Sintesi della 669° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla chiusura dell’Ateneo a causa dell’epidemia di Coronavirus, preparata nella festa san Felice di Valois (20 novembre 2021) e postata nella XXIV domenica dopo Pentecoste (21 novembre 2021). Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

L’opera del venerabile polemista, attivista, giornalista cattolico intransigente Giuseppe Sacchetti, cui diedero i natali in una frazione di Mestre Anna Francesconi e Giuseppe, apprezzato ingegnere impiegato nell’ ammistrazione asburgica deve tenere necessariamente conto di due contesti politico- sociali

Quello che precede, con lo scenario delle Guerre di Indipendenza, il compimento empio e sovversivo del processo Risorgimentale e- quello che immediatamente lo segue, caratterizzato sul profilo del dibattito culturale dalla dialettica aspra tra cattolici intransigenti e conciliatoristi(1) e sul profilo economico dagli sconvolgimenti prodotti dalla Rivoluzione industriale; essi proruppero nel mondo anglosassone e nelle Fiandre e poi successivamente si dispiegarono nell’ ex Lombardo- Veneto.

Sarebbe indice di superficialita’ considerare il processo economico in quella temperie indipendente dalle problematiche morali, anzi Giuseppe Sacchetti ebbe il merito di mettere in relazione fenomeni quali la nascita nel Nord di un sia pure embrionale capitalismo borghese, società di massa, industrializzazione con il pericolo della secolarizzazione e decadenza dei costumi.

Giuseppe Sacchetti maturò la sua concezione di intransigente cattolico presso il Collegio Fagnani di Padova ove aveva studiato presso i gesuiti negli anni che precedevano la terza Guerra di Indipendenza(1866), influenzato particolarmente da padre Bartolomeo Sandri (1820-1898). Fu anzi tra i primi a maturare tale concezione che resterà inconcussa durante tutta la sua attività febbrile di giornalista, pedagogo, analista sociale- economico(2).

Peroro’ quindi il “Sillabo” di papa Pio IX e condusse un’ indefessa battaglia contro gli errori del reativismo liberale; che insegnava empieta” di vario genere, tra cui quella secondo cui “tutte le religioni sarebbero uguali al fine della Salvezza” , la circoscrizione della fede a fatto della coscienza interiore, la trascuranza della Grazia Sopranaturale ai fini della Salvezza, la separazione tra potere politico e potere ecclesiastico, tutte le nefandezze del latitudinarismo morale.

E come tutti i cattolici intransigenti sempre serbò viva l’ immagine del ” pontefice Pio IX ” prigioniero in Vaticano”.

Durante la temperie delle Guerre di Indipendenza la maggior parte dei cattolici si trovò tra l’ ” incudine” e il ” martello”; prestar fedeltà all’ Impero asburgico? Ma esso versava in un periodo di corruzione e incipiente decadenza, nonostante l’ Austria fosse una delle nazioni più cattoliche di Europa; l’impero infatti era caduto nelle mani di funzionari inetti che non riuscivano a dominare i crescenti atti di empieta’ e le crescenti insubordinazioni contro la Chiesa di Cristo.

Lasciarsi trascinare dalla ” sirena liberale? Ma questo avrebbe significato ipso facto le dimissioni dall’ ubbidienza al magistero. 

I cattolici intransigenti scelsero in linea generale una terza via dettata dal ” non expedit” pronunciato da Pio IX; prendere atto di un’ incolmabile distanza tra ” paese ideale” e ” paese reale” e astenersi dalla partecipazione alle istituzioni di uno stato nazionale, prodotto di un’ empia rivoluzione liberale

Presso il mondo cattolico odierno, almeno presso quella parte che intenda serbar memoria della sua opera, Giuseppe Sacchetti è noto soprattutto per la sua attività di giornalista, intrapresa giovanissimo con le ” Letture Cattoliche”( le cui pubblicazioni esordivano nel 1864) e il giornalismo era inteso soprattutto come strumento di divulgazione del magistero per preservare i giovani dall’ influenza della cancrena dell’ ideologia liberale, ” colluvie sterminata di libri empi e malvagi”.

