Presentiamo ai lettori, diviso nelle sue varie parti, il testo dell’intervento video Gerusalemme vista dal Monte degli Ulivi. Uno sguardo sul grande ordine e sul grande disordine tenuto da A. Giacobazzi per il canale “Media” della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Troverete di seguito informazioni più ampie (con fonti, riferimenti e approfondimenti) che per brevità non potevano stare nei filmati. Nel complesso, per la realizzazione del lavoro sono stati utilizzati e citati diversi libri stampati dalle Edizioni Radio Spada, ne elenchiamo di seguito alcuni:
- Storia universale della Chiesa – La Chiesa nascente. Persecuzione e trionfo, Card. G. Hergenröther;
- Storia universale della Chiesa – Il pensiero di S. Agostino, la forza del Primato Romano, la nascita dell’Islam, Card. G. Hergenröther;
- Il Libro d’Oro di Maria Santissima, AA.VV.;
- 80 miracoli che han fatto la storia – Segni indelebili della veracità della Chiesa in 20 secoli, don G. B. Tavazzi;
- Breve Apologia del Cristianesimo – Contro gli increduli dei nostri giorni, Mons. G. Ballerini;
- Anche se non sembra – Discorsi su rapporti internazionali e teologia politica, A. Giacobazzi;
- Sed gladium. Dottrina e Sacra Scrittura contro l’ecumenismo, A. Giacobazzi, prefazione don M. Tranquillo.
Buona lettura!
III.
Come ricorda lo stesso Aquinate[1], fin dalle prime frasi della Bibbia si può intravedere il mistero trinitario. Risulta quindi difficile non spendere qualche parola in più sul meraviglioso cammino che nel testo sacro mira alla meta dell’incarnazione, predicazione, morte e resurrezione del Salvatore.
Molto si potrebbe scrivere su questo vastissimo tema: nel presente intervento ci si può però limitare solo a qualche esempio che valga per tutto il resto. Per pura agilità (sono argomenti apologetici che facilmente si trovano in diversi testi) farò ricorso alla Via della Fede mostrata agli ebrei di Giulio Morosini, «scrittore nella Lingua Ebraica presso la Biblioteca Vaticana e Lettore nel Collegio di Propaganda Fide», di cui si dovrà parlare anche in seguito.
Fin dalle primissime parole della Bibbia una decisa scintilla appare di fronte ai nostri occhi: Al principio creò Dio il cielo e la terra. Frase la cui traduzione più letterale, nota Mons. Martini, è Al principio gli dii creò, con Dio al plurale nel sostantivo e al singolare nel verbo. A diversi Padri, oltre ad alcuni antichi rabbini, questa formulazione parve argomento dell’unità di essenza e della pluralità delle persone[2]nella SS. Trinità[3]. Del resto i riferimenti trinitari dell’Antico Testamento – divenuti pienamente intelligibili solo col compimento dell’attesa messianica in Gesù, il promesso Redentore – sono numerosi e si affiancano alle figure di Cristo e alle profezie stesse, per definire un quadro che nel suo nitore lascia sorpresi.
Di questo uso particolare si possono proporre diversi altri esempi nella Scrittura[4] e, già in relazione a Genesi (1, 26–27), il passaggio sulla creazione dell’uomo dove a brevissima distanza si trovano le espressioni Dio disse: facciamo l’uomo (plurale) e Dio creò l’uomo (singolare)[5]. Si può citare la vicenda di Abramo, che alzando gli occhi, vide apparire tre uomini, cui corse incontrò e davanti ai quali si prostrò fino a terra[6]. Vi è ancora, questa volta nell’Esodo (3, 15), la triplice presentazione che Dio fece di sé stesso, come Dio d’Abramo, Dio d’Isacco e Dio di Giacobbe[7]. Si può ricordare la prassi di triplicare il nome di Dio in relazione alla sua Maestà: oltre a molteplici esempi[8], si pensi al canto del Santo, Santo, Santo (Kadosh, Kadosh, Kadosh), per cui i serafini significavano in questo modo la lode alla SS. Trinità[9]. Il Morosini aggiunge – oltre a molti altri esempi, composti in un quadro suggestivo – anche qualche elemento relativo al valore del numero ternario nei gesti liturgici e nelle consuetudini della tradizione ebraica[10].
