S. Alfonso Maria de Liguori
Virtù e pregi di S. Teresa
CONSID. I. Del dono della fede e divozione al ss. Sacramento ch’ebbe S. Teresa.

Ebbe da Dio la nostra Santa tal dono di fede ch’ella stessa scrisse nella sua vita queste parole: Non ebbe mai forza il demonio per tentarmi in cosa veruna di fede: anzi mi parea che quanto più le cose di lei fossero naturalmente impossibili, tanto più le credeva con ferma fede; e quanto più difficili, tanto più mi cagionavano divozione. Essendole una volta detto, che potea essere, che la portassero al S. Officio: Io mi posi a ridere (lasciò scritto), sapendo benissimo che per le cose della fede o per la minor cerimonia della S. Chiesa mi sarei posta a morire migliaia di volte.
Quest’amore alla s. fede le diede animo, essendo fanciulla di sette anni, di partirsi con un suo fratellino dalla casa paterna per andare nell’Africa affine di consacrar la sua vita in onor della fede. Nella sua età più adulta poi aveva tal certezza della verità di nostra fede che pareale di aver animo bastante di porsi ella sola a convincere tutti i luterani e fare loro conoscere i loro errori.
Era tanto in somma il contento che avea s. Teresa di vedersi tra i figli della Chiesa che nell’ora della sua morte non si saziava di ripetere queste parole: In fine sono figlia della Santa Chiesa, in fine sono figlia della Santa Chiesa.
Da questo gran dono che aveva la Santa di fede nasceva poi il grand’amore ch’ella portò al ss. Sacramento, che si chiama fra tutti singolarmente Mistero di fede. Ella dicea che fu maggiore grazia che ci fece Dio del ss. Sacramento che Dio farsi uomo: e perciò fra le virtù principali che la Santa ebbe in sua vita fu in lei (come rivelò dopo sua morte) un affetto speciale al ss. Sagramento. Quando la Santa udiva dire da alcuna ch’avrebbe voluto trovarsi al tempo quando Gesù andava pel mondo, se ne rideva e dicea: E che altro noi andiamo cercando, quando già l’abbiamo nel ss. Sagramento? Or se quando camminava pel mondo col farsi toccare solamente le vesti sanava infermi, che farà dentro di noi? Oh che dolce cosa (ella scrisse) è vedere il pastore divenuto agnello: pastore è perché pasce; è agnello perché è il medesimo pasto: è pastore perché mantiene; ed è agnello perché è il cibo stesso. Quando dunque gli dimandiamo che ci dia il pane cotidiano, è un dire che il pastore sia nostro cibo, e nostro mantenimento.
Stava poi la Santa continuamente piangendo le ingiurie che udiva farsi dagli eretici a questo Sagramento d’amore ed esclamava a Dio: «Dunque, Creator mio, come possono soffrire viscere così amorose come le vostre che quello che si fece con sì ardente amore del vostro Figliuolo, e per maggiormente compiacere a voi che gli comandaste che ci amasse, sia così poco stimato, come oggidì fanno gli eretici del ss. Sacramento, che gli tolgono le sue chiese? Non bastava, Padre mio, ch’egli non avesse dove appoggiare il capo mentre visse, senza che ora gli siano tolti i luoghi santi, dove si degna di stare per convitare gli amici suoi, sapendo che han bisogno di tal cibo per sostentarsi?» Per ventitré anni ella si comunicò ogni giorno, e sempre con tanto fervore e desiderio, che per comunicarsi diceva che si sarebbe contentata di passare per mezzo alle lance d’un esercito nemico.
Ben corrispose poi l’amante divino all’amore con cui lo desiderava e s’applicava a riceverlo sagramentato questa sua sposa diletta. Alla sua venuta nella comunione, come fuggono le tenebre al comparir del sole, così fuggiva dalla Santa ogni oscurità ed afflizione. Pareale allora che l’anima sua perdesse tutti gli affetti e tutt’i desiderj, restando tutta unita e assorta in Dio. Bench’ella comparisse in altro tempo pallida per le penitenze ed infermità, subito comunicata però, dice lo scrittor della sua vita, se le vedeva il volto lucido come cristallo, rosato e bellissimo, con una maestà sì grande, che ben faceva intendere qual fosse l’ospite divino che seco avea.
Allora succedea che ‘l suo corpo verginale parea che volesse lasciare la terra, alzandosi in aria a vista di tutte le sorelle. Una volta stando per comunicarsi, le parlò Gesù dalle mani d’un indegno sacerdote che stava in peccato, e con tenerezza le disse: Vedi la mia gran bontà in pormi nelle mani d’un mio nemico per bene tuo e di ognuno.
Un’altra volta nella domenica delle palme, la Santa considerando che niuno di tanti che avevano acclamato Gesù per Messia in Gerusalemme, gli avesse poi dato ricetto nella sua casa, ella l’invitava, dicendo che venisse a ricettarsi nel suo povero petto: e con questo pensiero devoto andò a comunicarsi. Piacque tanto al celeste sposo quest’invito amoroso della sua diletta, che in ricevere ella l’ostia sagrosanta, le parve sentire la bocca piena di caldo sangue e con una dolcezza di paradiso, ed allora sentì dirsi da Gesù: Figlia, io voglio che ‘l mio sangue ti giovi: io lo sparsi con molto dolore e tu lo godi con gran diletto, come vedi.

