Presentiamo ai lettori, diviso nelle sue varie parti, il testo dell’intervento video Gerusalemme vista dal Monte degli Ulivi. Uno sguardo sul grande ordine e sul grande disordine tenuto da A. Giacobazzi per il canale “Media” della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Troverete di seguito informazioni più ampie (con fonti, riferimenti e approfondimenti) che per brevità non potevano stare nei filmati. Nel complesso, per la realizzazione del lavoro sono stati utilizzati e citati diversi libri stampati dalle Edizioni Radio Spada, ne elenchiamo di seguito alcuni:
- Storia universale della Chiesa – La Chiesa nascente. Persecuzione e trionfo, Card. G. Hergenröther;
- Storia universale della Chiesa – Il pensiero di S. Agostino, la forza del Primato Romano, la nascita dell’Islam, Card. G. Hergenröther;
- Il Libro d’Oro di Maria Santissima, AA.VV.;
- 80 miracoli che han fatto la storia – Segni indelebili della veracità della Chiesa in 20 secoli, don G. B. Tavazzi;
- Breve Apologia del Cristianesimo – Contro gli increduli dei nostri giorni, Mons. G. Ballerini;
- Anche se non sembra – Discorsi su rapporti internazionali e teologia politica, A. Giacobazzi;
- Sed gladium. Dottrina e Sacra Scrittura contro l’ecumenismo, A. Giacobazzi, prefazione don M. Tranquillo.
Buona lettura!
V.
Vi sono poi ulteriori e grandi conferme della messianicità e divinità di Cristo. Innanzitutto gli innumerevoli e strepitosi miracoli compiuti da Gesù stesso, fino a giungere al vertice della Resurrezione, al punto che non si avrebbe «più il diritto di considerare qualsivoglia fatto storico dell’antichità come sufficientemente garantito; poiché non ve ne ha neppur uno il quale, in ciò che riguarda l’assoluto valore delle testimonianze, possa sostenere il paragone colla Resurrezione di Gesù»[1]. Insomma: mettere in discussione le opere, la morte e l’uscita di Cristo dal sepolcro in quanto fatti storici documentati, significa aprire la porta all’impossibilità di ricostruire qualunque episodio del passato. Risulta peraltro chiaro come vi siano avvenimenti indiscutibilmente accettati, anche in epoche più recenti, che sono molto meno suffragati di quelli inerenti la vita di Cristo.
In secondo luogo va tenuta presente l’incredibile ascesa della Chiesa, senza mezzi e tra mille persecuzioni, naturalmente incomprensibile non solo per la forza e velocità dell’espansione ma per la sua stabilità, per la costanza mirabile dei suoi membri a partire da ciascuno dei martiri, che di Cristo hanno fatto testimonianza fino alla morte più acerba.
Vale la pena sottolineare un aspetto che qui emerge in maniera netta: il grande ordine che abbiamo individuato non si può limitare al solo lato – già rilevantissimo e decisivo – del suo inveramento teorico–intellettuale, ma necessariamente va esteso, trovando una chiara controprova, nelle azioni eroiche di chi, o assistendo a quei fatti o sulla parola di testimoni, ha dato tale valore a quanto visto o udito, rinunciando persino alla vita pur di non negarlo. Fanno tremare le vene ai polsi le prove passate dai cristiani nei primi decenni e nei primi secoli per difendere ciò che credevano con certezza. E non è questo un vaglio unico che ci conferma, ancora una volta, tutto il resto? Ciò che riguarda Cristo è dunque annunciato nelle profezie e nelle figure, ampiamente accertato nel suo svolgimento dalle fonti antiche (in primis nei Vangeli) e confermato dal sangue di chi ne ha fatto testimonianza fino al martirio.
