Nota di RS: porgo il mio caloroso e grato benvenuto al giovane Emanuele Dodeci tra gli scrittori di Radio Spada (Piergiorgio Seveso, presidente SQE di RS)
di Emanuele Dodeci
L’eremita Nicolò nacque nella cittadina di Adernò l’attuale Adrano (Catania) nel 1117 da una nobile casata quella dei Politi. Della sua infanzia non sappiamo molto, andava a messa freguentemente, cacciava i lupi che assalivano gli ovili, sanava le pecore con la sua croce e ancora piccolo si asteneva dal latte di mercoledì, venerdì e sabato.
A 17 anni matura in Nicolò la scelta di diventare sacerdote: promesso sposo ad una giovane, scappa di casa e si ritira in una grotta nei pressi dell’Etna dove condivideva il pasto con un contadino e veniva tentato dal demonio.
Intanto il padre furibondo che lo cercava da giorni lo trova: allora Nicolò scappa diretto verso il monastero basiliano di San Filippo di Fragalà e sulla strada verso il monastero incontra un giovane sacerdote, San Lorenzo Confessore, che però gli indica un altro monastero quasi sconosciuto sul monte Calanna nel territorio di Alcara li fusi, il monastero di Santa Maria del Rogato.
Nicolò visita il monastero ed i monaci vedono in lui i segni della santità, lo invitano ad andare a trovarli spesso e gli indicano una grotta poco distante dove troverà dimora cibandosi di erbe e di pane ed acqua portato da un aquila.
Ogni sabato Nicolò andava a confessarsi e a ricevere la santa Eucarestia stringendo particolare amicizia con un certo padre Cusmano che divenne suo confessore.
Nel 1162 Nicola, trovandosi presso il Rogato, scorge l’amico Lorenzo: l’incontro tra i due Santi amici commosse molto i monaci del monastero. I due amici trascorsero insieme quella santa giornata presso l’eremo del Calanna; Lorenzo rabbrividì vedendo l’orribile condizione in cui Nicola aveva vissuto tutti quegli anni e si stupì (nonostante anch’egli manifestasse segni straordinari e miracolosi di santità) di come l’amico avesse fatto a sopravvivere così a lungo in quelle condizioni.
Pregarono e lodarono l’opera mirabile di Dio, cenarono con erbe, radici e col pane (stavolta intero) portato dall’aquila; infine, Lorenzo confidò all’amico (avendo avuta una rivelazione dal Cielo) che il 30 Dicembre di quell’anno egli sarebbe morto. Al mattino del dì seguente si scambiarono l’abbraccio dell’addio, Lorenzo benedì Nicolò e gli promise ancora un segno di saluto su questa terra. Nicolò non comprese subito, ma il 30 dicembre, domenica, allorché alla sera la sua grotta fu inondata di luce soave e da un profumo di rose, capì che in quel momento l’Anima di Lorenzo saliva al Cielo e gli mandava l’ultimo saluto.
Il sabato 12 Agosto 1167 Nicola tornava stanco dal monastero, quasi sfinito si imbatté in due donne che portavano con se due cesti pieni di frutta, Nicolò domando se potesse avere un frutto, una non lo guardò e si rifiutò di dare frutti per cui aveva sudato tanto ad uno straniero, l’altra presa a compassione di quel povero uomo sfinito gli diede il frutto, allora Nicola rivolgendosi a quella donna esclamò: per tanta generosità Dio renda fruttuoso il suo orto e lo ricolmi di ogni benedizione,al ritorno a casa la donna generosa trovo l’orto rigogliosissimo mentre l’altra trovo i frutti acerbi e l’orto secco.
Nicolò arrivò alla grotta stanco come mai era accaduto ed un angelo del signore gli annuncià che due giorni dopo l’assunta sarebbe morto, il giorno dell’Assunta andò a riferire a Padre Cusmano e a gli altri monaci la visione celeste e salutandoli uno ad uno lascia per l’ultima volta in vita il monastero.
Il 17 agosto Nicola si addormentò nel Signore, come ci dice anche un canto popolare:
“Quando a lasciar l’esilio
venne il celeste avviso,
tu genuflesso in estasi
volasti in Paradiso.”
In quello stesso giorno un pastore che stava cercando una pecora smarrita trovò il corpo di quest’uomo e toccandolo il suo braccio si pietrificò, subito scese in paese ed avviso il parroco che recandosi con la popolazione alla grotta vide il corpo del santo e il braccio del pastore torno normale, ordinando che fosse portato in paese, arrivati in località Sant’Eufemia i portatori dovettero posare a terra la portantina provvisoria costruita al momento poiché il corpo era diventato così pesante che nessuno poté rialzarlo, allora una bambina di pochi mesi che ancora non parlava gridò: “Portatelo al Rogato” allora subito si portò il santo al Rogato dove si seppe chi era grazie alla testimonianza del padre Cusmano che scrisse un innosignifi in cui spiccava significativa una frase:
“Io Cusmano teologo ho conosciuto il suo immenso zelo di penitenza,
col quale mentre viveva si è tormentato,
e per la penitenza sei stato simile ad una lucerna ardente,
innanzi a Dio, presso il quale sei andato”.
Lì restò 336 anni poi fu portato alla matrice di Alcara a causa dell’abbandono del monastero.
Nel 1507 fu canonizzato da Papa Giulio II che concesse a chi visitasse la sua cappella nella matrice di Alcara la santa indulgenza.

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