Così ebbe a dire in una riflessione di imperitura bellezza” Forse non si comprende tutta l’ importanza di quest’ opera, forse non si conosce tutto il seme nel popolo di tanti buoni esempi e dalla lettura anche se breve e rara i libri. Eppure dopo quindici anni dacché ce lo hanno rovinato questo povero popolo dovrebbe apparire chiaro che, se non tutto, certo la parte peggiore del guasto viene dalle letture”.

La rivista era profondamente ispirata all’ opera di apostolato delle “Amicizie Cristiane” intrapresa da Pio Bruno Lanteri(1759-1830)(3), ma dovette interrompere le pubblicazioni, senza possibilita’ di riprenderle, con lo scoppio della c.d. Terza Guerra di Indipendenza.

Il periodo immediatamente seguente al conseguimento dell’ “Unità”è sostanzialmente caratterizzato da una dialettica- scontro tra intransigenti cattolici da una parte e clerico- moderati e conciliatoristi dall’ altra, per quanto- almeno secondo la tesi di Ganapini- le divergenze si sarebbero smorzate dopo l’ allentamento del “non expedit”nel corso del pontificato di Pio X e da allora le due correnti cercassero un dialogo sul terreno di una difesa dello “spirito nazionale guelfo”(4).

I “conciliatoristi” nutrivano l’ illusione di fondare la politica italiana su uno spirito guelfo, nonostante parteggiassero per la separazione tra ” potere temporale” e ” potere spirituale”; la loro propaganda era tronfia di termini a sproposito come ” orgoglio nazionale”, ” conservazione di valori forti”. I “conciliatoristi” come Pietro Sbarbaro, Cesare Cantù, Carlo Alfieri di Sostegno volevano fondare un “partito conservatore” fondato sui sommi principi di “ordine, autorità e moralità politica”, alcuni di loro peraltro non tenevano conto dell’ ortodossia cattolica.

Ma – obiettavano gli intransigenti(5) – come era possibile conservare valori forti in uno stato nazionale caratterizzato dall’ incedere della secolarizzazione e dello spirito massonico antireligioso, aspetti che avevano contribuito ad allontanare una buona parte del popolo dalla fedeltà al Trono e all’ Altare?

La stessa impresa colonialista, ampiamente sostenuta da nazionalisti e clerico- moderati,in nessun modo avrebbe avuto il carattere di evangelizzazione e opera missionaria..l’impresa coloniale intendeva forse evangelizzare importando nelle colonie la secolarizzazione e lo stato di cose uscito dalla rovina dell’ ” Ancien regime”?

Lo stesso concetto di “patria” – sostenevano testate intransigenti come ” Civiltà Cattolica” e ” Unità Cattolica” era ormai un concetto fittizio in un contesto non più comunitario, ma basato sulla sopraffazione di fazioni e partiti. scapito di altri.

Certamente, come già accennato, la temperie post- risorgimentale è segnata dall’ incedere della Rivoluzione industriale, che interessa il Nord e non attecchisce nel Mezzogiorno, con effetti prorompenti nel tessuto sociale: primitiva civiltà di massa, sbriciolamento del precedente tessuto di legami comunitari, secolarizzazione e individualismo borghese. Sacchetti indefessamente si batte, secondo la linea della ” Lega Lombarda”, contro tutti questi aspetti della modernità e di un vacuo progressismo. Altro che conservazione dell’ autorità…come blateravano conciliatoristi e clerico- moderati! L’ industrializzazione procedeva di pari passo con l’ irrompere dell’ irreligione, con la distruzione della precedente società comunitaria che nell’ Italia pre- unitaria si era dispiegata nei legami famigliari e nelle ” piccole patrie” dei Regni e nei ducati.

Giuseppe Sacchetti si erse a difensore della proprietà agraria del Nord, difese la premoderna civiltà rurale dalla penetrazione dell’ industrializzazione, che sopratutto con i lanifici e i cotonifici aveva gettato in miseria molti artigiani e bottegai. Secondo Sacchetti il fenomeno economico e quello morale non potevano essere analizzati indipendentemente : mentalità capitalista e mercantilismo producevano degrado morale.

