“Luxorius lux orta illuminatus
multos ad coelestem cursum dirigit“.
di Giuliano Zoroddu
Ad un chilometro e mezzo dal centro abitato di Fordongianus (l’antica Forum Traiani), in provincia d’Oristano, sorge una chiesa dell’XII secolo. Sulla parete meridionale del grazioso tempio si trova una lapide del V-VI secolo recante la seguente epigrafe: HIC EFFUSUS EST SANGUIS BEATI MARTIRIS LUXURII.
Luxurius (o Luxorius) era un soldato sardo di stanza a Cagliari, apparitore del preside Delasio (o Delfio), mentre erano imperatori Diocleziano e Massimiano. Scatenata da questi la persecuzione contro i cristiani, il nostro Lussorio vi prese evidentemente parte, ma non per molto. Entrato in possesso di un codice sequestrato delle Sacre Scritture iniziò infatti a leggerle. Attratto dai Salmi li imparò in breve tempo a memoria, così come i Vangeli. Istruito dalla sacra pagina, abbandonò la milizia degli iniqui Augusti per arruolarsi in quella di Gesù Cristo e ricevette il battesimo.
Venuto a conoscenza della conversione del suo secondo, Delasio lo fece condurre al suo tribunale. “Ti ho sempre voluto bene – gli rimproverò – e tu rigetti i comandi degli Imperatori e offendi le libagioni degli dei. È dunque meglio quel Cristo dei nostri dei eterni e degli Imperatori?”. Al che rispose Lussorio: “Povero giudice, sedotto da un miserabile errore! Io ho conosciuto il vero Signore e da lui aspetto un grandissimo premio. I vostri dei eterni e gli imperatori sono dalla terra, Gesù Cristo è dal cielo. Egli nacque da Maria Vergine, fu concepito di Spirito Santo, confitto al patibolo della Croce patì la morte per noi sotto il governatore Ponzio Pilato, seppellito, risorse dagli inferi. Sta ora alla destra del Padre e di là aspettiamo venga nella gloria a giudicare i vivi e i morti. Il suo regno durerà glorioso in sempiterno. I vostri dei invece, pietre e legni, sono senza vita, sono solo materia. Dunque non sono in grado di sentire, né patiscono ingiuria: sulla loro testa gli uccelli edificano i nidi e defecano, i ragni tessono la tela nei loro occhi”.
A tali parole il governatore fu preso da grande ira e comandò al soldato di sacrificare agli dei per aver salva la vita, e rifiutandosi Lussorio di apostatare, anzi continuando a proclamare la sua professione di fede in Gesù che per noi si sacrificò al Padre, comandò alle guardie di chiuderlo in carcere per provare a rammollirne la costanza. Vana speranza. Il martire, ricondotto in tribunale, non mutò punto d’avviso: “Io non posso apostatare il Dio vero per seguire i mendacissimi! Non è lecito piegarsi a statue di pietra, bronzo e avorio. Bocca hanno e non parlano, occhi e non vedono“.
Delasio lo fece allora crudelmente frustare e bastonare, quindi sentenziò che venisse condotto a Forum Traiani per essere decapitato, il che avvenne il 21 agosto dell’anno 304. Le sue spoglie inumate nello stesso luogo, furono poi traslate a Pisa, dove il nome Lussorio si trasformò in Rossore.
Assieme a lui subirono il martirio i due fanciulli Cisello e Camerino.
Chiesa martiriale di San Lussorio a Fordongianus ed epigrafe (da wikipedia.org)
Donatello, Reliquiario di san Rossore, 1424-27, Museo nazionale di San Matteo, Pisa (da donatello.net)
Riferimenti bibliografici : G. ARCA, De Sanctis Sardiniae, Cagliari, 1598; D. FILIA, La Sardegna Cristiana, Vol. I, Cagliari, 1909 (Nuova edizione Sassari, 1995); R. TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, Roma, 1999; G. MELE, San Lussorio nella storia: culto e canti: origini, Medioevo, età spagnola, in: G. Mele (a cura di), Santu Lussurgiu: dalle origini alla “Grande Guerra”. V. 2: Società e cultura, Nuoro, Grafiche editoriali Solinas, 2005, pp. 3-43; R. ZUCCA, Decollatio beatissimi martyris LVXVRII in amphitheatro forotraianensi?, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari I-2009, Vol. 1, p. 393-423.
Immagine in alto: San Lussorio Martire, XVIII sec., Orotelli