Scrive bene e con alta sintesi il Martinet: «Resta a spiegarsi come questi gonzi o questi furbi siano stati sì pazzi da lasciarsi lapidare, scorticare, crocifiggere, decapitare; come abbiano avuta tanta abilità da ingannare la più sagace e dotta nazione del mondo, anzi tutto il mondo; come abbiano potuto ammaestrare sì bene i loro primi discepoli, dei quali Ignazio era impaziente di vedersi gettato ai leoni, Policarpo andava lieto verso il rogo, Giustino, Ireneo e Cipriano suggellavano col loro sangue le loro dotte pagine, e Tertulliano scriveva tranquillamente sotto la Scure dei carnefici l’immortale suo Apologetico; come fra gli innumerevoli cristiani, che dopo il II secolo riempivano ogni angolo dell’Impero, fuorché i templi degli Dei, se ne siano trovati più milioni, che per appoggiare l’opera dei gonzi, si siano lasciati sgozzare; come finalmente tale matta impostura abbia avuto tanti sublimi difensori dal primo dei Santi Padri fino ai dì nostri»[2].
La fine dei Templi: quelli ebraici di Gerusalemme e Leontopoli, quelli pagani del Campidoglio
A coronamento pare impossibile non far menzione dell’avverarsi delle profezie dello stesso Gesù sulla distruzione di Gerusalemme, con un breve cenno anche alla curiosa vicenda del Tempio ebraico di Leontopoli e ai templi pagani del Campidoglio.
Cristo, dopo aver messo gli apostoli sull’avviso di non lasciarsi ingannare – «Guardate che nessuno vi inganni» – addita gli avvenimenti che precederanno la distruzione di Gerusalemme e la fine del mondo. Rispondendo poi alle domande circa il tempo della distruzione di Gerusalemme e circa quello della fine del mondo, distingue recisamente le due date, additando la prima come prossima ed imminente, l’altra invece come nascosta a tutti[3].
Anticipazione della fine della città fu la disintegrazione del Tempio avvenuta nell’anno 70. Si noti qui un aspetto importante: fino a quel momento i Giudei credenti in Cristo formavano in mezzo ai loro connazionali una particolare società. Nota il card. Hergenröther che non conveniva in nessun modo troncare così presto «le relazioni con la Sinagoga giudaica; il che avrebbe alienato gli altri Giudei dalla Chiesa». Ancora durava «il tempio santificato già dalla presenza del Salvatore». Da Dio non «era stato ancora interamente abolito il culto levitico, né pronunziata la riprovazione del popolo dell’antica alleanza. […] Nulla doveva farsi all’improvviso e con violenza: tutto anzi compiersi con maturità e preparazione. La nuova alleanza tanto più si riaffermava, quanto più si vedeva crollare l’antica: e a mano a mano che il culto levitico si estingueva, cresceva l’indipendenza della Chiesa di Cristo. Gli Apostoli, e così i primi cristiani non cessarono punto di essere pii e religiosi Giudei. Essi continuarono a recarsi al tempio nelle ore dei sacrifici e delle preghiere, a prender parte alle feste. […] Anche per ciò che spetta alla parte cerimoniale della legge mosaica i primi Giudei convertiti al Cristianesimo l’osservarono esattamente, e però, finché i disegni di Dio non si fossero più apertamente manifestati, rimasero Israeliti nel pieno senso della parola, differendone solo quanto alla fede nel Messia venuto»[4].
Ma il momento in cui si sarebbero compiute le profezie venne ancora una volta e il Tempio fu distrutto nel bel mezzo dello scontro tra romani ed ebrei. Pur con la prudenza dovuta quando si citano testi simili, è difficile non far menzione delle notizie di fatti prodigiosi riportate tradizionalmente nei testi di Tacito e Giuseppe Flavio proprio in relazione al periodo della caduta del Tempio, con segni celesti, fatti inspiegabili e voci misteriose, passando per molte altre manifestazioni.
