di Luca Fumagalli
Termina con questa quarta puntata lo speciale agostano dedicato alle opere teatrali di Graham Greene. Per le precedenti puntate: L’ultima stanza; Il capanno degli attrezzi; Scolpire una statua
Prima di iniziare, per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Greene e quella di molti altri scrittori del cattolicesimo britannico, si segnala il saggio “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo”. Link all’acquisto.

Il teatro di Graham Greene non è fatto solo di pièce a sfondo religioso, ma anche di lavori più “laici”, in cui il cristianesimo non ha alcuna parte. L’ultima stanza (The Living Room, 1953), Il Capanno degli attrezzi (The Potting Shed, 1957) e Scolpire una statua (Carving a Statue, 1964) si collocano quindi all’interno di una produzione più ampia che comprende altri cinque spettacoli, tutte commedie. Si tratta, nel complesso, di opere meno interessanti rispetto alle precedenti e forse ciò è anche il motivo per cui, tranne una, nessuna di queste è stata mai messa in scena in Italia. Tuttavia hanno l’indiscutibile pregio di mostrare l’affascinante complessità del lato umoristico di Greene, un aspetto del suo stile spesso colpevolmente ignorato o sottostimato.
L’amante compiacente (The Complaisant Lover, 1959) racconta la storia di un venditore di libri antichi, Clive Root, coinvolto in una relazione clandestina con Mary, la moglie di un dentista più anziano di nome Victor Rhodes. In una vicenda dai contorni abbastanza scontati, ciò che sorprende è la reazione del marito tradito: quando Victor scopre cosa sta accadendo, non si scompone, anzi, permette a Clive di continuare a incontrare Mary. Inizia però a imporre diverse condizioni che finiscono per rendere Clive totalmente dipendente dalla sua volontà. Lo spettacolo si rivelò un successo – al Globe di Londra rimase in cartello per quasi un anno – testimoniando la crescente confidenza di Greene con gli strumenti della commedia. Nonostante non vi siano riferimenti alla sfera religiosa, L’amante compiacente si concentra sul vuoto spirituale che sta alla base del comportamento dei personaggi, un vuoto che conduce inevitabilmente a ferire le persone che più si amano.

Del 1975 è invece la commedia di costume The Return of A. J. Raffles, vagamente basata sulla raccolta di racconti The Amateur Cracksman di E. W. Hornung. Protagonista è il ladro gentiluomo del titolo accompagnato nelle sue imprese spericolate da Bunny, amico e amante. Ruoli importanti sono assegnati pure a Lord Alfred Douglas – il “Bosie” di Oscar Wilde –, a suo padre, il Marchese di Queensberry, e al Principe di Galles, sotto copertura per incontrare clandestinamente la donna di cui è innamorato. La pièce, prodotta dalla Royal Shakespeare Company all’indomani dell’ammorbidimento delle norme riguardanti la censura teatrale, punta soprattutto sulla comicità e sull’irriverenza spicciola, parlando apertamente di omosessualità e mostrando scene di nudo.
The Return of A. J. Raffles diede il la ad altre due commedie di Greene, ovvero l’atto unico Yes and No e For Whom the Bell Chimes, entrambe messe in scena per la prima volta nella primavera del 1980 presso l’Haymarket Studio Theatre di Leicester. Yes and No è un divertente confronto a due tra un attore e il regista a proposito della messa in scena di uno spettacolo teatrale, mentre in For Whom the Bell Chimes prevalgono le tinte nere di una satira alla Joe Orton con tanto di cadavere femminile e ufficiale di polizia transessuale.

In chiusura, un discorso a parte merita The Great Jowett (1939), non una vera pièce teatrale ma un radiodramma, prodotto e narrato dai microfoni della BBC dallo scrittore Stephen Potter. In esso si racconta la vita di un professore di Oxford del XIX secolo, Benjamin Jowett, un traduttore di Platone alla disperata ricerca di un modo per far carriera all’interno dell’università.
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