L’ articolo dell’ “Osservatore Romano” “Capitalismo e socialismo” del 15 maggio 1891 si muoveva lungo la stessa lunghezza d’ onda. Esso riportava ” Tutto oggidi nell’ ordine economico, finanziario e commerciale è eccessivamente fondato sul credito; poco o nulla sul vero capitale o sul vero valore; meno poi sull’ aiuto di Dio e sul soccorso della Provvidenza. Non si è voluto capire che tanti e tanti, colla strana onnipotenza del credito, hanno fatto né piu né meno di coloro i quali intendono fabbricare una casa senza sassi e senza pietre”.

Capitalismo e socialismo, le due sovversive visioni del mondo moderno, entrambe manovrate dalla Massoneria, divulgavano una concezione materialistica, fondata sull’ assoluto della dimensione economicista e sul primato di Mammona. Due facce di una stessa medaglia sdoganavano i conflitti di classe e determinavano la distruzione di una civiltà comunitaria e interclassista.

Sacchetti costantemente denunciava che agli egoismi e all’ individualismo borghese, alla decadenza morale, alla caduta in miseria di artigiani, contadini, fittavoli e plebi, su cui peraltro gravavano le spese per gli armamenti, si aggiungeva un’ atmosfera decisamente rovente sul piano internazionale in cui i rapporti tra le nazioni  tendevano allora a inasprirsi

A giudizio del Sacchetti, come un po’ di tutta la stampa dell’ intransigenza cattolica, che trovava risonanza in testate quali il “Veneto Cattolico”, l’ “Unita’ Cattolica”, il padovano Circolo di Sant’ Antonio filiazione della Societa’ Cattolica della Gioventù, la ” Civiltà Cattolica”, Massoneria e sette giudaiche stavano dietro alla cospirazione di uno stesso mostro a due tenaglie, il Supercapitalismo e il Socialismo.

Alla setta anti cristiana erano riconducibili i principali nemici della religione: gli atei e materialisti, che negano l’ esistenza di Dio, i naturalisti-deisti che ammettono la ” necessità di una religione”, ma negano la Rivelazione e gli ” indifferentisti, i quali contendono che nella diversità delle religioni, che si trovano sulla terra,niente importa di professarne una piuttosto che un’ altra”. L’ invettiva del Sacchetti poi, sin dalle ” Letture Cattoliche” aveva avuto come bersaglio principale l’ ateismo materialista e l’ agnosticismo divulgato dall’ Illuminismo del 700′, in misura minore l’ idealismo ottocentesco e la concezione di Feuerbach.

Costantemente e indefessamente inoltre egli si era battuto per dissuadere la gioventù dal lasciarsi trascinare dal fascino dell’ opera rivoluzionaria e dissolutrice di Ernst Renan, la ” Vita di Gesù(6) e dalle dottrine regaliste del frate clerico-liberale ante litteram Paolo Sarpi.

In linea con le dottrine neoscolastiche divulgate in quegli anni da padre Liberatore, Taparelli d’ Azeglio e Perrone, Sacchetti insegnava contro Massoneria e relativismo morale che ” la religione è necessaria e immutabile”, è il fondamento della società ” come l’ anima lo è per il corpo”, “e’ il legame e il vincolo che stringe insieme e unisce tutte le classi e gli ordini di cittadini”(7).

Massoneria, agnosticismo, relativismo morale erano responsabili della lenta e progressiva distruzione dei legami famigliari e più in generale comunitari ; anticomunitaria sino al midollo, tecnocratica, positivista, agnostica e radicalmente liberale era l’ ideologia piemontese che aveva trionfato con il conseguimento dell’ Unità d’ Italia, il cui disegno era la la sabaudizzazione del Regno d’ Italia, ma sopratutto la corrosione di quella civilta’ contadina che molto a cuore stava al Sacchetti con un avanzato progetto di industrializzazione e urbanizzazione(8)

L’ antigiudaismo era un tema ricorrente nella pubblicistica intransigente cattolica, ma non circoscritto ad essa, dal momento che a cavallo tra Ottocento e Novecento figurava anche in indirizzi di pensiero cospicuamente differenti, come il socialismo e l’ anarcosindacalismo.

La pubblicistica intransigente cattolica riportò certamente ad attualità il ” Protocollo dei Savi di Sion” permeato dall’ idea delle elites giudaiche aspiranti a costituire una dittatura finanziaria mondiale fondata sul culto di Mammona; ma in ogni caso non si trattò di antisemitismo razziale, la critica al giudaismo( da cui nemmeno il Sacchetti fu esente) non fuoriusci mai dal perimetro dell’ antigiudaismo teologico.

