Certo mondo tradizionalista e conservatore così “prudente” nel condurre la guerra contro il modernismo, così oculato nel criticare i pontificati successivi al Concilio Vaticano II (Bergoglio escluso), non tema di usare la sferza contro i papi del passato e contro i dati più certi del Cattolicesimo Romano. Così, in questa situazione di tragico paradosso, non di rado in questi giorni abbiamo visto impugnato il DOGMA del primato di giurisdizione del Romano Pontefice, il DOGMA della sua infallibilità, e ancora recentemente l’autorità e il valore del Magistero, accusato in sostanza di essersi sostituito alla Tradizione. Non è il caso di soffermarci troppo su taluni Strossmayer a scoppio ritardato. Riteniamo però di dover difendere il Magistero della Santa Chiesa e lo facciamo riprendendo alcuni passaggi di un articolo pubblicato su Le Sel de la Terre (N° 94 – autunno 2015).
Per prima cosa bisogna intendersi sul senso del termine «magistero». Il magistero è un «potere» della Chiesa, ma questo potere, come ogni essere relativo, si definisce per il suo oggetto. Qui, il soggetto del magistero (il papa e i vescovi) esercita il suo potere dando gli insegnamenti o gli atti del magistero. Si può dire dunque che il magistero è «soggettivamente» (da parte del soggetto) un potere, ma questo non gli impedisce di essere anche una realtà oggettiva: un insegnamento.
Non è il «potere» ad essere «regola diretta» della fede (p. 98, p. 101), ma è l’insegnamento del magistero, almeno quand’è infallibile, ad essere regola prossima della fede. Basta considerare l’«atto di fede»: «Mio Dio, credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere…», cioè che «la santa Chiesa ci propone a credere», è esattamente l’insegnamento del magistero.
[…] il magistero fa parte dei «luoghi teologici» proposti da Melchor Cano. Forse il termine non vi è impiegato, ma è presente la realtà. Essa si trova contenuta nel 3°, 4° e 5° luogo teologico tra quelli elencati dal teologo domenicano: «l’autorità della Chiesa cattolica» (il magistero ordinario universale), «l’autorità dei concilii» (il magistero solenne dei concilii), «l’autorità della Chiesa romana» (il magistero pontificio).
Il magistero non è «assorbito» da questi luoghi teologici (al punto da sparire!) … esso vi si identifica: l’insegnamento della Chiesa universale, dei concilii e di Roma, è il magistero. Come dice il Padre Ambroise Gardiel, i luoghi teologici 3°, 4° e 5° di Melchor Cano, e cioè il magistero, formano un luogo teologico «dichiarativo ed efficace» (7). Essi hanno «un valore conservativo del deposito, di interpretazione del dato, di trasmissione» (8).
[…] Il magistero è «l’organo della Tradizione»: l’espressione è frequente in Franzelin (11) ed altri (12).
Questo magistero ha per oggetto il «conservare santamente la dottrina rivelata ed esporla fedelmente» (Canone 1322 del Codice del 1917) «di predicare, di conservare e di interpretare la parola di Dio scritta o trasmessa» (13). La parola di Dio scritta o trasmessa (la Bibbia e la Tradizione) può essere mal compresa ed è per questo che la Chiesa gode di un magistero che interpreta la Tradizione.
Melchor Cano impiega questa espressione a più riprese (14). Il teologo domenicano spiega che la Chiesa non fa dello psittacismo, ripetendo senza comprendere alla maniera di un pappagallo. Essa non conserva solo la lettera della Rivelazione, ma anche il senso e lo spirito di questa: «La Chiesa di Cristo conserva e conserverà sempre queste due cose: la parola e lo spirito della parola» (15).
7 – DTC, «luoghi teologici», coll. 717-718.
8 – Ibid.
11 – «l’organo della Tradizione e cioè i successori degli Apostoli». Card. Jean-Baptiste FRANZELIN, La Tradition, traduzione annotata del testo latino del 1870 da Don Jean-Michel Gleize, Courrier de Rome, 2008, p. 88 (tesi 7, appendice; si vedano anche le tesi 9 e 10). Don Gleize dice nella sua prefazione: «Il magistero ecclesiastico, che è l’organo della Tradizione divina, è un magistero costante» (p. 18).
12 – Per esempio, in Louis BILLOT S. J., l’organo della Tradizione è «la successione della gerarchia ecclesiastica a cui Cristo ha affidato, con il carisma dell’assistenza perpetua, il compito di trasmettere, di conservare e anche di insegnare e di spiegare infallibilmente tutta la Rivelazione nella sua integralità» (De sacra Traditione, Roma, 1904, p. 7).
13 – Schema del card. Ottaviani per il concilio Vaticano II. Si veda Le Sel de la Terre 34, autunno 2000, p. 41.
14 – Si veda De Locis theologicis, 1, 12, c. 5 (per esempio pp. 291, 292, 293 nell’edizione di Venezia del 1759).
15 – Idib. P. 291
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Immagine: Pio XII tiene un discorso all’Accademia delle Scienze in Vaticano (fonte: liturgia.mforos.com)