Il Padre Tavazzi, mettendo insieme una parte dei fatti narrati su quel periodo, annota sulle parole riferite a Tacito: «Furono veduti in aria eserciti affrontarsi, risplendere armi e il tempio illuminato da una fiamma improvvisa uscita dalle nuvole, d’improvviso apertesi le porte del tempio, e sentitasi una voce maggior che d’uomo, che gli dèi si partivano; e in questo uno strepito grande d’essi che andavano via». Su Giuseppe Flavio poi aggiunge «e Tacito lo riporta parimenti, che la gran porta del tempio, che venti uomini non avrebbero potuto smoverla che a fatica, e che era fermata con chiavistelli e sbarre di ferro, s’aprì da sé stessa; che si vide nell’aria una spada tirata contro la città; che una cometa apparve nell’aria per lo spazio di un anno intero; e che prima il tramontar del sole si vedevano delle armate ordinate in battaglia e carri che circondavano il paese e investivano le città; fenomeni così strani, dice questo storico, che si riguarderebbero come favole se non vi avessero attualmente persone che ne furono testimoni. Tale è il dettaglio di quei segni spaventevoli e di quei prodigi celesti che nostro Signore avea predetti»[5].
Ma la questione, già interessante, non si limita a Gerusalemme, in quanto vi era un altro Tempio ebraico, decisamente meno noto del principale, ovvero quello di Leontopoli[6]. Il card. Hergenröther annota che Tolomeo Filopatore, nel 152 a. C., aveva consentito a Onia, «figlio del Sommo Sacerdote Onia III trucidato in Gerusalemme, di convertire un tempio pagano diroccato presso Leontopoli, in un tempio dedicato al suo Dio. Il che, quantunque cadesse nei giorni della profanazione del tempio, né si facesse con animo di fare scisma, spiacque nondimeno tantissimo ai Giudei di Palestina, siccome cosa contraria alla legge. Ma convenne rassegnarvisi, tanto più che l’impresa era giustificata dalla benedizione promessa già in Isaia (19, 21–25) alla terra d’Egitto: sicché il tempio di Leontopoli ebbe, fino all’età di Vespasiano, sacerdoti, leviti e ricche entrate. A mano a mano però che la lingua e la letteratura greca penetravano fra i Giudei di Egitto, più li allontanavano dall’antico loro spirito nazionale giudaico»[7].
Presso questo particolare Tempio ebraico–egiziano, in cui si facevano sacrifici[8], arrivò in ogni caso la sentenza che poneva fine al vecchio sacerdozio. Quando in Palestina, nell’anno 72, la guarnigione ebraica di Masada finì col darsi la morte solo una schiera «scampò in Egitto e qui prese a ordinare una nuova ribellione, la quale non ebbe altro effetto che la consegna di molti degli istigatori, fatta dagli Ebrei dell’Egitto ai magistrati romani, la strage degli altri, e l’ordine di Vespasiano di chiudere il tempio di Onia a Leontopoli. Così gli Ebrei ebbero perduto l’ultimo loro centro religioso»[9].
Cadde dunque il Tempio a Gerusalemme, cadde a Leontopoli e, quasi a segnare l’ora della Chiesa presso la quale non vi era più né giudeo né greco caddero pure – anzi addirittura prima – i Templi pagani del Campidoglio. Il 19 dicembre 69, «durante la guerra civile fra i partigiani di Vitellio e di Vespasiano, fu incendiato da mani romane il Campidoglio e ridotto in cenere insieme coi santuari più venerati di Giove, di Giunone e di Minerva; il che a Tacito sembrò l’avvenimento più ignominioso dopo la fondazione dell’eterna città, e un effetto della collera degli Dei per i suoi misfatti»[10]. Aggiunse il Card. Hergenröther: «A questo modo perirono nelle fiamme i santuari più celebri del Gentilesimo e del Giudaismo, quasi a indicare che ambedue avevano ormai da cedere il luogo ad una religione più pura»[11].
Parecchi anni dopo un nuovo fatto si sommò ai precedenti, quando nel 363 l’imperatore Giuliano l’Apostata «cercava tutte le occasioni e per avvilire i Cristiani, e per farsi gabbo dei miracoli e delle profezie del Salvatore». Provò dunque a fare innalzare nuovamente il Tempio di Gerusalemme.