Erano gli anni 70-90 del diciannovesimo secolo caratterizzati dalla rovente propaganda che l’ intransigentismo di segno opposto, quello anticlericale, muoveva contro ” Quanta cura” e contro il ” Sillabo”, assumendo come proprio cavallo di battaglia proprio la dissolutrice ” Vita di Gesù” di Renan, violentemente attaccata anche da C.Peguy nei suoi ” Misteri”. Un’ opera tanto più perniciosa, in quanto educava molti cattolici a un sociologismo pseudo cristiano, al vile compromesso con i benpensanti avversari della Chiesa di Cristo, all’ allontanamento dalla Giustizia e dalla Carità.

Il Sacchetti depreco’ il fatto che molti pseudo cattolici si fossero lasciati sedurre dall’ empia opera, guadagnando un atteggiamento benevolo o non sufficientemente rigoroso contro il latitudinarismo, l’ indifferentismo etico, il relativismo morale, il soggettivismo che espunge il magistero cattolico dalla dimensione pubblica, riducendolo nel foro della coscienza interiore, l’ antitemporalismo: insomma, tutti gli errori denunciati dal Sillabo.

Questi pseudo cattolici, attratti da “Vita di Gesù ” e da altre letture non meno insidiose, deviati dalla retta via, finivano spesso per avversare il cattolicesimo papista ben più del giacobinismo anticlericale…

Durante l’ intero arco della sua attività di polemista, analista economico, pedagogo, giornalista, Sacchetti fu intransigente strictu sensu nella forma e nella sostanza; la sua intransigenza papista, fondata sul perno del primato del vescovo di Roma e sulla ” questione romana”, non subì ne’ scossoni né revisioni, partendo egli dall’ insegnamento del Sillabo che si dovesse essere intransigenti non solo contro il liberalismo, ma anche contro la tolleranza stessa del liberalismo. Non vi era traccia nella sua concezione, formatasi rigorosamente alla neoscolastica , nè di hegelismo, né di idealismo romantico in generale, né delle dottrine liberiste di Smith o Ricardo. Ben più oscillatorio invece fu l’atteggiamento del barone Paolo d’ Ondes Reggio, filosabaudo finché Cavour mantenne la politica del federalismo liberista, più incline all’ intransigenza dopo l’ empia ” Breccia di Porta Pia” e comunque sempre incline a trovare un accordo tra tradizione cattolica e liberismo economico(9). Anche Filippo Meda, dopo un approccio tutto sommato cattolico intransigente nella prima fase della sua attività non disegnò un ‘ apertura alle tesi della democrazia sociale.

Il Sacchetti fu direttore e collaboratore di numerosi quotidiani e testate cattoliche: a ” Veneto Cattolico”, ove succedette il 28 giugno 1882 alla direzione di don Domenico Zarpellon, dopo aver lasciato la guida di un altro quotidiano padovano cattolico, la ” Specula”. Collaboro’ alla testata fiorentina dell’ “Unita Cattolica” e il direttore della testata stessa don Margotti ,che spesso gli commissionava articoli, considerò emerita la sua opera, ne apprezzò’ il metodo molto affine a quello portato in lic dal De Maistre nella sua battaglia ultramontana contro la sovversione della Rivoluzione francese; della febbrile attività di polemista e di analista economico come direttore della milanese “Lega Lombarda” ho gia’ trattato e il Nostro garantì alla testata stessa durante la direzione nel biennio 1886- 1888 una linea intransigente strictu senso(10), dopodichè quando le redini passarono al marchese Cornaggia la testata milanese ebbe un’ inversione di rotta in senso clerico-moderato.

Nel 1889, su esortazione del principe Filippo Lancellotti, assunse la direzione della ” Voce della Verita” , di cui era proprietaria la” Società Romana per gli interessi cattolici”(sino al 1888 ne era stato direttore Filippo Mastracchi che non poté proseguire l’ incarico per motivi di salute). Attraverso questa assidua e indefessa propaganda del Sacchetti su queste autorevoli testate è stato possibile ovviare a quella deficienza o scarsità della stampa cattolica intransigente che interessò gli anni immediatamente successivi alla ” Breccia di Porta Pia”; perché allora gli intransigenti cattolici, in forza della loro adesione pedissequa al ” non expedit” pontificio, tendevano a una pur legittima ” chiusura” rispetto le vicissitudini politiche e non tendevano a una copiosa pubblicistica.

