Radio Spada già all’inizio dell’estate 2019 ha seguito e analizzato il “caso Bibbiano” raccogliendo notizie, indagando situazioni connesse e intervenendo direttamente nella discussione pubblica su quei fatti. Qui il nostro archivio completo sul caso Angeli e Demoni.

Fin dal principio abbiamo messo in chiaro alcune cose che oggi più che mai vengono confermate:

  • Lungi dal cadere in un giustizialismo miope, la questione penale pareva avere un rilievo del tutto parziale. Il processo infatti non accerta – se non dentro limiti molto angusti – le implicazioni ideologiche, gli orizzonti sociali e le radici culturali di certe degenerazioni. Questo compito, che è il più rilevante, spetta ad altri.
  • Anche in base a quanto appena affermato, risulterà evidente che la questione non è limitabile a Bibbiano. Ci sono tante Bibbiano (più o meno grandi, più o meno profonde) che sono disseminate nell’Italia di oggi e di ieri (valga su tutti il caso dei “diavoli della Bassa modenese”). Se non si va alla radice della questione, ne avremo anche nell’Italia di domani. Sul tema abbiamo pubblicato lo studio di A. Giacobazzi, tenuto come relazione al Convegno di studi cattolici di Rimini (ottobre 2019): Dall’Aude all’Enza: breve storia di un lungo errore. Uno sguardo su gnosi e famiglia, testo tradotto in spagnolo dal Correo de Psicoterapia y Salud Mental (De Aude a Enza: breve historia de un largo error. Una mirada a la gnosis y la familia.)
  • Distorcere la situazione riducendola al penale rischia da un lato di determinare una morbosa attenzione sulle condanne (peraltro, fatti salvi i patteggiamenti, ancora tutte da confermare nei gradi successivi) e di perdere di vista il nocciolo della questione e altri aspetti connessi, tra cui quello delle responsabilità politiche non penalmente perseguibili.
  • Personalizzare non ci interessa: è una via comoda ma spesso scorretta. Consideriamo tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio e, in caso di condanna, pure dopo ci teniamo il beneficio del dubbio.

Oggi dunque non abbiamo bisogno né di reclamare altro da quella che è stata la nostra linea, né di improvvisarci nella veste di pubblici censori. Chiarito questo, la notizia è pubblica e, per completezza non possiamo non darla: con rito abbreviato, Claudio Foti è stato condannato (ripetiamo: in primo grado; ergo: tutto da vedere) a 4 anni di reclusione. La Procura aveva chiesto sei anni per abuso d’ufficio, frode processuale e lesioni gravissime. Il giudice ha invece deciso di condannarlo a 4 anni assolvendolo solo per l’ipotesi di frode processuale. 

Aggiornamento: il 6 giugno 2023 Foti è stato assolto in appello.



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Immagine in evidenza: Bomarzo, Livioandronico2013, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons