Volentieri offriamo ai lettori questo estratto del III volume (Il pensiero di S. Agostino, la forza del Primato Romano, la nascita dell’Islam) della Storia Universale della Chiesa del Card. Hergenröther, ripubblicato in nuova versione dalle Edizioni Radio Spada.
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Dopo che la prefettura dell’Illirio nel 379 fu passata da Graziano a Teodosio e divenne con ciò parte dell’impero di Oriente; avevano i Papi, cominciando da Damaso, costituito i vescovi di Tessalonica come vicari papali, a fine di meglio tutelare, con tali rappresentanti, i loro diritti di primazia su quelle chiese. Cotale istituzione si mantenne durante il secolo V ed ebbe la sua efficacia nel governo ecclesiastico, sebbene già cominciasse a distendersi il potere dei vescovi di Costantinopoli[i]. Nel 419 Papa Bonifacio I ebbe confermato a vicario pontificio Rufo, vescovo di Tessalonica. Allora alquanti vescovi dell’Illirio mossero querela perché Perigene, vescovo eletto di Patrasso, ma, non volutovi accettare dal popolo, fosse poi stato assunto arcivescovo di Corinto. Costoro non accolti né da Rufo, né dal Papa stesso Bonifazio I, si voltarono ad Attico di Costantinopoli, che loro si profferiva; e da lui sobillati indissero un Sinodo a Corinto per comporvi quella controversia. Il Papa dichiarò nulla quella convocazione del Sinodo, e perché non era stato ordinato dal vicario apostolico – che solo ne aveva l’autorità – e perché intendeva riprendere una causa già risoluta definitivamente a Roma[ii].
Frattanto, nel Luglio del 421, Attico ottenne dall’imperatore un editto, il quale proibiva ogni decisione degli affari più importanti in queste province, senza darne conto al sommo pastore della nuova Roma, investito di tutti i privilegi dell’antica Roma, e in conferma di così fatta novità invocava gli antichi Canoni[iii]. Bonifazio I rivendicò vigorosamente il suo antico diritto; ammonì i vescovi illirici dell’obbedienza dovuta verso il rappresentante della Chiesa romana, e sperò che l’imperatore Onorio facesse richiami al nipote in favore dell’«ordinamento antico», affinché la Chiesa romana non perdesse sotto principi cristiani ciò che anche sotto i pagani aveva ritenuto[iv]. Teodosio II allora cassò il decreto e, senza nulla motivare di Attico, impose la colpa di tutto ai vescovi dell’Illirio. Con tutto ciò al nuovo decreto non si diede luogo nel Codice Teodosiano, ma si diede al primo, che di lì passò poi nel Codice di Giustiniano. Il che mostra chiaro come la corte imperiale si ingegnasse di profittare al vantaggio dei vescovi della sua capitale, e assicurare per l’avvenire un appoggio ai loro desideri d’ingrandimento. E anche sotto il medesimo imperatore si rinnovarono questi sforzi, comeché senza effetto. Nel 425 Celestino I esortò i vescovi illirici ad ubbidire al vicario apostolico; Sisto III similmente ne mantenne fermi i diritti contro il bizantino Proclo, nel 437. Il simile fece S. Leone il Grande; ma riprovò del pari severamente gli attentati del vicario a danno dei metropoliti e dei vescovi. Il vicario ordinava i metropoliti, questi gli altri vescovi. Il vicario poteva ancora raccogliere Sinodi da tutte le province; solamente le appellazioni e le cause più rilevanti si rimettevano alla sede romana. Così per le facoltà delegategli dal Papa, l’arcivescovo di Tessalonica era di tali poteri investito, che persino gli si dava alle volte il titolo di Patriarca[v].
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[i] Contro l’opinione del Friedrich (Sitzungsber. der bayer. Akad. der Wissensch. 1881, p. 771 sgg.) e del Mommsen (Neues Archiv. XVIII, 357 sgg.), i quali pretesero dimostrare per falsificati gli atti concernenti il vicariato illirico, vedi le prove della loro genuinità recate dal Duchesne, L’Illyricum ecclésiastique (Byzant. Zeitschr. 1892, p. 530 sgg. Églises séparées [Paris, 1896] p. 229 sgg.). Nostitz-Rieneck, Die papstlic. Urkunden fur Thessalonike und deren Kritik durch Prof. Friedrich (Zeitschr. fur Kathol. Theol., 1007, p. 1 sgg.).
[ii] Theodoret., Hist. eccl. II, 22. Sozom., Hist. eccl. VI. 23.
[iii] La legge di Teodosio II, vedi in L. 45 Cod. Theod. XVI, 2; L. 6 Cod. Iust. I, 2.
[iv] Intorno alla lettera di Onorio cfr.: Hardouin, Conc. Coll. max. II, 1135.
[v] Teofane (Chron. p. 250, ed. Bonnae) biasima che Teodoro Lettore chiamasse Patriarca il vescovo di Tessalonica.
Immagine in evidenza: Carte de Salonique par Hebrart, G.Garitan, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons