di Luca Fumagalli
Continua con questo nuovo articolo la rubrica infrasettimanale di Radio Spada dedicata all’approfondimento e al commento dei racconti di Padre Brown, il celebre sacerdote detective nato dalla penna di G. K. Chesterton, tra i più grandi intellettuali cattolici del Novecento. I racconti, a metà strada tra investigazione e apologetica, hanno per protagonista il buffo e goffo Padre Brown, interessato sia a risolvere i crimini che a salvare le anime dei colpevoli.
Per una disamina introduttiva sulla figura di Padre Brown – protagonista pure di vari film, sceneggiati per la televisione e, addirittura, fumetti – si veda il breve articolo a questo link.
Per le precedenti puntate… da “L’innocenza di Padre Brown” (1911): 1. La Croce azzurra / 2. Il giardino segreto / 3. Il passo strano / 4. Le stelle volanti / 5. L’uomo invisibile / 6. L’onore di Israel Gow / 7. La forma errata / 8. Le colpe del Principe Saradine / 9. Il martello di Dio / 10. L’occhio di Apollo / 11. All’insegna della spada spezzata / 12. I tre strumenti di morte. Da “La saggezza di Padre Brown” (1914): 1. L’assenza del Signor Glass / 2. Il paradiso dei ladri / 3. Il duello del dottor Hirsch / 4. L’uomo nel passaggio / 5. L’errore della macchina / 6. La testa di Cesare / 7. La parrucca violacea / 8. La fine dei Pendragon / 9. Il Dio dei Gong / 10. L’insalata del Colonnello Cray / 11. Lo strano delitto di John Boulnois / 12. La fiaba di Padre Brown. Da “L’incredulità di Padre Brown” (1926): 1. La resurrezione di Padre Brown / 2. La freccia del cielo / 3. L’oracolo del cane / 4. Il miracolo della Mezzaluna / 5. La maledizione della croce d’oro / 6. Il pugnale alato
Prima di iniziare, per chi fosse interessato ad approfondire l’opera di G. K. Chesterton e quella di molti altri scrittori cattolici britannici si segnala il saggio “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo”. Link all’acquisto.
Ne La maledizione dei Darnaway (The Doom of the Darnaways), settimo e penultimo racconto della raccolta L’incredulità di Padre Brown (1926), Chesterton introduce il lettore in un’ambientazione da romanzo gotico, un luogo desolato il cui l’unico elemento degno di nota è il castello in rovina della nobile famiglia del titolo, a corto di soldi da troppo tempo: «È come se la casa dei Darnaways stesse cadendo in rovina letteralmente, oltre che metaforicamente. […] È come se affondasse in una palude o nelle sabbie mobili, finché il mare la coprirà come un tetto verde».
I pochi superstiti dell’illustre casato, su tutti la giovane e bella Adelaide Darnaway, mostrano un viso sorprendentemente pallido, rassegnato al peggio, così come il vecchio maggiordomo Vine ha qualcosa di innaturale nel suo sorriso quasi completamente sdentato. Le stanze della casa sono cunicoli tetri, inquietanti, e anche Mr Darnaway, il cugino di Adelaide che è appena tornato dall’Australia per celebrare il matrimonio combinato con la ragazza, non sembra affatto a suo agio in quella dimora. A renderlo ancora più inquieto vi è poi un’antica leggenda secondo la quale, a causa di una maledizione, l’ultimo discendente della famiglia è destinato al suicidio, non prima, però, di aver eliminato la consorte.
È proprio per capire qualcosa di più intorno all’oscura profezia che Darnaway convoca al castello il dottor Barnett, il pittore Martin Wood – da qualche tempo impegnato a studiare i dipinti e le carte antiche della famiglia –, il suo collega londinese Harry Payne e, in ultimo, Padre Brown, descritto come al solito in termini squalificanti: «Sembrò a Payne che [la sua figura] accrescesse di un altro tocco la malinconica antichità del castello per il solo fatto di essere un prete cattolico, che poteva essere uscito da una catacomba degli oscuri giorni andati. […] Del resto il prete era abbastanza insignificante, personalmente, con lineamenti comuni e un po’ inespressivi».
