia e Metafisica”,p.175
(13) Cfr M.F. Sciacca,” Filosofi contemporanei”, Marzorati,Mi,1946,1944_46,p.449
(14) Cfr. M.F.Sciacca,” Sant’ Agostino”,cit.,p.50 “conoscere non è puro ” theorein”, ma è soprattutto amare. L’ occhio dell’ intelletto “vede”, ma in quanto l’ Intelletto è ” occhio di amore” ,la conoscenza di Dio è ” amore o non è conoscenza”
(15) Oltretutto, il soggettivismo cartesiano è permeato dall’ aporia di dedurre dal ” cogito” l’ “Essere”. Moti dello spirito come cogitare, dubitare, rinviano innanzitutto alla dimensione dell’ Essere e la metafisica di Sciacca è fedele all’ agostiniano” si fallor,ergo sum”e non già al cartesiano ” cogito ergo sum
(16) Cfr. M.Veneziani,”Sciacca: il Marcuse cristiano” in”L’Antinovecento”, Leonardo, Mi, 1996, p.123. La tecnocrazia ha un’ anima “illiberale e reazionaria”, tesa a imporre un ordinato progresso gestito da funzionari..E denunciava ( Sciacca ) ” da destra” il colonialismo delle merci veicolato dal mercantilismo che schiaccia ” con la barbarie industrializzata le culture locali, sradica quei popoli dalla loro tradizione e controlla il pianeta tramite l’ Organizzazione Mondiale Tecnologica”
(17) A. Raschini,”La carità storica” in “Incontrare Sciacca”,cit.,pp.135-146. La dissoluzione morale in corso richiede ” martiri” disposti a un’ integrale riforma della moralità, disposti ad ubbidire al Disegno Provvidenziale Divino, non già alle entità idolatriche. È ‘ destinato a rimanere con le mani piene di vento colui che attendesse il riscatto da un’ utopia di ordine politico sociale. Promuovere piuttosto la carità universale, a partire dall’ agostiniano ” redire in te ipsum”