Chiacchierata col Guelfo Rosa
RS: Aria pesante?
GR: L’aria di fine agosto spesso è pesante.
RS: Quest’anno in particolare.
GR: Quest’anno la dose di follia mi sembra alta. E decisiva.
RS: In che senso?
GR: Nel senso che credo si sia giunti a un punto di rottura, nello sfascio generale. Non solo e non tanto nella società, già andata da un pezzo e ora avvitata in una disillusione generale, ma anche nel nostro mondo tradizionalista, integrista, integrale o chiamatelo come vi pare.
RS: Perché, detto in breve?
GR: In breve è dura ma ci provo: vedo la perdita dell’equilibrio su scala quasi generale, un affievolirsi della ragionevolezza e del buon senso, dell’educazione nemmeno parlo perché ormai è roba per pochi. Nei giorni scorsi guardavo certe reazioni ad un post sul ricovero del card. Burke (ed è solo un esempio dei moltissimi che potrei fare): un fatto triste ridotto ad occasione di rissa tra pro-vax e no-vax, le solite ole tra opposte tifoserie, l’urlo scomposto e l’accusa reciproca come metodo di interlocuzione, le prevedibili alleanze con i ritriti schemini da fortino assediato. Se non fosse nobilitante per questo quadro parlerei di balcanizzazione, ma quella era una cosa seria. Qui siamo al tafazzismo in piazza. Peraltro un tafazzismo che nel suo essere monotematico finisce per diventare una colorita eco di ciò di cui si parla a reti unificate h24 da inizio 2020. Se il tradizionalismo anni ’70 diceva “Tradizione! Tradizione!”, quello di oggi dice “Covid! Covid!”.
RS: Nel tradizionalismo si è sempre litigato su tutto.
GR: Alt, alt. Vero che il tasso di rissosità stellare è antico e l’autoelezione a Papa di sé stesso e del mondo intero, è un vecchio sport di casa nostra, ma qui – negli ultimi mesi – c’è stato un salto verso il basso notevole dovuto a diversi fattori: dai colpi di coda del bergoglismo (vedasi Traditionis Custodes), all’incancrenirsi del dualismo bavarese-argentino, fino al clima sociale generale dovuto alle note cause. Poi parliamoci chiaro: il “tradizionalismo” di oggi non è quello di 5, 10 o 15 anni fa.
RS: Non c’è dubbio.
GR: Ci sono state almeno dal Concilio almeno 5 stagioni del tradizionalismo nelle sue più varie forme: quella confusa e iniziale fino all’estate calda del 1976 (quando per la prima volta si formalizzò una “condanna” vaticana contro Mons. Lefebvre); con momenti molto diversi, quella dal 1976 al 1988 (con l’arrivo della “scomunica”), quella dal 1988 al 2007-2009 (ovvero fino all’inizio dello “scongelamento effettivo”: Summorum Pontificum e remissione delle “scomuniche”); quella di transizione fino alle dimissioni di Ratzinger – con tutta la sua portata pseudo-restaurativa – e quella post-2013 con l’arrivo del colorito fronte antibergogliano. Ciascuna ha avuto le sue peculiarità. Dopo il 2013 si sono presentati in tanti, alcuni erano di buona volontà, altri meno, alcuni animati da amore per la verità altri solo da odio per Bergoglio, alcuni si sono rivolti alla Tradizione altri hanno “vestito di tradizionalismo” il loro astio, il loro zelo amaro. La pentola si è riempita molto, la temperatura è salita, il minestrone era molto composito e oggi sta esplodendo, nella caciara generale.
RS: Non si costruisce nulla solo andando contro.
GR: Funziona nel breve, poi le contraddizioni vengono a galla. Sia chiaro, i collateralismi sono sempre esistiti, c’è sempre stata gente che era tradizionalista perché “faceva parte del pacchetto”: i tradizionalisti “perché fascisti”, “perché indipendentisti”, “perché anticonformisti”, “perché anticomunisti”. Ma recentemente si è andati oltre. E il confronto interno è scaduto parecchio. Il tema sanitario ha monopolizzato il dibattito impoverendolo, banalizzandolo, svuotandolo, trasformando tutto in un perenne, inutile e a volte patetico referendum su materie specialistiche che vengono presentate come nuovi dogmi di fede. Una volta il tradizionalista petulante ti chiedeva prima di “come ti chiami?”, “dove vai a Messa?”. Oggi ti chiede se sei o non sei vaccinato. E se incappi in uno dei due opposti (e complementari) membri di tifoseria, devi pure stare attento alla risposta, a costo di passare da un lato per “venduto, idiota”, dall’altro per “untore, incosciente”.
RS: A proposito, si è vaccinato?
GR: Pure voi. No, non mi sono vaccinato né ho una prenotazione in tasca, ma chiarisco che la questione riguarda me e il mio medico, punto. Non dico nemmeno il mio confessore perché se gli ponessi certe questioni di liceità taglierebbe corto, come la stragrande maggioranza dei suoi colleghi. E badate bene: non è certo un modernista, un bergogliano o un biritualista. Questo giochino di far l’interrogatorio alla gente ed eventualmente processarla seduta stante, sia in un senso sia nell’altro, deve finire.
RS: Non finirà.
GR: Vedete: il problema è una profonda, radicale, perdita del senso dell’essenziale. Della gerarchia delle questioni, del valore della battaglia. C’è chi crede di fare il martire dal divano perché dopo mezza giornata passata sui social ha “scomunicato” due covidioti e ne ha derisi altri tre, e dall’altra chi crede di aver capito tutto perché oltre ad aver letto tre libri di teologia, sa fare anche un’apologia delle scelte del governo, della maggioranza e della dottrina del male minore. No, gente: se il tradizionalismo si deve ridurre ad una sorta di rissa-telecronaca di questioni amministrativo-sanitarie, non funzionerà. Nel medio periodo, quando i fattori che determinano questa situazione – o meglio questa continua bolgia che si aggrega per fare confusione – cesseranno, di ciò cui assistiamo resterà ben poco. Questo tradizionalismo, che è diventato il collettore di ogni contrarietà, non resterà a lungo nella forma in cui ora è. Le società troppo multietniche e rissose finiscono come le banlieu. E se non finiscono così sono costrette a cambiare per altre vie. Molta gente se ne andrà, per le stesse strade da cui è venuta.
RS: Più probabile un riassetto, o meglio: l’esordio di una nuova stagione che segua le 5 precedenti.
GR: Sì, possibile ma non finché resta la presente situazione di stallo sul piano ecclesiastico e socio-politico, che paralizza tutto. Dopo sì. Il dramma è che oggi, mentre là fuori c’è un mondo che – sull’orlo della disperazione – avrebbe un bisogno assoluto della risposta cristiana alle sfide della vita, un mondo che ci guarda e ci interroga, noi siamo qui a condannarci all’inferno a vicenda con richiami millenaristici vergati sui social. Una volta le condanne partivano dalla cattedra di Pietro, oggi abbiamo ripiegato sulla poltrona di casa. Nei tempi andati ci si scannava sulla metafisica, sulla dottrina, sulla liturgia, oggi sugli screenshot postati nei commenti. Di questo passo non saremo sepolti dal neomodernismo, ma dalle risate.
RS: Se un terzo delle energie messe in certi scontri…
GR: …fosse messo nell’apostolato, vabbé ci siamo capiti. In ogni caso, la cosa buona è che – nonostante tutto – non praevalebunt.
RS: Non praevalebunt.
Foto di Lindeboom Jean-Bapt da Pexels