Tuttavia il primo a considerare la storia della maledizione nulla più che una gigantesca assurdità è proprio Padre Brown il quale, come negli altri racconti della raccolta, si ritrova a indossare i panni dell’incredulo: «Un uomo non può essere costretto da nessun destino a cadere nel più piccolo peccato veniale (per non accennar nemmeno a delitti come il suicidio e l’assassinio). Non potete essere forzato a far cose cattive contro la vostra volontà solo perché vi chiamate Darnaway». Al posto di badare a simili sciocchezze, il sacerdote invita l’uomo a mettere a frutto il suo talento artistico, magari fotografando il ritratto dell’antenato che si crede all’origine della maledizione (e a cui assomiglia incredibilmente); potrebbe inoltre creare ex novo uno studio al piano superiore del castello, perfetto per lo scopo. Davanti all’obiezione di Wood, che non capisce come un prete possa mostrare così poco rispetto per la pregevole architettura gotica della magione, Padre Brown risponde riecheggiando il Vangelo: «Se non vi rendete conto che ridurrei in polvere tutti gli archi gotici del mondo, per salvare una sola anima umana, non sapete intorno alla mia religione quanto credete di sapere».
Qualche settimana dopo, quando viene ritrovato il cadavere di Darnaway, è il dottor Barnett a rievocare la maledizione, interpretandola, però, in chiave scientifica: «Credo in una maledizione di quella famiglia, cioè nell’indole della famiglia. Vi dissi che era ereditaria, e che tutti sono mezzi matti». Anche il dottore pare quindi prestare fede a quella che Padre Brown non esita a definire una «superstizione», ancora più meschina e irragionevole nel suo determinismo che nega all’uomo ogni libertà e responsabilità: «Io non vedo differenza nello scegliere tra la vostra superstizione scientifica e la superstizione magica. Entrambe sembrano trasformare le persone in paralitici che non sono in grado di muovere le braccia e le gambe, o salvare le loro stesse vite o le anime. I versi [della leggenda ndr] dicevano che la Maledizione dei Darnaway era quella di essere uccisi, e il testo scientifico dice che è la Maledizione dei Darnaway quella di uccidersi. In entrambi i casi queste persone sembrano essere predestinate».
Il racconto, dopo un’imprevista svolta romantica che ha per protagonisti Harry Payne e Adelaide – «Così il palazzo dormiente fu risvegliato e non fa parte di questa storia descrivere le fasi del suo risveglio» –, termina con la soluzione del caso, offerta naturalmente da Padre Brown. Si scopre così che il colpevole del delitto è Martin Wood, segretamente innamorato di Miss Darnaway, che ha orchestrato una clamorosa messa in scena, con un falso ritratto e una maledizione inventata ad hoc, solamente per mettere fuori gioco il pericoloso rivale.
Per quanto intrigante, La maledizione dei Darnaway è un racconto troppo sconnesso per essere considerato tra i migliori di Chesterton. La vicenda, che si dipana lungo una manciata di mesi, con salti temporali importanti tra un episodio e l’altro, ha il procedere claudicante di Mr Darnaway mentre la risoluzione, all’opposto, appare affrettata. Ciononostante è innegabile che abbia dalla sua una verve polemica assai rara: la paradossale uguaglianza tra scienza e magia e la difesa della libertà umana contro ogni tentativo “scientifico” di eliminarla – a tal proposito vengono in mente due formidabili romanzi distopici quali Il mondo nuovo di Huxley e L’uomo che voleva essere colpevole di Stangerup – non solo sono intuizioni apologetiche interessanti ma pure drammaticamente attuali.