Excursus. A lato di quanto detto sin qui si incontra un tema molto controverso ma che vale la pena di menzionare: quello della questione trinitaria nella Cabala. Toccherò il punto solo in maniera generale, dando conto di un’antica discussione – rinnovatasi indirettamente anche in tempi recenti[11] – più che per addentrarmi nei risvolti di un argomento che porterebbe molto lontano, in terreni probabilmente ombrosi. Nello svolgersi di questo plurisecolare dibattito, anche in casa cattolica non sono mancate divergenze significative su alcune distinzioni sulla definizione stessa di Cabala, così comesull’opportunità di ricorrere a questi argomenti[12]. Il carattere misterioso, esoterico, di quanto trattato[13] rende il discorso potenzialmente scivoloso ed è bene ribadire che eventuali verità che vi si possano rintracciare restano tali malgrado il contesto in cui sono inserite, e non grazie ad esso.
Facciamo però un passo indietro e torniamo a un personaggio di cui abbiamo già discusso: Giulio Morosini. Nato ebreo attorno al 1612 col nome di Samuel Nachmias, fu studioso della Cabala. Si convertì al Cattolicesimo e scrisse la poderosa e combattutissima Via della Fede mostrata agli ebrei, citata in precedenza: un volume di oltre 1500 pagine con ampi riferimenti in ebraico, avente lo scopo di dimostrare inequivocabilmente la necessità della conversione a Cristo. Il lavoro è minuziosissimo e, come visto, tocca i riti, la liturgia, le tradizioni e gli scritti di tutte le epoche dell’ebraismo, determinando dure critiche da parte dei suoi avversari. Ma cosa avrebbe portato il Morosini a diventare cattolico? La versione che riporta Padre Julio Meinvielle è questa: «Il rabbino Jehuda Arié, noto come Il Leone di Modena, in una delle sue opere intitolata Il leone ruggente, scrive: “E dubito che Dio perdonerà mai coloro che hanno fatto stampare libri del genere… Difatti alcuni israeliti, distinti tanto per la loro scienza quanto per posizione sociale, sono stati portati ad abbracciare la fede cattolica a causa della sola lettura di questi libri della Cabala”. […] Uno di questi convertiti è proprio un discepolo del Leone, tale Samuel ben Nahhmias, veneziano, che ricevette il battesimo il 22 novembre 1649 […] col nome di Giulio Morosini»[14].
Nella Via della Fede mostrata agli ebrei in effetti ci si sofferma con attenzione sul controverso tema cabalistico delle tre luci eccelse, che «non hanno principio perché sono nome, sostanza e principio di tutte le radici»[15], scrivendo: «gli antichi Rabbini Cabalisti, […] chiamano la prima Sefirà, cioè Numeratione, o intelligenza (che noi Cristiani diciamo la Prima Persona cioè Padre) col nome di Chèter, Corona; […] la seconda Sefirà, che noi diciamo Figlio, Chochmà, Sapienza, val tanto quanto Verbum in latino e Parola in italiano; [… infine] la terza Sefirà [è] detta dai Rabbini Binà, Intelligenza, e dai nostri Dottori Spirito Santo»[16].
Per citare nuovamente il testo di Padre Meinvielle, la rivelazione originariamente data da Dio «contiene l’interpretazione divina dei più alti misteri affidati da Dio all’umanità. Nelle tre prime Sephirot ci si riferisce all’augusto mistero dell’Unità e Trinità di Dio […]. Ma, per il peccato, questa Cabala divina, nel trascorrere dei secoli, è andata pervertendosi nella misura in cui il popolo israelita, prescelto da Dio, cadde, per la colpa dei suoi capi, in una degradazione abbietta»[17]. Il Meinvielle mutua la conclusione da Mons. Meurin SJ, Arcivescovo di Port–Louis, il quale identifica nella concezione cabalistica la decadenza dell’originale rivelazione della SS. Trinità[18] per come l’abbiamo già presentata in precedenza. Si noti tra l’altro che Gershom Sholem, partendo da una prospettiva contraria rispetto a quella appena descritta, nel suo Le origini della Kabbalà, diede in ogni caso conto del dibattito sorto sulla triade e sulle implicazioni relative alla questione della sua origine, chiarendo che «i kabbalisti non ignoravano la possibilità di una connessione tra questa idea e la Trinità cristiana»[19] e citando esempi di polemica e dissenso.
[1] S. Th., IIa-IIae q. 2 a. 8 s. c.: «Nell’antico Testamento la trinità delle Persone viene espressa in molte maniere».
[2] La Sacra Bibbia (trad. e annot. da Mons. A. Martini), Passigli e soci, Firenze, 1833, Vol. I, p. 3.