Un approccio adeguato alla concezione di Sacchetti non deve mai separare la sua opera di teologo da quella di analista economico. Per quanto ” tra l’ anno 1886 e il 1888 conosciamo un Sacchetti inedito, un po’ diverso da quello che tuonava nei congressi cattolici contro i cattolici liberali e la ” setta anticristiana”, un po’ diverso da quello che agitava, ” giganteggiandola” la questione romana (Gabriele de Rosa). In realtà, per Sacchetti il riferimento alla verità cattolica deve permeare sia la dimensione politica che quella economica. Sin dalle ” Letture cattoliche” egli era convinto che qualsiasi problematica secolare, economica o amministrativa che fosse non potesse essere risolta facendo affidamento su utopie terrene, ma che fosse indispensabile far riferimento al catechismo della Chiesa apostolica Romana. Si può avere l’ impressione che Sacchetti, nel biennio 1886-1888 della direzione della ” Lega Lombarda” abbia accentuato la propria venatura pragmatica, la propria attenzione a concrete e di non poco momento problematiche di natura tecnica, agronomica ed economica. Ma egli non è mai venuto meno, neanche per un istante, alla sua precedente intransigenza teologica, al rispetto senza condizione del ” non expedit” pontificio, al suo valore metatemporale e non storicizzabile.

Cari amici di Radio Spada e della C.A.P, buona lettura

(1) Sull’ argomento l’ opera di Luigi Ganapini, ” Il nazionalismo cattolico.I cattolici e la politica estera in Italia dal 1871 al 1914″ ,Laterza, Bari, 1970, è pregevole per la copiosa documentazione bibliografica,anche se non sembre benevola verso l’ intransigenza cattolica. La suddetta opera peraltro sottolinea lo ” sfaldamento” e ” disorientamento” del movimento cattolico liberale dopo il 1870, tanto che molti esponenti precedentemente clerico-moderati come il barone d’ Ondes Reggio di fronte alle violenze perpetrate dallo Stato Risorgimentale uscirono dal movimento

(2) si veda sull’ argomento l’ articolo dedicato alla vita e opera del Sacchetti da Marco Invernizzi sul sito ” Alleanza Cattolica” il 7 ottobre 2011

(3) Pio Brunone Lanteri,presbitero italiano,è noto per aver fondato la Congregazione degli Oblati di Maria Vergine.

(4) cfr. Luigi Ganapini,” Il nazionalismo cattolico,cit.p.6″ è possibile fissare nel lungo periodo evolutivo dei cattolici alcune costanti che finiscono per imporsi a tutte le diverse tendenze.Tanto l’ intransigenza post-unitaria,quanto il conciliatorismo educano infatti il mondo cattolico italiano ad un’ ostinata e gelosa custodia di uno spirito nazionale guelfo, che sopratutto nei primi si fonda sui presupposti autoritari di una dottrina teologica del potere, destinata a riecheggiare a lungo in tutta la tematica posteriore”

Per quanto riguarda la stampa cattolica intransigente, riportero’ ora questo elenco di testate, che pur non ha pretesa di essere esaustivo

-“Civiltà cattolica”,organo dei Gesuiti,che a lungo supplì la carenza della stampa intransigente stessa negli anni che immediatamente seguirono l’ unità

-“La Libertà cattolica”,quotidiano cattolico intransigente e legittimista, fondato nel 1887 e organo dell’ episcopato

-“l”Osservatore Romano”,nato nel 1861,su disegno di Pio IX e supporto di Marcantonio Pacelli

– La ” Lega Lombarda”, fondata a Milano da monsignor Locatelli, prevosto di Santo Stefano e organo del Circolo della Gioventù Cattolica; sotto la direzione del Sacchetti mantenne l’ indirizzo intransigente originario,ma successivamente, Ottavio Cornaggia e ancor di piu’ Francesco Saccardo mutarono registro imprimendole una svolta in senso clerico-moderato.