Frutto
Sia il frutto di questa considerazione ringraziare sempre il Signore colla santa di aver dato anche a noi il gran dono della fede, con averci fatti figli della santa chiesa, da cui stan fuori tanti milioni d’anime forse meno ree di noi colla giustizia di Dio.
Circa poi il dono maggiore di tutti i doni che Gesù ci ha lasciato nel sacramento dell’altare lasciandoci tutto se stesso e per cibo e per compagno e per pastore, pratichiamo quel bel documento che la s. madre rivelò dal cielo ad un’anima: «Quelli del cielo e quelli della terra dobbiamo essere una stessa cosa nella purità e nell’amore; noi godendo e voi patendo. E quello che noi facciamo qui in cielo colla divina essenza, dovete far voi in terra col ss. sagramento. E questo dirai a tutte le mie figliuole». Ci lasciò di più scritto in ordine all’amore e tenera divozione al nostro Gesù sagramentato: «Procuriamo di non allontanarci dal nostro pastore né perderlo di vista; perché le pecorelle che stanno vicino al lor pastore sempre sono più accarezzate e più regalate, e sempre dà loro qualche bocconcino più particolare di quello ch’egli stesso mangia. Se avviene che ‘l pastore dorma, la pecorella non s’allontana, finché si desti il pastore o ella lo svegli; ed allora con nuovi regali vien da quello accarezzata».
S. Filippo Neri, quell’altro serafino d’amore, quando vide entrare il suo Gesù per viatico nella sua stanza, altro non seppe dire, che ardendo d’affetto: Ecco l’amor mio, ecco l’amor mio. Così ancor noi quando vediamo che nella comunione ci vien all’incontro il re e sposo delle anime nostre, diciamogli pure: Ecco l’amore, ecco l’amore. E sappiamo che così vuol essere chiamato il nostro Dio: Deus caritas est. Non solo amante, ma di più amore, per darci ad intendere che siccome non può darsi un amore che non ami, così egli è una bontà di tal natura amante che non può vivere senza amare le sue creature.

Preghiera
Santa mia serafina, che colla vostra purità e ardente amore eravate in terra la delizia del vostro Dio il quale giunse a dirvi un giorno che siccome quand’egli stava in questo mondo la diletta sua era la Maddalena, così allorché era in cielo voi eravate la sua diletta; e perciò con tanta tenerezza o vi avvertiva da padre o vi parlava da sposo, e così spesso nella s. comunione e con tanta copia di grazie a voi si donava; pregate, o Teresa, il vostro Dio per me, che non sono, ohimè, la sua delizia, ma la cagione de’ suoi dolori colla mia mala vita, pregatelo che mi perdoni e mi dia un nuovo cuore simile al vostro, puro ed amoroso.
E voi, amantissimo Gesù mio, che quantunque abbiate prevedute le mie ingratitudini non avete lasciato di farmi tante grazie, e specialmente di chiamarmi alla s. fede, e che con tanto amore non avete sdegnato di donarvi a me tante volte nel ss. sagramento dell’altare; deh vogliate colla vostra misericordia così infiammare il cuor mio, sicché sia conforme al mio credere il mio operare. Ah divino, vero ed unico amante dell’anima mia, quando, quando sarà quel giorno che io comincerò ad amarvi con tutto il cuor mio? oh fosse oggi questo giorno felice per me, nel quale ho incominciato per quest’anno ad onorare la vostra cara sposa e mia amorosa avvocata Teresa! Deh Redentor mio, per li meriti del vostro sangue e della vostra ss. madre Maria, ed anche della vostra diletta Teresa, datemi, vi prego, un amore sì ardente verso la vostra bontà, che mi faccia continuamente piangere i dispiaceri che vi ho dato, e mi spinga a cercare da oggi avanti non altro che il vostro gusto, per piacere solo a voi, come voi meritate. Amen. Così sia.

Fonte: intratext.com
Fonte immagine: liturgicalartsjournal.com


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