[3] G. Morosini, Via della Fede mostrata agli ebrei, Stamperia di Propaganda Fide, 1683, p. 1233. Il Morosini insiste sul fatto che la memoria della SS. Trinità è disseminata a tal punto nel testo sacro che, parlando ai suoi ex correligionari, dice di volersi avvalere dell’autorità dei vostri rabbini antichi e cabalisti che sono in tanto credito presso di voi. Riprese tra l’altro la questione del primo capitolo di Genesi – Dii creò – e aggiunse, oltre a quanto già detto, un riferimento al significato proprio della parola barà (creò), attraverso le sue singole lettere riconducendole al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
[4] Ivi, p. 1245-1246.
[5] Ivi, p. 1240. Et: S. Th., IIª-IIae q. 2 a. 8 s. c.
[6] Ivi, p. 1241. Qui il Morosini, come in diversi altri passaggi del testo, riporta il dibattito rabbinico sul tema e le relative obiezioni, presentando a sua volta energiche contro-obiezioni.
[7] Ivi, p. 1244.
[8] Ivi, p. 1246.
[9] Ivi, p. 1247.
[10] Ivi, p.1256-1257.
[11] Nel settembre 2020 la rivista Sodalitium ha ritrattato un suo vecchio testo, di circa 30 anni precedente, in cui si affrontavano anche le posizioni dell’ex rabbino David Paul Drach – convertito al Cattolicesimo, in seguito Bibliotecario di Propaganda Fide – e dell’adesione del Padre Meinvielle alle sue tesi (che citeremo in seguito). La dissociazione della rivista dalla linea tenuta da questi autori in materia cabalistica ha determinato due articolate repliche vergate da Andrea Carancini e don Curzio Nitoglia, entrambi menzionati nella ritrattazione suddetta.
Qui Sodalitium:
https://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/70-71.pdf?;
qui don Curzio Nitoglia:
qui Andrea Carancini:
[12] La Civiltà Cattolica, Come dalla concorde testimonianza dei contemporanei si dimostri la novità tra i Latini della Cabala scoperta da Pico della Mirandola, Anno Trigesimoquarto, Vol. II, Serie XII, quaderno 789, p. 365: «Recentemente il Card. Franzelin, dopo meritamente lodato (a pagina 303 – nota – della 2° edizione del suo Tractatus de Deo Trino) il Drach come “insigne per fede cattolica, pietà ed erudizione specialmente nelle cose rabbiniche il quale con altri trovò nella Cabala molti misteri cristiani e nominatamente quello della SS. Trinità” osserva insieme che quella dottrina “pare ad altri molto affine a quella di Filone, dei Neoplatonici e dei Gnostici”. Donde, a vero dire, procedette quella che i Rabbini della dispersione chiamarono poi tra sé Cabala con nome arcano e segreto a tutto il resto del mondo fino ai tempi di Pico della Mirandola. E conchiude a pagina 304 che: “non mi maraviglio che i pseudomistici ed ora i Panteisti si servano di queste cose (cabalistiche) ai loro usi. Ma è molto da stupire che alcuni cattolici (come da Pico al Drach fecero parecchi) abbiano voluto trovare la SS. Trinità dei Sefirot”. Cioè nella Cabala, evidentemente posteriore a Gesù Cristo e, checché ne dicano i sopra mentovati, nuova non solo nella parola ma nella cosa secondo che loro l’intendono di tradizione orale e segreta ossia scienza occulta ed arcana. Giacché quanto alla conoscenza speciale di alcuni antichi (tanto ebrei quanto gentili, giacché gentile, per esempio, e non ebreo era il Santo Giobbe) lo stesso Cardinale Franzelin a pag. 271 del suo Trattato De Divina traditione (Thesis XXVI) dice che: “Quanto alle cose stesse sostanziali, come il Mistero della SS. Trinità, l’Incarnazione del Verbo e la Divinità del Messia, benché conosciute esplicitamente dagli uomini specialmente da Dio illustrati, non sempre però si contenevano nella rivelazione pubblica e comune così chiaramente che nel Vecchio Testamento tutti fossero tenuti di crederle, o non fosse poi bisogno d’una loro chiara rivelazione nel Nuovo”. Cosicché, ammettendo tutti che vi era nel Vecchio Testamento qualche verità non a tutti nota, tutti però i più savi negano ancora che di tale notizia vi fosse come una scuola segreta e tradizionale (che è quella che i Cabalisti e i loro fautori chiamano Cabala buona) diversa da quella speciale notizia ed illustrazione più o meno chiara che Dio concedeva ad alcuni più o meno direttamente: secondo che anche ora accade ai pii ed ai Santi. I quali, se avessero fondamento i sogni dei Cabalisti e dei loro fautori anche pii e dotti, si dovrebbero ora anche loro chiamare Cabalisti, e la loro scienza mistica Cabala buona. Il che essendo assurdo, resta che assurda sia parimente la loro idea sopra l’essere anticamente esistita una dottrina cabalistica diversa dalla rabbinica posteriore a Gesù Cristo».