-il ” Veneto Cattolico” fondato nel 1867 da don Berengo, allora vescovo di Mantova

– l’ “Unità Cattolica” fondata a Torino nel 1863 da don Margotti, famoso ecclesiasico intransigente che ebbe una copiosa corrispondenza con il Sacchetti,f u famoso per aver divulgato la bandiera del ” non expedit”

-la ” Scuola Cattolica,rivista mensile di cultura fondata nel 1873 a Milano da Don Davide Albertario, Padre Gaetano Zocchi e Federico Sala (dal 1891 assumerà la denominazione” La scuola cattolica e la scienza moderna”).

Ricordiamo anche due minori testate venete, il” Codino” che si distinse per il timbro satirico e la ” Specula”, ad entrambe collaborò il Sacchetti

(6) La ” Vita di Gesù” di Renan fu tradotta in italiano da Filippo de Boni ed edita dal Daelli a Milano nel 1863.Mettendo in discussione il carattere storico- oggettivo della predicazione di Cristo, l’ opera costituì un preoccupante apripista delle tendenze più avanzate dell’ esegesi modernista

(7) si tratta di precetti appresi dal Sacchetti durante le lezioni di teologia presso l’ Istituto Fagnani, citati da Gabriele de Rosa nella sua ” Giuseppe Sacchetti e la pietà veneta, Studium, Roma, Cultura XXXIII, 1960,p.24

(8) cfr.Marcello Veneziani, “La Rivoluzione conservatrice” ,Sugarco, Milano,1987, pp.64-65

(9) è nota la disparità di vedute tra il Sacchetti e il barone d’ Ondes Reggio sulla ” questione agraria”; tanto propenso a una politica protezionista il primo per salvaguardare la proprietà agraria del Nord dalla concorrenza dei paesi d’ Oltralpe e dell’ America (pur nella convinzione che l’ applicazione di dazi doganali fosse una misura ne essaria ma non risolutiva della ” questione agraria” e dell’ impoverimento di molti agricoltori soprattutto nel Veneto) quanto teorizzatore di politiche economiche libero- scambiste il secondo.

Sacchetti, pur non  intuendo riforme sociali veramente progressive come quelle proposte dal cattolicesimo sociale tedesco (d’ altronde le ” casse rurali” per gli agricoltori bisognosi troveranno sviluppo solo in seguito) non fu insensibile al problema dell’ immiserimento dell’ agricoltura nel Veneto e questa sua sensibilità crebbe nel corso degli anni,man mano che il problema appariva statico; del resto la politica di spoliazione di molti enti ecclesiastici perpetrata dai governi liberali aveva finito per impedire l’ ottenimento di fondi da parte degli agrari e braccianti bisognosi.Inoltre,mentre la tendenza associazionista era lora diffusa presso operai e grandi proprietari terrieri,era di fatto assente presso braccianti e contadini.

L’ impostazione del Sacchetti fu sostanzialmente permeata da una sorta di ” paternalismo” e ” corporativismo solidaristico”, il principio, in buona sostanza, era :” tutto per il popolo e nulla attraverso il popolo”; fu sua precipua preoccupazione distogliere la classe contadina dalla sirena socialista e preservarla nella Preghiera, confidando anche molto nella costituzione di un legame solidaristico tra proprietari più agiati e quelli più bisognosi. Sulla visione sociale del Nostro cfr .Gabriele de Rosa, ” Giuseppe Sacchetti e la pietà veneta , cit.pp.92_96

Sacchetti fu chiamato alla direzione della ” Lega Lombarda” dal Nava e da monsignor Locatelli. Il deciso e prioritario interesse in quegli anni della “Lega Lombarda” per l’ arretratezza dell’ agricoltura nel Veneto e il progressivo immiserimento degli agrari (il Sacchetti avvertì come urgente la necessità di una revisione dei a dir poco iniqui codici giuridici che regolamentavano l’ ambito agrario) fornì importanti fonti che consentirono di supplire alla difficoltà di offrire per il Veneto, sia per quanto riguarda il periodo unitario che quello successivo, una ricostruzione storica” delle strutture sociali,della mentalità e coscienza delle varie classi.Almeno fino alla fine degli anni Novanta infatti la storiografia non si era granche addentrata in questo ambito per cui mancavano statistiche precise

Fonte immagine: Wikimedia Commons/Andreas Praefcke

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