Citando Ammiano Marcellino[12], «autore pagano contemporaneo, versato nello studio della filosofia, suddito fedele, e ragguardevole ufficiale dell’esercito», Padre Tavazzi riferisce la narrazione: «Desiderando [l’imperatore] di propagare la memoria del proprio impero con grandi edifici, meditava di rifabbricare con immenso dispendio il grandioso tempio di Gerusalemme […]. Mentre pertanto costui fortemente attendeva all’impresa, e la favoriva anche il governatore della provincia, spaventevoli globi di fiamme tratto tratto erompendo dalle fondamenta, fecero inaccessibile quel luogo agli operai, dei quali alcuni rimasero abbruciati: e così quell’impresa cessò, impedita ostinatamente dal fuoco»[13].
La Chiesa, nel frattempo – cresciuta oltre ogni speranza naturale e ottenuta la libertà sotto Costantino (313) – superava gli attacchi degli eretici, consegnava alla storia le follie di Giuliano e si incamminava tra nuove prove a regnare sulle genti.
[1] Cathrein, Fede e scienza, pag. 69-70. Citato in G. Ballerini, Breve Apologia del Cristianesimo, Edizioni Radio Spada, 2020, p. 259.
[2] Martinet, Solutions des grands probl., Citato in G. Ballerini, Breve Apologia del Cristianesimo, Edizioni Radio Spada, 2020, p. 339, n. 57.
[3] Ivi, p. 206.
[4] G. Hergenröther, Storia universale della Chiesa – La Chiesa nascente. Persecuzione e trionfo, Edizioni Radio Spada, 2020, p. 68-69.
[5] Padre G. B. Tavazzi, 80 miracoli che han fatto la storia – Segni indelebili della veracità della Chiesa in 20 secoli, Edizioni Radio Spada, 2020, p. 22-23. Cfr.: Tacito, Istoria romana, trad. dal Politi, lib. V, cap. XIII, pag. 495. – Dion. in Claudio sub fine – Ioseph,, de Bello judaico, lib. VI, cap. XXX.
[6] Ben precedente alla vicenda di Leontopoli è quella del “Tempio ebraico di Elefantina”: https://www.encyclopedia.com/places/africa/egyptian-political-geography/elephantine
[7] G. Hergenröther, Storia universale della Chiesa – La Chiesa nascente. Persecuzione e trionfo, Edizioni Radio Spada, 2020, p. 54; in nota: «Ioseph., Ant. XV, 3, 1; XII, 2, 4; 3, 1; XIII, 3,2. De bello Iud. II, 36; VII, 3, 3. Philo., In Flaccum p. 971, 973. La traduzione alessandrina della Bibbia era dai Giudei avuta in conto di sventura sì grande che paragonavano il giorno in cui essa comparve col giorno in che fu adorato il vitello d’oro. (Tract. Sopherim. 1. Meg. Taquith. fol. 50 c. 2)».
[8] Leontopolis, Jewish Encyclopedia: https://www.jewishencyclopedia.com/articles/14306-temple-of-onias
[9] G. Hergenröther, Storia universale della Chiesa – La Chiesa nascente. Persecuzione e trionfo, Edizioni Radio Spada, 2020, p. 86-87.
[10] Ivi, p. 87-88.
[11] Ivi, p. 88.
[12] Le Storie di Ammiano Marcellino tradotte da Francesco Ambrosoli, con note, volume II, libro XXIII, cap. I, pag. 59. Milano, per Antonio Fontana 1830. Anche per questo testo vale la prudenza di cui sopra. Va inoltre sottolineato che in tutto il presente intervento ci si vuole sottomettere, anche per tutti gli eventi miracolosi, al giudizio della Chiesa.
[13] Padre G. B. Tavazzi, 80 miracoli che han fatto la storia – Segni indelebili della veracità della Chiesa in 20 secoli, Edizioni Radio Spada, 2020, p. 52.
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Immagine in evidenza, modificata a solo scopo illustrativo: Zerstörung Jerusalems durch Titus, W. v. Kaulbach, Public domain, via Wikimedia Commons