di Redazione

Già ieri avevamo parlato dell’ormai nota inchiesta targata TPI (i cui filmati sono stati trasmessi su Rai3): Radio Spada coinvolta nell’inchiesta TPI e messa alla testa del tradizionalismo: chiarimenti necessari. Lo avevamo fatto smontando analiticamente la parte riguardante la nostra associazione e toccando, oltre ad aspetti minori, 4 punti chiave che da soli bastano a far comprendere l’inconsistenza dell’operazione.

Conoscendo le dinamiche tipiche di certo giornalismo non ci siamo affrettati a metterci in contatto con gli autori con lagnanze di sorta, per due ordini di ragioni: si tratta di richieste che spostano poco anche quando sono accolte e che, nel nostro caso, se fossero accolte pienamente non si ridurrebbero a semplici “correzioni” ma si spingerebbero a far cancellare quasi totalmente ciò che ci riguarda. Nel pezzo di ieri aggiungevamo però un passaggio determinante: “Radio Spada è da sempre bersaglio di questo o quello, da gayburg a siti e personaggi che, tagliando con l’accetta, dovrebbero appartenere alla stessa “area”: ciononostante, non ha mai coltivato la polemica fine a se stessa e molti strali sono stati semplicemente ignorati, però da qui a imbastire un coacervo per larghi tratti infamante, ebbene, ce ne passa. E non è detto che si lasci passare anche questa”. Chiarito tutto questo, passiamo alle ulteriori considerazioni. Che sono tre, e un po’ antipatiche.

  1. La dozzinalità del nemico. L’inchiesta è dozzinale e confusionaria, non c’è dubbio: gioca sull’equivoco, mescola cose diverse, tace su questioni dirimenti, allude senza affermare, quando afferma talvolta decontestualizza, cerca il pruriginoso anche dove non c’è, quando ne trova un poco lo estende magicamente su una confusa platea. Insomma: chiunque legga anche solo il nostro articolo di ieri (che – ripetiamo – si è limitato ad alcuni punti salienti riferiti solo a noi) capisce quale sia il livello. La sciatteria si estende ad aspetti che rimandano alla prima metà della scuola dell’obbligo. Ieri non lo abbiamo detto per brevità ma gli autori della “cartina dei 10.000 adepti” confondono nelle localizzazioni Trento con Trieste, posizionando il “pallino rosso” (triestino) riferito all’Osservatorio Van Thuan nel bel mezzo della Provincia Autonoma di Trento. Velletri poi, con tanto di foto segnaletica di don Nitoglia, viene messa dalle parti di Viterbo. Siamo agli errori da matita blu, tipici delle scuole elementari. E ci fermiamo qui, per carità di Patria.
  2. Prestare il fianco al nemico. Sì, il nemico è così: lo sapevamo anche prima dell’inchiesta. Ma non si pensi di chiudere la faccenda col solito brontolio autoassolutorio, con lo schemino del fortino assediato: troppo comodo. A forza di “fortini assediati” (in assenza di fortini), certo tradizionalismo rischia di diventare qualcosa di simile a ciò che depreca negli “antifascisti in assenza di fascismo”: un solipsismo in cui ce la si canta e ce la si suona. Su Radio Spada questo rischio è denunciato da tempo e il fatto che gli autori dell’inchiesta non se ne siano accorti, prendendo l’ennesimo granchio, la dice lunga. Detto in termini più chiari: sì, l’inchiesta è un pastrocchio fazioso, peraltro confezionato male, che cerca un pertugio da cui cavare un po’ di fango. Il problema è che lo trova. Il guaio di certo complottismo sgangherato, di posizioni sentimentali e semplicistiche, di un populismo paragrillino in salsa tradizionalista è che ci sono davvero, sono erronei e fanno male a tutti. Chiaro: nel gran minestrone di TPI questi ingredienti vengono estesi a tutti, ben oltre i limiti reali. Non riguardano che alcuni dei citati, sicuramente, ma eccome se ci sono. Si badi: questo non riabilita in alcun modo il pessimo assemblaggio fatto, anzi, ne conferma la mediocrità.
  3. Nel ghetto tutti i gatti sono neri. Il dramma è che – come ampiamente previsto – gli errori di qualcuno ricadono su tutti e, hai voglia a scrivere articoli e pubblicare post, quelli che hanno firmato i servizi rimangono con i grandi media dalla loro. Hai voglia – ex post – a giocare al “fortino assediato” quando c’è Rai3 che tira la volata agli accusatori. A qualcuno peraltro potrebbe venire in mente la poco originale ma efficacissima idea di attaccare il Cattolicesimo stesso con questo bislacco espediente: il vecchio classico di usare temi contingenti per colpire questioni necessarie, buttando via il bambino cattolico con l’acqua sporca di Tizio, Caio o Sempronio, che – con le migliori intenzioni – finiscono per fare il gioco di chi era lì ad attendere qualche stramberia. Si noti: da questo rischio nessuno è immune ma l’improvvisazione e il circiterismo costano cari.

Un ultimo aspetto: dobbiamo dire molti grazie. Un primo vero grazie va alle tante persone che spontaneamente ci hanno offerto la loro solidarietà, che hanno voluto raggiungerci in mille modi per dirci che sono con noi. Chi segue RS sa che questo è solo l’ultimo attacco di tanti che abbiamo affrontato: tranquilli, andiamo avanti più forti di prima. Un secondo – ironico – grazie va a chi realizza queste inchieste: involontariamente sono riusciti a dimostrare come sia debole il modus operandi della “stampa progressista”, e – d’altro canto – ci hanno confermato che Radio Spada è “sempre lì”, che quando si parla – in bene o in male – di un vasto, confliggente e complicato mondo come quello “tradizionalista” (parola ci piace fino a un certo punto) RS si colloca in alto nella lista. La prossima volta magari l’elenco lo facciano un po’ meglio, ricordandosi ad esempio che la nostra sede legale non è più a Milano da parecchi anni.

Avanti tutta!



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Immagine in evidenza: screenshot da www.tpi.it