[13] PP. Giraud e Ricard, Biblioteca sacra ovvero Dizionario universale delle scienze ecclesiastiche, Tomo IV, Editore Ranieri Fanfani, 1832, p. 245: «CABALA o CABBALA: è questa una parola ebraica […] che significa tradizione, e proviene dal verbo kibbel, che significa ricevere per tradizione, ricevere da padre in figlio e di età in età. Quindi cabala si prende: 1. per una opinione, una spiegazione della Scrittura, un uso trasmesso da padre in figlio. E propriamente la legge orale, o l’intelligenza e la spiegazione della legge di Dio, che non si scriveva, ma che s’imprimeva nella memoria, e che i padri insegnavano a loro figli di età in età. 2. La parola di cabala si prende ordinariamente per l’arte di interpretare la Scrittura in una maniera astrusa e misteriosa, dando ad una parola od anche a ciascheduna delle lettere che la compongono un singolare significato; onde, per le differenti combinazioni di queste lettere e di queste parole, si traggono dalla Scrittura parecchie spiegazioni molto differenti da quello che significano naturalmente. Questa cabala, che dicesi cabala artificiale, per distinguerla dalla prima, che non è altro che una semplice tradizione, […] 3. Cabala dicesi pure dai cristiani all’abuso che i magi fanno dei passi della Scrittura, nomi, numeri, lettere, figure magiche, e generalmente per tutto ciò di cui servonsi nelle loro operazioni. 4. Cabala dicesi pure alla setta degli Ebrei che praticano l’arte della Cabala. 5. Cabala, significa eziandio in alcuni autori la conoscenza delle cose che sono al disopra dei corpi celesti e delle loro influenze. V. Maimonide, nella sua prefazione sulla Mischna. […] // CABALISTI […] Secondo loro non v’ha una lettera, neppure un accento nella legge che non sia ripieno di misteri, rivelati per la maggior parte ai patriarchi dai loro angeli. Adamo ebbe per maestro l’angelo Raziele, che gli insegnò la cabala».
[14] J. Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Edizione integrata a cura di don Ennio Innocenti, Roma 1995, p. 33. Che il Morosini sia stato discepolo di Leone di Modena risulta anche da altre fonti: The Jews of Early Modern Venice, a cura di Robert C. Davis, Benjamin Ravid, JHU Press, 2001, p. 291.
[15] G. Morosini, Via della Fede mostrata agli ebrei, Stamperia di Propaganda Fide, 1683, p. 1263.
[16] Ivi, p. 1266-1267.
[17] J. Meinvielle, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Edizione integrata a cura di don Ennio Innocenti, Roma 1995, p. 58.
[18] J. Meinvielle cita principalmente l’opera Filosofia della Massoneria. In Mons. L. Meurin SJ, La Franc-Maçonnerie, Synagogue de Satan, Retaux, Paris, 1893, p. 56, del resto, si può leggere: «Il y aurait tout un livre à écrire sur la Sagesse, le Verbe, le Logos, qui se transforme en la déesse Pallas Athènè ou Minerve, et en d’autres figures semblables de l’Olympe des anciens peuples. Les Juifs de la Kabbale n’ont pas inventé l’idée sur laquelle cette grande figure est basée; ils ont suivi la divine révélation et la croyance générale de l’antiquité, selon lesquelles la Sagesse personnelle est une émanation directe et immédiate du premier principe divin. Nous croyons donc être dans le vrai en reconnaissant dans les trois Séphiroth: l’Intelligence, la Sagesse et la Gráce, un souvenir, quoique corrompu, des trois divines personnes connues dans l’Ancien Testament sous les noms de Jéhovah, Sagesse et Esprit-Saint ou Feu».
[19] G. Sholem, Le origini della Kabbalà, EDB, 2013, p. 438.
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Immagine in evidenza: Niki.L, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
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